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Centri storici: maneggiare con cura

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

27
OTT
2016
I centri storici possono (ri)nascere solo se produttivi, tramite gli immobili o le attività, ma dietro ci dev’essere un’attenta cabina di regia. Ecco un vademecum di marketing territoriale, tra buon senso e lungimiranza
 
 
Il nostro territorio nazionale è costellato di bellezze naturali e opere dell’uomo uniche al mondo. Proprio per la vastità di questo inestimabile patrimonio, la conservazione, la tutela e l’uso corretto, sono estremamente complessi oltre a essere notevolmente onerosi.
Fra i tesori nazionali ci sono i centri storici o città vecchie, quale caratteristica di moltissime comunità italiane. Testimonianza della storia, sono, spesso stati abbandonati, dalla seconda metà del ventesimo secolo, a favore di condizioni abitative o lavorative più pratiche e consone al progresso crescente.
Oggi si presentano come perle di un lungo filo spezzato e mai riparato, dove alcune sono ormai perse e altre giacciono senza il calore umano che ne conservi la bellezza.
Solo negli ultimi anni è nata una sensibilità sociale verso i centri storici che, però, si scontra con oggettive difficoltà. Una riflessione scaturisce dalle molteplici proposte per l’uso e la tutela delle città vecchie: non possono essere solo musei diffusi ma hanno bisogno di vita. Una vita parallela a quella vissuta nelle città moderne, dove le abitazioni siano occupate e le strade siano ferventi di piccole attività commerciali e artigianali. Il turismo, essenziale e insostituibile, deve essere considerato un sistema pubblicitario, un produttore di reddito, un mezzo di diffusione delle culture. In Italia e in Europa ci sono diversi modelli già attivi in questo senso ma, a volte, non sembrano perfettamente calibrati alle realtà locali, generando eccessi o carenze, che possono rivelarsi dannosi in termini di tutela del patrimonio e di costanza economica.
Quali potrebbero essere le reali soluzioni per il recupero prima e il successivo uso corretto dei centri storici?
Certamente la pianificazione. Quanto più precisa e calzante con la realtà. Piani di Recupero, Piani del Commercio, Piani del Turismo, Piani dell’Artigianato e delle Attività Produttive, Piani delle Energie, Piani delle Calamità, Piani degli Impianti, Piani delle Attività Ricettive e di Ristoro, Piani del Marketing, Piani della Cultura e degli Eventi. Singoli o contenuti in un unico documento programmatico. Questi utili strumenti, però, non devono essere prodotti come un aggregato di norme e limitazioni, tali da rendere improbabili e impraticabili le iniziative, ma quali utili manuali d’uso da ampliare in funzione delle esigenze e delle esperienze vissute in loco.
E’ evidente che tutto questo è strettamente relazionato a una favorevole contingenza economica. E’ impensabile intraprendere azioni così incisive senza una cospicua copertura finanziaria da ricercare nelle fonti di finanziamento pubblico e privato. E’ imprescindibile una forte volontà comune al cambiamento, che veda il coinvolgimento della buona politica e dell’impegno diretto dei cittadini, sinergicamente proiettati al progetto comune di ripresa, riscoperta e rinascita.
I territori da rivitalizzare devono imparare a valorizzare i propri caratteri intrinseci ridandone il giusto valore ed evitando di ricorrere a false copie di esotici ed estranei modi di vivere. Chi, ad esempio, visita il Trentino vuole conoscere le tradizioni, i costumi, i prodotti tipici, la cucina, il territorio di questa regione, così come per la Puglia o per il Veneto. Lo stesso vale per i centri storici. Questa corretta politica di marketing territoriale oltre a restituire immediate risultanze turistiche, offre diversi vantaggi: si opera in settori ampiamente conosciuti, tradizionali e consolidati offrendo tipicità di livello qualitativo elevato; la possibilità di approvvigionarsi di prodotti locali a km 0, oltre a fortificare l’economia locale e l’adozione di materie tipiche, offre la notevole riduzione dei costi di movimentazione e di acquisto.
La rinascita delle piccole attività artigiane come, ad esempio, le botteghe del ferro battuto, dell’ebanisteria, della falegnameria, della pelle, dei finimenti e della selleria, della liuteria, delle ceramiche, del ricamo e dei pizzi e merletti, dell’abbigliamento e della sartoria, del souvenir specifico, insieme alla creazione di corsi per l’apprendimento dell’antico artigianato locale, diffusi anche con seminari webinar, affiancati alla  musealizzazione diffusa delle botteghe a fini turistici, sono un’ottima opportunità di rilancio dei centri storici.
Le attività di ristoro e accoglienza devono essere quanto più calzanti con le realtà in cui sono insediate. Il turista, anche occasionale, deve essere accolto in un ambito cordiale e accogliente, preferendo, quindi, i B&B e la gestione familiare, affiancati o convenzionati con attività di ristoro. In tal senso sarebbe utile incentivare gli alberghi diffusi e i piccoli alberghi rispetto a quelli medi e grandi, già ampiamente presenti nei territori extraurbani.
I centri storici possono diventare percorsi del benessere per i turisti e nuove opportunità di lavoro per gli abitanti, riattivando, nello stesso tempo, la loro vita e rendendo continuativa la conservazione.
Tutto questo comporta, necessariamente, un’attenta cabina di regia. Sarebbe opportuno creare degli uffici ad acta, gestiti da specifiche competenze e dotati di parziale autonomia, anche se diretti da governance territoriali. Al fine di evitare errori che, in contesti così fragili, potrebbero essere irreversibili, gli operatori di tutti i settori dovrebbero essere formati specificamente. 
Una soluzione favorevole alla rinascita dei centri storici potrebbe essere la costituzione di consorzi con un marchio comune per tutti i settori. Questo garantirebbe qualità, controllo ed eccellenza. Inoltre, la promozione di un solo marchio affiancato a quello dei singoli operatori, consentirebbe pubblicità e marketing più ampi e di alto livello qualitativo, abbattendone i costi.
Interventi così radicali, positivamente incidenti sul recupero del territorio e sull’economia locale, hanno bisogno di manovre di defiscalizzazione. Chi dovesse approcciarsi a qualsiasi impresa nell’ambito dei centri storici deve poter fruire di agevolazioni fiscali sia sugli immobili, sia sulla produzione del reddito. Diversamente sarebbe uno sforzo inutile e senza possibilità di successo. I centri storici possono rinascere solo se produttivi, tramite gli immobili o le attività, e l’unica forma di fiscalità possibile è quella finalizzata alla loro conservazione, gestione e crescita economica.
 


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