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Aspetta che piova

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

3
AGO
2017

Una città allo sbando amministrativo, dove il populismo più becero attecchisce più facilmente nonostante coraggiosi tentativi di rinascita. A Taranto non rimane che la speranza, la bellezza e la buona volontà

Nel capoluogo jonico siamo ormai entrati nel secondo mese dalla elezione a sindaco di Rinaldo Melucci, esponente Pd dell’area del Governatore di Puglia, Michele Emiliano, e diversi tasselli devono essere ancora collocati al punto giusto.
Nella puntata di questa settimana non parleremo però di politica locale ma del rapporto che i tarantini vivono con due realtà che sono sotto gli occhi di tutti: da un lato i gravi problemi sociali e di qualità della vita cittadina e dall’altro il rapporto non ancora “consolidato e sentito” con gli immigrati di pelle scura che ormai abitano e vivono la nostra città.
Se chiedessimo oggi a cento tarantini quale è il problema sociale più urgente e importante per il capoluogo ionico, avremmo cento risposte, l’una diversa dall’altra. Tutto ciò fa capire chiaramente che vivibilità a Taranto non è soltanto il sinonimo di lotta all’inquinamento, di avere strade pulite, di vedere i vigili circolare a piedi nei quartieri, di non ritrovarsi tra i piedi gli abusivi del commercio e quelli del parcheggio. No, ci sono motivi vari tra loro che finiscono per condurre ogni cosa ad un accettabile livello della qualità della vita.
Non c’è settore del sociale che in questo caso non sia in sofferenza. Ed è per questo motivo che ci ha lasciati alquanto perplessi la notizia da Palazzo di Città secondo la quale uno dei primi atti sarebbe quello di dotare la città, e più esattamente cinque quartieri, di punti di ascolto e di informazione per consentire al cittadino di essere informato sulla attività amministrativa e per velocizzare la richiesta di certificazioni varie che avverrebbe on line.
Non si considera che, soprattutto gli anziani, non fruiscono di personal computer per poter accedere a tali servizi ma soprattutto siamo dubbiosi sul fatto che questa sia la prima emergenza da affrontare.
Stiamo vivendo una stagione particolarmente torrida con tutti i problemi ad essa connessi.  Adesso si è messa anche in campo la crisi di approviggionamento idrico reso particolarmente grave dal fatto che da mesi sul capoluogo ionico non piove come soprattutto ci si attenderebbe.
Ma, almeno questa settimana, fermiamo l’attenzione sugli anziani. Sono diventati i soggetti di cui tutti si riempiono la bocca, un po’ come quando si dice che i giovani sono il nostro futuro e poi si fanno leggi che allungano l’età pensionabile lasciando inesorabilmente fuori dal mercato occupazionale del lavoro i giovani Fare i proclami in maniera privata o pubblica per gli anziani e i giovani è facile, ma oggi questi non servono a nulla, sono parole al vento che non spostano di un millimetro il problema.
Sappiamo, per esempio, quanti sono gli anziani che vivono nella fascia di vera povertà e che sembrano dei reclusi vivi in abitazioni fatiscenti e che talvolta non hanno nemmeno la possibilità di assumere quel farmaco che per loro è vitale?
Come l’intera comunità pensa di affrontare i problemi degli anziani nel concreto e nel quotidiano? Non meravigliamoci, pertanto, se con maggiore frequenza rispetto al passato le cronache ci parlano di anziani morti da tempo e i cui cadaveri sono scoperti quando sono in stato di decomposizione.
Essi hanno bisogno di sussidi economici, certamente, ma hanno soprattutto bisogno di un sorriso sincero, di qualcuno che li accudisca e li mantenga puliti nel corpo, di qualcuno che si prenda cura di loro preoccupandosi di non fa mancare cibo e medicine necessari.
I nostri anziani non è vero che hanno perso il sorriso, è il nostro comportamento di poco interessamento  a ciascuno di essi che ha messo temporaneamente in soffitta quel sorriso che è sinonimo di tranquillità  e di felicità.
Ci sono in città compagnie teatrali e gruppi musicali, ma quanti di questi si preoccupano di mettere su spettacoli riservati ai nostri nonni? In un libro incentrato sulle tradizioni popolari lizzanesi abbiamo letto che il 2 novembre era consuetudine da parte dell’intero paese radunarsi davanti alla casa del più anziano e della più anziana per tenere loro compagnia. Si è persa tale sensibilità e i valori insiti.
Ma abbiamo accennato anche alla convivenza quotidiana dei tarantini con gi immigrati che arrivano dal continente africano. Hanno occupato tutte le case che potevano pur di non dormire per strada o nei portoni, distribuiscono ai tarantini il loro sorriso e la cortesia di un saluto, ma tendono anche la mano perché chiedono l’elemosina che evidentemente a loro risulta estremamente necessaria.
E’ quello del rapporto con le popolazioni d’Africa un problema che ne richiama altri come quello soprattutto di carattere igienico con il timore che qualche malattia tropicale possa esser trasportata in riva allo Jonio.
Non sono tutti uguali fra loro nel rapporto con la città i nostri ospiti africani, infatti ci sono giovani che, pur potendo lavorare in questa stagione nella raccolta delle angurie, dei pomodori e dell’uva, stazionano davanti ai negozi. Eppure il loro non è il tipico abbigliamento del mendicante secondo il prototipo conosciuto da noi tarantini; infatti vestono bene e sfoggiano cellulari costosi.
Altri invece cercano di guadagnarsi il pane quotidiano lavorando nei supermercati, nei mercati rionali, nelle imprese edili e adoperandosi nel campo agricolo e nella zootecnia.
Fino ad oggi non si registrano episodi di violenza o di delinquenza comune da parte di questa gente africana, ma il problema  è di quelli che va affrontato in maniera seria perché anche questa gente venga messa nelle condizioni di vivere una esistenza dignitosa.
Sono uomini come noi!



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