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LA VITA COME UN TRENO

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

5
APR
2018

Giornata uggiosa e piovosa. A farne da cornice un cielo plumbeo, mentre, seduta in treno, osservo i grigi paesaggi da Bologna a Milano. Sono in carrozza con gente, che ad ogni fermata sale e scende e, d’un tratto, mi viene alla mente una frase di Paul Simon, cantautore statunitense: “C’è qualcosa nel fischio di un treno che è molto romantico e nostalgico e pieno di speranza”. Peccato solo che i suggestivi fischi dei treni del passato, che ne annunciavano partenze e arrivi, abbiano ormai lasciato il posto all’impersonale rombo di treni iperveloci. Ripenso al fascino malioso che da sempre i treni esercitano sul destino degli uomini, alle lente locomotive a vapore, a come, seppur brevi i percorsi,  apparivano interminabili viaggi, sospesi in una dimensione da sogno, senza più tempo; ma anche, al destino che legava gli uomini, agli incontri, alle storie che nascevano: di conoscenza, e alle volte, anche d’amore e/o di sesso. All’epoca, esistevano i vagoni, al cui interno vi erano le carrozze chiuse, e l’esaltazione che generavano era simile a quella per un bambino nello scartare un regalo a sorpresa per la scoperta del proprio vicino di posto, piuttosto che dei propri compagni di viaggio, perfetti sconosciuti. Estranei  da osservare e fissare, solitudini di anime con cui creare storie. In fondo, le conoscenze, come pure le relazioni, sono solo storie che raccontiamo a noi stessi con la complicità dell’altro. Sono viaggi dell’anima che compiamo in compagnia. Eppure, rispetto al passato, guardando gli occhi della gente, qualcosa è cambiato! Sarò anche una nostalgica romantica, ma non c’è più la magia e poesia dell’incontro dell’altro, quell’alone di mistero che, il palpito del cuore ne attanagliava l’animo. Prima c’erano persone che andavano incontro ad altre persone, che parlavano, si incontravano e scontravano ed alle volte si sfioravano; che, pur divise da barriere meccaniche, erano libere di conoscersi di sognare e fantasticare. Oggi, quelle barriere non ci sono più, non ci sono più le carrozze, eppure nessuno guarda più gli occhi dell’altro, nessuno più li incrocia e si perde in sguardi sfiorati e rubati.  Moltitudini di persone dai capi chini su smartphone, piccole finestre di solitudine sul mondo, ipertrofici generatori di rapporti virtuali e non più umani.  Ormai, oggigiorno, nella “società liquida” (per usare un’espressione del sociologo ZYGMUNT BAUMAN, per stigmatizzare la vacuità valoriale),  con la loro vaporosità, ne hanno sostituito la consistenza  dei libri. L’odore e il tatto della carta è solo un lontano e cinestesico ricordo. Eppure, da bambina, sui treni, mi incantavo a osservare la gente che leggeva, rapita in una propria dimensione, avulsa dallo spazio e al tempo, avvolta quasi in una bolla. Ne osservavo il libro e dal titolo, piuttosto che dalla copertina, ne immaginavo i contenuti, inventavo una storia, caratterizzavo quella persona ed io stessa ne divenivo la protagonista, nonché,  narratrice e trama. Sono cresciuta con l’amore per le stazioni ed i treni. In parte perché a Palagianello, mio paese d’origine, tagliato simmetricamente a metà proprio dalla ferrovia, ubicata in piazza, al centro dell’agglomerato abitato, ogni mia uscita e passeggio era accompagnata da un fischio, preannunciante un arrivo o una partenza. Di lì, zona franca per i forestieri, linea di frontiera dove stazionavano gli umani destini, tutto aveva origine. All’epoca, c’era ancora la  sbarra elevatore. Adoravo essere ferma dietro al passaggio a livello, alla partenza del treno, a osservare la gente sporta ai finestrini, divertita dal ritardatario di turno. Adoro i treni, terra di nessuno, con il loro sferragliare sulle rotaie, con gli anonimi scompartimenti e le numerate carrozze, dove sconosciuti siedono gli uni accanto agli altri ed inconsapevolmente creano intrecci di storie e di “sorti”, nel mentre paesaggi scorrono confusi dai finestrini. I treni, mezzo di locomozione dallo storico passato ma ancora dall’attuale presente, ne hanno ispirato, in tutti i tempi, scrittori. Penso, ad esempio, ad “Assassino sull’Oriente Express” di Agatha CHRISTIE, di cui recentemente ne ho visto al cinema il remake,  piuttosto che “Il treno” di George SIMENON, ovvero,  che “Treno di notte per Lisbona” di PASCAL MERCIER.  Ma anche al binario 9  3/4 di HARRY POTTER, o ai recentissimi film “La ragazza del treno”, thriller con Emily BLUNT, nonché il thriller – azione “L’uomo sul treno” . I  treni, però, non sono tutti uguali, come, dopotutto, non lo sono i viaggi, le partenze e gli arrivi, in quanto differenti sono gli umani fati. Spesso, infatti, capita di perdersi nella vita, di salire sul treno sbagliato, pur partendo alla giusta ora dal giusto binario. Capita, però, anche di salire sul treno giusto e, tuttavia, sbagliarne l’arrivo, avendo prescelto, volutamente o non, una errata fermata. Capita anche di perdere quel treno e di dover prendere il  successivo.  Ogni singolo giorno è un viaggio, un nuovo diverso tragitto, fatto di percorsi e di incontri, sui treni, proprio come nella vita! In fondo, siamo tutti viaggiatori, consapevoli e non, sul binario dell’esistenza! Possiamo sceglierci il viaggio e decidere di compierlo in solitudine piuttosto che in compagnia di prescelti e/o occasionali viaggiatori. Possiamo sceglierci la lunghezza e la durata del tragitto, come pure partenza ed arrivo. Ovvero, scegliere di non effettuare mai alcun viaggio. Ci sono, infatti, i treni, i viaggiatori ma ci sono anche le attese e le stazioni, come pure, c’è chi, che, per pusillanimità e/o timore dell’ignoto, atterrito dall’idea del l’imprevisto, attende tutta la vita che qualcuno scenda dal treno in corsa, ovvero, chi, immutabilmente, è in perenne attesa di quel singolo treno che mai giungerà, o che mai ripartirà! Direi, metaforicamente, che la vita è proprio come un viaggio in treno, con le sue stazioni, i suoi binari, i suoi cambi, i suoi deragliamenti. Venendo al mondo percorriamo il nostro viaggio con i nostri genitori, i quali, nonostante le nostre aspettative, prima o poi, dovranno abbandonarci, onde consentirci di imparare a viaggiare soli. Durante il nostro viaggio, saliranno sul nostro treno vari compagni, taluni conosciuti: fratelli, amici, parenti; altri non: amanti e partner occasionali. Molti, scenderanno lasciando un vuoto incolmabile, altri saranno indifferenti, tali altri, passeranno del tutto inosservati. Il nostro viaggio sarà pregnante di gioie e dolori, di aspettative spesso deluse e sogni affranti. Sarà caratterizzato da momenti di grande commozione che vorremmo incidere nel cuore e nella mente, alternati a momenti di immane sconforto che vorremo dimenticare, ma che, tuttavia, saranno marchiati indelebilmente sule nostre pelli. Non sapremo mai quando scenderemo dal nostro treno, quando toccherà a noi. Ed è perciò che dobbiamo vivere intensamente ogni giorno come fosse l’ultimo, amando e perdonando, sforzandoci di dare sempre il meglio di noi in ogni occasione e situazione, di praticare l’arte della gentilezza, di osannarne la “Bellezza”, di regalare sorrisi a chi non sa donarli, perché, quando il nostro giorno giungerà ed  il nostro sedile sarà vuoto possa essere occupato dal bel ricordo di noi in chi, sul nostro treno, ha intrecciato, almeno una volta, il proprio destino al nostro!... Ed allora... Che il vostro viaggio abbia inizio! Che sia piacevole, eccitante, appagante ed intenso, e che gradevoli ed interessanti siano i vostri compagni, di modo che,  ogni qualvolta, d’ora in avanti,  salirete  su di un treno, non pensiate più, come per la vita,  che è solo un viaggio, perché quello sarà il “vostro viaggio”! Concludo, parafrasando un pensiero di Paulo COELHO, scrittore e pensatore dalla illuminata saggezza e profonda semplicità d’animo, a me caro, “auspicando che, ognuno di voi faccia della propria vita il proprio treno e non la propria stazione ferroviaria”, affinchè, straordinario, unico e irripetibile sia il vostro viaggio. Buon viaggio! Buon “consapevole” viaggio!



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