MENU

Buon viaggio Simone/Zire ora è con sua madre

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

22
MAR
2018

Simone Basile, conosciuto da tutti come Zire, era un giovane rapper tarantino che nelle sue canzoni esprimeva il suo pensiero sullo sviluppo industriale della città e le sue inevitabili conseguenze negative sulla salute dei cittadini. Non si è mai ripreso dalla perdita della sua mamma

Oggi Simone purtroppo non c’è più. L’immane dolore causato dalla prematura perdita della mamma nel 2013 a soli 48 anni non lo aveva mai abbandonato e l’artista ha deciso di togliersi la vita a 28 anni. In questo articolo vogliamo ricordare chi era Zire e cosa ha donato ai suoi amici e fan. Nato nel 1990, scrive testi in modo davvero originale, ma il suo grande talento si riverbera anche nella produzione di beat. Il suo stile si avvicina all’Hip Hop e la sua passione nasce sin da giovanissimo nel suo quartiere Paolo VI, quando ascolta i cd degli Articolo 31, di Ice Club e Ice-T. I suoi pezzi sono composti ispirandosi alla vita di ogni giorno, immedesimandosi nella mente dell’uomo anche toccando argomenti delicati come l’omicidio passionale e lo stupro commesso ai danni delle donne. Altre sue fonti di ispirazione sono state l’amore in generale, la sua amata famiglia e soprattutto la drammatica situazione ambientale di Taranto provocata dalla presenza dello stabilimento siderurgico Ilva. Nei suoi testi dunque la rabbia è enorme perché anche a sua madre viene diagnosticato un tumore alla laringe, causato appunto dalla diossina. Quando nel 2013 sua madre muore, decide di scrivere una toccante lettera che viene letta integralmente con grande commozione dall’attrice tarantina Anna Ferruzzo durante il concerto del Primo Maggio. Vi riportiamo qui di seguito la missiva: “Il mio nome è Mariateresa, vivo con mio marito e i miei due figli nel quartiere Paolo VI a Taranto. Mi sono trasferita nel quartiere quando ero molto piccola, con i miei genitori, perché mio padre era un dipendente Ilva. La mia vita è sempre stata molto piena, colorata, perché cerco di dare sempre il massimo per la mia famiglia e mi divido fra loro ed il lavoro. Da cinque anni lavoro presso Letizia, una nonnina per cui presto servizio di assistenza facendo il turno di notte e a cui mi sono legata infinitamente. La sera quando sono a lavoro penso molto: penso alla mia famiglia, ad Agostino mio marito, a Simone e Francesco, i miei due ragazzi e a quanto mi hanno fatto ridere prima di uscire di casa. Fino a qualche anno fa ho fatto parte del gruppo Scout della parrocchia qui vicino e sono stata per anni membro e direttrice della Caritas. Ogni domenica andiamo tutti a mangiare da mia suocera a Statte e se i ragazzi non si alzano in orario, di solito comincio a gridare come una pazza. Poverini! Neanche la domenica possono dormire in pace. Agostino, invece mio marito, è sempre così calmo; non riesco a capire come faccia. La sua calma è disarmante. “Dai Agostino, per piacere. Vai a svegliare i ragazzi, che metto a posto la casa e andiamo da tua madre”. E invece ci risiamo. Come al solito lasciano le loro cose sul letto ed io di nuovo che mi arrabbio e dico che mi devono dare una mano e che devono essere più ordinati. Vabbè le solite cose. In macchina, finalmente mi rilasso, fino a quando mio marito, alla guida, non comincia a fare barba e capelli ai cespugli. E come sempre si fa riprendere. Ed i ragazzi ridono. Prima di andare a Statte, il mio sguardo cade sull’Ilva, che continua a sputare tutti quei fumi, che prima o poi ci uccideranno, anche se non ci lavoriamo là dentro, senza distinzioni. Penso… così penso. E penso anche che ci sono tante alternative per conviverci con la fabbrica, perché è un po’ come la famiglia. No? Ci vuole impegno e dedizione per poterla mandare avanti, tutti insieme. Ho perso la vita a 48 anni, io, proprio per il tumore di Taranto, che ha contagiato il mio sistema respiratorio, ma continuo ad essere vicino alle persone che, con immensa semplicità, ho amato. Oggi pare che ci sia più traffico del solito e mi piacerebbe tanto passare dal mercato per fare la spesa. Ho anche visto un’ottima offerta sui detersivi, l’ultima volta. E poi mi vorrei comprare quel copridivano coloratissimo, che starebbe così bene nella mia cucina. Vabbè! Meglio non pensarci!”.
Una volta appresa la notizia del suicidio di Simone Zire, la stessa Anna Ferruzzo ha voluto lasciare un suo ricordo attraverso la sua pagina Facebook: “Quando è stato postato il video del Primo Maggio con la tua struggente lettera non avevo neanche capito...
Poi ho letto la notizia terribile. Che ingiustizia grande, che dolore immenso. Quel giorno le tue parole, nella mia città, su quel palco mi avevano comunicato con forza struggente la vostra storia famigliare così tenera, così tragica, così vera, purtroppo così vicina alla mia storia e a quella di tanti altri tarantini. Le tue parole normali eppure bellissime mi avevano coinvolta emotivamente fino a perdere il controllo. Scendendo dal palco me ne ero anche un po' vergognata. Quello è stato uno dei momenti più emozionanti della mia vita di donna e di attrice. Purtroppo non potrò mai dirtelo. Grazie piccolo grande Uomo. Buon viaggio Simone”.
Questa storia ci fa comprendere quali possono essere le conseguenze dell’industria e del cattivo ambiente, che può scaturire non solo problemi di salute diretta nei confronti del malato ma anche per tutti coloro che lo circondano. In questo specifico caso abbiamo raccontato la disperazione di un figlio che ha perso la sua mamma e che, nonostante abbia cercato di andare avanti con tutte le sue forze, alla fine non è riuscito a reggere il dolore. Bisognerebbe quindi iniziare a fare mente locale su queste vicende, sostenendo con maggior forza queste persone creando dei veri e propri centri assistenziali.



 



Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor