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IMPREVEDIBILE?

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

12
APR
2017

Si può prevedere il comportamento umano? Una questione controversa che merita alcune precisazioni. Dalla statistica ai massimi sistemi.

La vulgata vuole che non vi sia nulla di più imprevedibile del comportamento umano. Infatti, anch’esso, al pari di tutti gli altri discorsi caratterizzati da un alto grado di complessità, si presta a scenari potenzialmente illimitati. Però, bisogna pur ricordare che nella pratica di tutti i giorni esso finisce col presentare delle costanti: ognuno di noi ha le proprie abitudini, ognuno di noi tende a rispondere a determinati stimoli in una data maniera ben specifica. C’è, quindi, chi, di fronte a quella determinata situazione reagisce solitamente in un dato modo; c’è anche chi, di fronte alla stessa situazione, è solito, invece, mettere in atto altri comportamenti. Il costrutto psicologico che denominiamo ‘personalità’ nasce proprio da questa semplice osservazione.
D’altronde, a prescindere dal discorso della personalità, si è appurato, nel corso di svariati studi finora condotti, che certi comportamenti in dati contesti risultano altamente correlati ad altri determinati comportamenti che ad essi solitamente seguono. Questo principio, giusto per riportare un esempio clarificatore, è alla base di alcuni programmi informatici utilizzati nel settore della sicurezza: quando il sistema rileva un comportamento che si è dimostrato risultare altamente correlato con un altro comportamento a rischio, scatta l’allarme. Il medesimo principio vale anche per alcune applicazioni impiegate nella compravendita di titoli borsistici: in presenza di determinati eventi statisticamente predittivi di certe particolari conseguenze, il sistema prende delle decisioni atte appunto ad evitare le negatività prevedibili e ad ottimizzare i profitti. Ovviamente nessuna certezza, solo probabilità, ed è proprio la scienza statistica che ci permette di calcolarle. Quanto più sofisticato tale calcolo e maggiori gli elementi presi in considerazione, tanto più alta l’accuratezza delle previsioni derivabili.
In fondo, questi sistemi previsionali, oggigiorno informatizzati, per certi versi emulano quella che noi comunemente chiamiamo ‘esperienza’: anche l’uomo della strada, come fosse uno scienziato in miniatura, raccoglie delle evidenze e dalla loro analisi trae delle conclusioni. Molte magari giuste, altre limitate dalla presenza di un eventuale pregiudizio, dalla possibilissima limitatezza della casistica raccolta, dalla naturale incapacità nell’analizzare grandi quantità di dati e nel rilevare in essi dei rapporti non sempre subito evidenti. Ed è appunto in questi dettagli che risiede la differenza tra conoscenza scientifica e senso comune.
Naturalmente, tali modelli statistici, per quanto affidabili nel descrivere o nel prevedere taluni aspetti del comportamento umano, ci dicono molto poco sulle dinamiche psicologiche e neurali ad esso sottese, la cui comprensione viene affidata ad altri metodi di indagine.
Ma, a prescindere da ciò, vi ricordo che tali strumenti predittivi del comportamento umano risultano, per grandi linee, paragonabili a quelli utilizzati per altri sistemi complessi: mi riferisco, ad esempio, alle previsioni meteo, le cui capacità e i cui limiti sono a tutti noi ben noti. Possiamo descrivere il clima di un dato luogo; grosso modo l’avvicendamento delle stagioni; possiamo anche prevedere, con una buona accuratezza, il tempo che farà domani; e, con sempre meno accuratezza, quello di dopodomani e del giorno ancora successivo. Ma il buon meteorologo sa che il limite delle sue previsioni coincide con il quindicesimo giorno: al di là di quella data ogni evento risulta equiprobabile: potrebbe nevicare, ma potrebbe anche arrivare l’estate!
È davvero curioso il nesso sottile che lega i misteri insoluti dell’animo umano con quello che (erroneamente) riteniamo essere il più banale degli argomenti: il tempo! A buon intenditor poche parole.

 



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