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Nuovi esodi/Solo una su quattro

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

21
SET
2017

Dai 18 ai 30 anni e oltre c’è la necessità di lasciare le nostre terre per continuare gli studi o per cercare lavoro. E’ un dato che fa riflettere: sapete fra 50 anni quante persone resteranno nella regione di origine?

Quando all’inizio del secolo scorso i napoletani, numerosi, erano costretti ad abbandonare il capoluogo partenopeo e i paesi limitrofi per mancanza di lavoro, l’immagine di giovani e anziani che a fatica trascinavano la valigia di cartone aspettando al Porto di imbarcarsi per l’America in cerca di migliori fortune, ha lasciato in noi tanta tristezza e, mentre si perdevano tra il cielo e il mare di Taranto, le immagini di quei bastimenti che poi sarebbero diventati “storici”, risuonavano le parole della nota canzone “Addio, mia bella Napoli, mai più ti rivedrò”. In quei versi c’era quasi una profezia che così sarebbe andato a finire, e così è stato, nella realtà. Arrivarono pezzenti, subirono l’umiliazione di essere spruzzati di disinfettante, come se fossero degli appestati, e poi si inventarono i mestieri più umili e pericolosi. Non si fermarono mai e fecero valere nel grande Continente americano le loro capacità inventive e lavorative. Il grande quartiere “Little Italy” è una delle tante testimonianze, ma non la sola, a dimostrazione che l’italiano si fa valere per le sue capacità e per il suo senso di responsabilità ovunque sia destinato a trasferirsi lasciando la terra natìa.
Abbiamo voluto rievocare questa triste e gloriosa, al tempo stesso, pagina di storia quando nei giorni scorsi abbiamo appreso dall’Ufficio Anagrafe del Comune di Taranto che dal 2013 al 2017 sono andati via da Taranto in 12.214 per motivi di studio, di ricerca scientifica e per la ricerca di un lavoro.  
È il 2016 a detenere con 3.484 partenze il record di trasferimenti. Popolazione in calo, che invecchia e che diventa più povera. Già, perché coloro i quali che per motivi di studio soprattutto lasciano la città, difficilmente rientreranno. È un fatto di opportunità, di crescita professionale e personale, ma anche di offerta culturale, quella che sinora la città stenta a garantire in maniera stabile e permanente.
Quello appena accennato è un dato che da solo dovrebbe fa riflettere i nostri politici che  da anni conoscono bene tale situazione ma nulla fanno in concreto per  cercare di cambiare la linea di tendenza.
Sia ben chiaro un fatto: tali fenomeni non si risolvono con la bacchetta magica e nemmeno in tempi brevi, ma necessitano di tempi lunghi e programmati.
Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria desertificazione sociale e, intanto, i  nostri politici nei loro discorsi per dimostrare che il problema dell’occupazione e dell’esodo dei giovani sta a loro a cuore usano la consumata espressione: “i giovani sono il nostro futuro”. Ma quale futuro? Ma quali giovani?
Intanto non si avverte la pur minima buona volontà per far sì che ci siano strumenti legislativi a sostegno dell’occupazione giovanile.
Molti ragazzi, pur di non lasciare la propria terra, accettano un sottosalario e così aumenta il lavoro nero e, soprattutto, quella precarietà che è “l’anima nera” per un giovane che va alla ricerca di un lavoro che gli dia garanzie e certezze per il proprio futuro. Taranto non è una città per giovani se è vero che per questo grande esodo che interessa sia i neo diplomati che gli under 30 il capoluogo jonico è la terza città d’Italia per abbandono da parte di chi cerca un futuro lavorativo fuori dalla propria terra.
E’ una fotografia reale un po’ di tutto il Mezzogiorno d’Italia.
Non tutti gli studenti universitari scelgono atenei del Nord, molti vanno all’Estero perché i costi per vitto, alloggio e tasse universitarie sono inferiori rispetto a quelli italiani.
Chi finanzia questi giovani? Mamma e papà che, come si suol dire, “stringono la cinghia” per ritrovare mensilmente il denaro da inviare al figlio universitario. Si tratta di sacrifici che non tutti riescono sempre ad onorare mettendo in forse la continuazione degli studi.
I sentimenti che animano un giovane che lascia Taranto e la Puglia per iniziare una  vita di studi e di ricerca in Italia o all’Estero sono diversi fra loro, eppure sempre presenti, infatti da un lato c’è la novità di vivere una vita lontano dalla famiglia con più liberà e meno controlli, ma nei momenti bui della giornata ritornano prepotenti le immagini della propria casa e forse si ha un po’ di nostalgia.
Un tempo lo studente universitario rientrava a casa per Natale, per Pasqua e per le feste estive. Oggi è difficile che il tarantino possa rientrare nella sua città per Natale e per Pasqua, sì anche per Pasqua perché ormai i veloci e immediati mezzi di comunicazione fanno sì che anche le belle processioni della Settimana Santa tarantina possano essere vissute in diretta Sky dai nostri giovani.
Lo Svimez, istituto di Statistica, ha fatto sapere che tra 50 anni solo un italiani su quattro vivrà nella regione d’origine. Allora ci si deve rassegnare a questo destino che farà delle nostre città e dei nostri paesi soltanto contenitori di anziani?
Non lo vogliamo credere, non lo dobbiamo  credere, ma dobbiamo pretendere che si mettano i paletti per una inversione di tendenza. I giovani si attendono da noi e dai politici fatti concreti. Allora, facciamo presto assumendoci le singole responsabilità prima che sia troppo tardi e che il giovane tarantino non possa cantare con la morte nel cuore: “Addio, mia bella Taranto, mai più ti rivedrò”.



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