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La lettera/"Mi sento come un naufrago"

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

11
GEN
2018

La drammatica testimonianza di una donna ammalata di cancro che ha deciso di raccontare e condividere la sua storia, denunciando un sistema che stritola il cittadino piuttosto che curarlo

Gentile Direttore,
sono Mirella, 44 anni, madre di due figli, rispettivamente di 12 e 5 anni, sono cresciuta e vivo a Taranto, città in cui situazioni come la mia sono all’ordine del giorno.
Mi sento come un naufrago che affida le sue ultime speranze ad una bottiglia lanciata nell'oceano. La mia storia è come tante altre che avrete letto o sperimentato nella vostra vita o, nei casi peggiori vissuto in prima persona. Tutto inizia purtroppo nel maggio del 2015 e il verdetto è da subito devastante: un tumore al Colon al terzo o, quarto stadio forse. Il percorso è lungo e travagliato che parte dal Sud fino ad arrivare al Nord per poi ritornare nella propria dimora. Quando il Mostro ritorna più cattivo che mai nel maggio 2017, con metastasi al fegato, alla milza ed ancora in addome, purtroppo la situazione non è solo complicata ma impossibile; ed è così che decido di rivolgermi al professor Cristiano Hüscher, Primario del Reparto di Chirurgia Generale e Oncologia dell'Ospedale Rummo di Benevento. Arriviamo a lui per puro caso e solo grazie al passaparola di una persona che ha avuto la fortuna di affidarsi a lui per primo. Non certamente grazie alle istituzioni o alla Sanità pubblica, né nessuno dei suoi tanti colleghi incontrati e interpellati in tutti questi anni ci ha mai suggerito di contattarlo.
Secondo la sua enorme esperienza professionale, esistevano dei margini affinché questo mio ennesimo intervento, per quanto difficile, duro e rischioso, (sempre restando rigorosamente all'interno delle linee guida della chirurgia oncologica internazionale) potesse essere effettuato.
Ho deciso, infine, di affidarmi a lui (anche perché era il solo) ed ho fatto bene: il 2 novembre 2017 ho affrontato l'intervento che è riuscito, per il momento ovviamente, perché il Mostro è sempre in agguato. In questo mio percorso con il Professore sono solo all'inizio. Vi scrivo adesso (5 gennaio 2018) mentre sono ancora ricoverata per tutta una serie di complicanze che, purtroppo sono abbastanza normali dopo un intervento del genere ed è veramente dura avere la forza di andare avanti e lottare.
Ritengo, in cuor mio, comunque di aver fatto la scelta migliore, non tanto perché l'intervento sia andato a buon fine, ma perché ho potuto toccare con mano l’elevata professionalità di questo chirurgo dotato di una umanità che raramente ho incontrato, specialmente a questi livelli. Ma non solo, in questo mio combattere, ho preso consapevolezza che in Italia purtroppo la sanità e il sistema in generale non funzionano. Un chirurgo come Hüscher che rischia, che si spinge oltre, dove altri non vanno, a scapito dei pazienti, viene considerato solo un “pazzo”. Ma non è così, lui non rischia, semplicemente operando sempre entro quelle che sono riconosciute a livello mondiale come le linee guida, riesce a fare quello che altri non provano nemmeno a fare perché incapaci, per poca esperienza o per paura di denunce. Tutto questo non perché è un alieno, ma semplicemente perché appena laureato ha deciso di andare a fare il chirurgo in America, costretto dal sistema del nostro Paese che non permette ancora oggi ai giovani medici di poter imparare dai migliori, né di operare in prima persona. Spesso molti vanno in pensione o insegnano senza aver fatto prima la minima esperienza.
Il mio è il grido disperato di una madre e una moglie che vede sfuggire la propria vita per colpe non mie; a causa di una maledetta malattia che a 42 anni ha stravolto i miei piani di una vita normale da trascorrere con i miei figli e in compagnia degli affetti più cari. Ora vedo quella normalità come qualcosa di eccezionale... un miraggio lontano. In questi giorni di festa, in cui è normale vedere famiglie che si riuniscono serenamente, io sono costretta a letto e lontana da tutti e questa per me è diventata purtroppo la normalità.  Da domani tante mamme si siederanno accanto ai propri figli per i compiti che hanno avuto durante le vacanze... Io non potrò farlo. Non potrò essere... “normale”. Questo è il destino che mi è toccato, devo accettarlo e con tutto l'amore e la poca forza che ho in corpo, combatto ogni giorno per riprendermi la normalità che il tumore mi sta negando. Ma per fare ciò, ho bisogno anche dell'aiuto delle istituzioni. Quelle che tanto millantano solidarietà verso le persone bisognose e che poi dimenticano quando quel bisogno si presenta. Sto provando un profondo senso di abbandono nei miei riguardi e nei confronti di tutti quelli che si trovano nella mia stessa condizione: siamo trattati come pezzi di carne su cui speculare. Dopo tanto peregrinare ho trovato la mia ancora di salvezza (stranamente al Sud Italia), ma ho anche constatato che essere bravi e avere un’etica professionale come il Prof. Hüscher vuol dire avere tutti contro, non poter fare interventi salvavita perché non ti mettono a disposizione il blocco operatorio e ti vedi quindi allungare la lista d'attesa che spesso si sfoltisce perché i malati muoiono prima di essere operati, vuol dire essere costretti alla "raccomandazione" per ottenere ciò di cui avresti il diritto, vuol dire attendere che si liberi la rianimazione perché quella oncologica non è ancora pronta dopo quasi 2 anni di lavori, vuol dire essere un "Don Chisciotte" che combatte contro i mulini a vento e per giunta senza l'aiuto di nessun Sancho Panza. In questi mesi di degenza qui in ospedale (e in tutti gli altri ospedali) ho visto la disperazione di famiglie intere sconquassate da una malattia che è più incurabile del tumore. La malattia del "non fare". Un male diffuso e difficile da estirpare perché fa parte ormai della cultura del nostro popolo. Una cultura egoista che guarda all'oggi e non si cura di quello che sarà il domani e di ciò che lasceremo in eredità ai nostri figli.
Stiamo lasciando un mondo in cui i malati di cancro, specie quelli più giovani, sono in spaventoso aumento e in merito a ciò esiste tantissima ipocrisia da parte delle nostre istituzioni, dei media e di alcuni programmi che ne parlano con molta superficialità, ma solo per fare ascolti. È tutta una questione di scelte. Chi ci governa e prende le decisioni importanti ormai da tanti decenni, sceglie coscientemente di investire e sprecare tantissimi soldi in vicoli ciechi che arricchiscono solo pochi ed impoveriscono sempre più il nostro Paese ad esempio: per "salvare" l'Alitalia, un MOSTRO come l'Ilva (città in cui viviamo e che verosimilmente è la causa primordiale della mia malattia) e poi Armamenti, Banche, sono solo alcuni degli esempi di un Paese in declino per colpa di investimenti sbagliati fatti dai politici votati dai nostri genitori quando io ero bambina e per le cui scelte adesso stiamo pagando prezzi altissimi in salute, posti di lavoro, deficit pubblico e pensioni. E tutto questo in nome di cosa? Del fantomatico benessere che ha arricchito i pochi che erano al potere e ridotto i propri figli in questo stato drammatico. E la storia continua…infatti basta andare in un qualsiasi ospedale, anche di eccellenza, per rendersi immediatamente conto che manca personale e chi può decidere che fa? Taglia ulteriormente ovvio!
I pochissimi professionisti realmente bravi o gettano la spugna e si adeguano al sistema, o fanno come il Professor Hüscher che vengono perseguitati dal sistema delle baronie e dei raccomandati che vogliono mantenere il loro potere, oppure peggio ancora devono scappare all'estero e rimanerci. [...]
Come cambierebbe il nostro paese se si investisse tutto sulla sanità, sulla tecnologia e le infrastrutture ad essa collegate, sulla scuola e sul turismo? I nostri figli non dovrebbero più scappare e andare all'estero e forse tutti i cervelli che continuamente fuggono grazie ai fondi realmente disponibili, magari in poco tempo potrebbero trovare le vere cure per il cancro e tante altre malattie oggi incurabili. Credo fermamente che per diventare un Paese che realmente conta in Europa è necessario cambiare e avere il coraggio di premiare chi merita, solo così si potrà avere la speranza di vedere in posti di comando dirigenti CAPACI. Inizierei con il fornire mezzi e strutture al Prof. Hüscher che nel suo campo combatte giornalmente senza pensare a orari o giorni di festa, perché il male non riposa mai. Lui è capace di insegnare e trasmettere il suo sapere e la sua esperienza ai più giovani; fra qualche anno anche lui andrà in pensione, perché perdere tutto questo? È da folli!
Concludo dicendo che l'unica cosa che ha di giusto il cancro è che non guarda né il conto in banca soprattutto nei paradisi fiscali, né la posizione sociale. Citando un grande immortale:  "è nà Livella".

Mirella Fuso

 



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