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Non perdete tempo con la polemica da cortile

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

23
NOV
2017

Taranto ai confini dell’impero, colonia da spremere e poi abbandonare al proprio destino. Intanto l'Antitrust europeo ha detto una cosa di una gravità inaudita: sulla città è stata fatta una porcata

Sul fatto che a Taranto il dibattito sia povero di contenuti oltre che animato da pippe invereconde autonominatesi classe dirigente non dovrebbero esserci più dubbi, così come non v’è più alcun dubbio sul fatto che la gittata del dibattito sia veramente limitata.
Mentre infatti noi guardiamo il dito dell’ennesimo incarico elargito a Bari – ci riferiamo al mandato conferito all’avvocato Marcello Vernola per rappresentare il Comune al Tar in merito  all’AIA Ilva  - lune ben più gravi si palesano all’orizzonte.
Ma a noi piace la polemica domestica, quella da cortile, convinti come siamo che il mondo cominci sul Ponte di Pietra e finisca su quello di Punta Penna.
L’Antitrust europeo - tramite una lunga nota firmata dalla commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager -  ha detto una cosa di una gravità inaudita: su Taranto è stata fatta una porcata.
Certo i toni erano più aulici e burocratici ma la sostanza è questa: per mano delle Istituzioni è stato creato un pateracchio che rischia di assegnare ad Am Investco una posizione dominante nella produzione dell’acciaio con conseguenti problemi di concorrenza e di aumento dei prezzi. Ragion per cui le istituzioni europee pongono come condizione l’uscita del Gruppo Marcegaglia dal consiglio di amministrazione della cordata in procinto di rilevare le acciaierie tarantine.
A questo punto una considerazione sorge spontanea: nessuno può reputare un simile rilievo come un fulmine a ciel sereno ma ciò nonostante più di qualcuno ha ritenuto opportuno perseverare come se nulla fosse, preoccupandosi più di tirare a campare nella speranza di guadagnare qualche mese mettendo la sordina al problema.
Se adesso la situazione dovesse complicarsi ulteriormente ciò sarebbe l’ennesima sconfitta per la città di Taranto che oltre al danno dovrebbe subire la beffa di una ulteriore dilatazione dei tempi.
La figura barbina invece è indelebile e resta lì ad ingenerare il sospetto che un’operazione così palesemente anticoncorrenziale sia quantomeno approssimativa se non addirittura ispirata da variabili ultronee rispetto all’interesse della città.
Ma la madre di tutte le porcate, nel comunicato dell’Antitrust europeo starebbe nel non-piano di ambientalizzazione.
In sostanza le opere di bonifica da realizzare ieri si procrastinano al 2023 a guisa di optional, a mo’ di dettaglio da inserire tra le varie ed eventuali.
Essendo il piano industriale un vero mistero, vien quindi da pensare che  la parte del leone la faccia  la copertura dei parchi minerari come se il problema fosse esclusivamente quello. E le innovazioni di processo? E la produzione pulita? E le migliori tecnologie esistenti? E il risarcimento per una città martire dell’acciaio? Da questo punto di vista le autorità nazionali non ci sentono e sorvolano più preoccupate di spegnere questa vicenda che di fare gli interessi della colonia ionica.
La vicenda Ilva potrebbe sembrare una circostanza isolata ma in realtà quello industriale non è l’unico caso di molestie (visto che vanno così di moda oggi) verso la città di Taranto.
Basta infatti digitare su un qualsiasi motore di ricerca due parole “apertura Arlotta” per capire quante volte la questione sia stata fintamente in cima all’agenda delle varie amministrazioni regionali succedutesi nel tempo. Lo schema è sempre lo stesso: annuncio, titoloni sui giornali locali e poi buio pesto.
Sulla questione veniamo perculati da almeno un decennio senza che da parte nostra ci sia un sussulto di dignità, uno scatto di orgoglio: scriviamo letterine e ci prestiamo allo schema del “poliziotto buono" e del "poliziotto cattivo”. Se da un lato il Doge di Puglia si mostra sensibile alla riapertura dello scalo tarantino confezionando inutili delibere di indirizzo, dall’altra fa fare la parte del poliziotto cattivo ad Aeroporti di Puglia che frena sulla riapertura dello scalo ionico ai voli civili con la protervia e l’arroganza tipica di chi ha dietro una copertura di tipo politico, come se AdP potesse permettersi certo tipo di intemperanze.
Se poi dall’altra parte ci si ritrova una classe dirigente imbelle che invece di reagire  abbassa il tiro pietendo almeno  di fungere da scalo di riserva in occasione dei lavori di ammodernamento dello scalo di Bari, ecco che la dignità di un intero popolo va completamente a ramengo rendendo addirittura comprensibili i soprusi.
Questo è quindi un fatto di sistema, un concetto replicabile in molti campi, da quello ospedaliero a quello portuale, da quello universitario  a quello più squisitamente politico ed istituzionale senza che il risultato si discosti da quel contributo a somma zero che Taranto riesce ad avere sugli eventi.
Siamo terra di conquista, siamo comparse, mezze figure istituzionali incapaci di incidere sul proprio destino  come canne al vento che spira dai parchi minerari.
Gli incarichi legali piuttosto che quelli assessorili sono solo un dettaglio, un sintomo di scarsa indipendenza, una cambiale da pagare al colonizzatore, la punta di un pessimo iceberg fatto di inconsistenza.



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