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Il popolo del fare

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

29
GIU
2017

Non hanno cariche pubbliche perchè troppo impegnati a portare avanti il Paese. Donne e uomini quasi invisibili capaci, anche, di dedicarsi a chi ha più bisogno d’aiuto. In silenzio, senza clamore

Donne e uomini proiettati sul futuro della famiglia, del mondo del lavoro, della cultura. Dotati di principi sani e carici di fiducia, che non si fermano ai primi ostacoli ma lottano per sostenere il peso, quasi insormontabile, della vita.
Sono tanti, ci sono sempre stati e ci saranno sempre. Sono il motore del Paese e, nonostante le avversità, riescono a muovere l’economia della nazione nella giusta direzione. Sono i figli della società che ha ricostruito l’Italia del dopoguerra. Potrebbero avere preferenze politiche anche differenti ma il loro rispetto per il prossimo e il loro vissuto fa si che convivano pacificamente. Non litigano ma discutono e riescono a trovare soluzioni razionali e funzionali. Sono la parte sana dell’Italia e se questa nazione non è ancora sprofondata sotto il peso dei fallimenti, lo deve a loro. Ognuno lavora per sè, la famiglia, la comunità ma, realmente, lo fa anche per sostenere i propri connazionali che hanno scelto la strada più breve per ottenere i risultati e, come zavorre, si lasciano trascinare, vivendo sugli sforzi altrui.
Il “popolo del fare” sempre presente nella necessità, che produce nei campi, nelle fabbriche, nei cantieri, nelle scuole, negli ospedali, negli studi professionali e in qualsiasi ambito lavorativo. Donne e uomini quasi invisibili capaci, anche, di dedicarsi a chi ha più bisogno d’aiuto. In silenzio, senza clamore. Nonostante le loro qualità, difficilmente rivestono cariche pubbliche o rappresentano il Paese perché sono troppo impegnati a portarlo avanti. Non sono una rarità ma, al contrario, la maggioranza della popolazione che, nonostante l’etica, il rispetto, l’educazione che li contraddistingue, subisce la volontà di quella minoranza che la soverchia e ne rende difficile il percorso. Politici senza scrupoli, imprenditori d’assalto, sfruttatori, faccendieri, malavitosi che, di fatto, anche essendo in minoranza, costituiscono il “sistema” che impone regole e soprusi. E tutto questo accade in un territorio di una bellezza straordinaria che potrebbe produrre reddito per il solo fatto di esistere.
Appare un paradosso che tanti cittadini, sani e fattivi, siano soggetti a pochi, capaci solo d’imporre la loro volontà condizionando, di fatto, l’intera comunità. Per capirne le ragioni è necessario tornare indietro nel tempo quando questa era una forma di governo e, nonostante il 2 giugno 1946 il popolo abbia scelto la Repubblica alla Monarchia, l’Italia ha trascinato nel tempo la sottomissione, ormai insita da secoli.
Come tutto, anche il controllo delle masse ha seguito lo sviluppo, tanto che è proposto persino come una forma di democrazia. I principi della Costituzione Italiana hanno stabilito regole precise di governo per condurre la nazione alla rinascita e all’uguaglianza sociale ma, senza alcun senso di equità, le classi politiche succedutesi in seguito, sono riuscite a stravolgerne il significato o ignorarne parti fondamentali.
Dopo pochi decenni, i confini politici sono divenuti una massa indistinta, non per il raggiungimento di una pacifica intesa di tutte le parti, ma a seguito della divulgazione che non esistano più le ideologie e non ci siano più la Sinistra, il Centro e la Destra.
Questo accade nella nazione dove un politico è eletto in uno schieramento e, durante il suo percorso, può tranquillamente cambiarlo, per convenienza personale e del proprio seguito, disattendendo la volontà dell’elettorato. Dove un programma elettorale può essere stravolto e modificato secondo le proprie necessità e dove i candidati non sono rappresentanti del popolo ma sono indicati da partiti interamente sorretti economicamente da contributi statali. È evidente come agli elettori siano imposti candidati frutto di accordi al vertice e sempre più lontani dalle reali necessità del popolo.
In concreto Sinistra, Centro e Destra continuano a esistere ma con la formula flessibile del Centrodestra e Centrosinistra, i cui confini sono indistinguibili, tanto da permettere al mondo politico di spostarvici secondo le necessità del momento. Il Centro è divenuto la “zona franca” che, in nome dei valori cattolici, permette lo sdoganamento delle nuove composizioni politiche. Questa formula di comodo impone all’elettorato scelte obbligate verso il “meno peggio” o l’astensionismo. Evidentemente questa condizione anomala, frutto dell’assenza di una concreta legge elettorale, genera governi, nazionali e periferici, privi di precisi indirizzi, instabili e perennemente ostaggio di qualche componente. Le maggioranze sono il frutto di accordi fra schieramenti assolutamente incompatibili che fingono l’intesa.
Eppure, nel mondo politico esistono figure che, come nella società civile, sono pregne di principi sani vocati alla tutela del bene comune e all’uguaglianza sociale che prediligono dialogo e confronto all’imposizione. Per loro lo spazio è ristretto e la loro voce è soffocata perché scomoda e troppo vicina alla coscienza.
Questa condizione si riflette sull’elettorato che non è realmente rappresentato e subisce la scelta di coalizioni improvvisate che propinano provvedimenti legislativi perennemente inadeguati.
Un recente esempio della precarietà politica è rappresentato dalle ultime elezioni amministrative tenutesi in diversi comuni italiani: le maggioranze di governo sono il frutto delle più disparate aggregazioni politiche che hanno generato scontri fra il Centro e il Centrodestra. La Sinistra, già notevolmente logorata dal Centrosinistra è stata obbligata a due scelte: o competere autonomamente con la certezza dell’insuccesso oppure, pur di rispettare la rappresentanza dei propri sostenitori, si è alleata con il Centro-Centrosinistra alla ricerca di un proprio spazio. Nella sostanza tutti sono vincitori del nulla.
L’effetto di questa astratta forma di politica ha generato incertezza e divisione nell’elettorato che, senza un preciso riferimento, ha contrapposto tutti a tutti. Chi era sino a ieri cosostenitore di uno schieramento politico, nell’immediato futuro può divenire avversario.
Quello cui assistiamo è, probabilmente, il peggiore degli episodi della Repubblica Italiana essendo l’apice dell’involuzione sociale. Nell’incertezza, i due grandi fronti di centrosinistra e centrodestra rincorrono il sogno di occupare il posto lasciato dalla Democrazia Cristiana che, come un evergreen, torna sempre utile nei momenti di crisi e, soprattutto, quando c’è maggiore necessità di conquistare il controllo del popolo italiano.
L’inaffidabilità dei recenti risultati elettorali rende, perfino, imprevedibile gli esiti delle prossime elezioni politiche perché tutto è possibile e nulla è certo.
L’unica forma di difesa da questo sistema è restare indifferenti alle promesse profuse dal mondo politico che, in questo momento, è incapace e impossibilitato a rispettare qualsiasi impegno.
Solo così si può raggiungere la maggiore stabilità divenendo sempre più autonomi: appartenere al “popolo del fare”, unica e vera risorsa del Paese.



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