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OMAR E MATTEO/Il dramma degli immigrati fuori controllo

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

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LUG
2017

La vicenda del 22enne sudanese, ormai noto a Bari per il suo «vizio» di spogliarsi completamente nudo. Lo ha fatto in pieno centro e qualche giorno prima lo aveva fatto sulla spiaggia alla presenza di decine di bagnanti. Un caso umano, una persona che evidentemente ha bisogno di cure, che però è lasciato a se stesso. E non è il solo

Non è facile parlare di certi argomenti, senza correre il rischio di passare per populisti, ignoranti, razzisti e quant’altro si pone oltre l’asticella del politically correct. Ma qual è il filo che lega Omar a Matteo (nome di fantasia)?
Omar è un sudanese di ventidue anni, che arrivò in Sicilia a bordo di un gommone e andò a vivere in Germania. Per un cavillo burocratico, poi, è stato rimandato in Italia, a Bari, e attualmente è bloccato sempre nella città capoluogo pugliese. Omar è molto conosciuto, sia alle forze dell’ordine che agli operatori della giustizia italiana, per il suo «vizietto» di denudarsi e camminare senza abiti per strada, proprio come mamma l’ha fatto, con i “gioielli di famiglia” al vento. Lo aveva fatto già tempo fa in corso Vittorio Emanuele davanti a un gruppo di bambini, poi ancora l’ha rifatto qualche giorno fa sulla spiaggia di Pane e Pomodoro alla presenza di decine di bagnanti. Ha tentato di denudarsi persino in aula, alla presenza del giudice e della polizia penitenziaria, nonostante le manette ben salde al polso. Già. Oltre a non provare alcun imbarazzo a spogliarsi nudo e gironzolare per strade affollate, Omar è anche conosciuto per le tentate aggressioni e i suoi atti di ribellione: «Sono nudo - dice - così come vedete, perché non ho nulla», sebbene il suo avvocato abbia chiesto per lui perizia psichiatrica.
Poi c’è Matteo. Matteo è il protagonista di un video virale che - tra le varie condivisioni - viaggiava alla velocità della luce proprio sui social network per via di un utente che, passeggiando in moto per le vie della Salinella in Taranto, lo ha beccato e ripreso mentre era intento a correre totalmente nudo per strada onde “rifugiarsi” in un residence della zona. Così, tra un gruppo facebook e l’altro, in pochi istanti il passaparola si è diffuso e la “vergogna” ha fatto il giro del web. Matteo correva sotto il sole cocente: era sicuramente impaurito. Tant’è che è stato rinvenuto dagli abitanti del residence disidratato e affamato, e non si sa se è stato vittima di uno scherzo di pessimo gusto o anch’egli, come il nostro Omar, era in preda a deliri maniacali.
Il filo che sicuramente unisce i protagonisti di queste due storie, quindi, è ovviamente il dramma. E ancora la povertà, la miseria, il terrore, la disgrazia.
Tuttavia, ciò che è successo a Bari prima, a Taranto poi, solo non è che la punta dell’iceberg di un fenomeno politico dalle dimensioni macroscopiche, ormai incontrollabile (e incontrollato) dalle istituzioni italiane e sovranazionali. Che il fenomeno dell’immigrazione sia ormai sfuggito di mano è un fatto ovvio, sotto gli occhi di tutti. Lo ha confessato Emma Bonino in una recente iniziativa nazionale dei Radicali a Roma, lo tuona con forza ogni giorno quasi come un leitmotiv quel cattivone di Matteo Salvini, lo ribadisce anche Silvio Berlusconi quando rivendica i risultati dei suoi governi in tema di riduzione degli sbarchi, e - seppur velatamente - sta cominciando a ravvedersi persino lo stesso segretario del Pd Matteo Renzi quando dal suo blog dice “aiutiamoli, ma a casa loro”.
Legittimamente ognuno può avere una propria opinione sul tema dell’immigrazione, e legittimamente la retorica può dividersi in “buonisti” dell’accoglienza in nome della fratellanza universale o in “demagoghi” degli interessi del popolo e della difesa dei confini territoriali senza se e senza ma. In europeisti e antieuropeisti. Quello che sussiste, invece, è un problema. Complesso e innegabile. Che nel locale si riversa sulle piccole storie del quotidiano e continua a diffondere specie nel sud Italia - come dimostrano le storie citate di Omar e Matteo - degrado sociale, paura e cultura del sospetto. E di questo, in nome del pensiero unico dominante, non si può nemmeno fare sempre finta di niente.



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