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QUI E ORA/AMICI AHRARARA

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

27
SET
2018

I giudici condannano la Lega Nord alla restituzione di 49 milioni di euro allo Stato in comode rate per circa ottant'anni. Un evidente caso di disparità (nessun cittadino avrebbe goduto mai di simile agevolazione) che rischia di divenire un pericoloso precedente legale

“Amici Ahrarara” era la frase che dava inizio a uno sketch dedicato alle televendite durante il quale il duo comico Fichi d’India derideva i venditori che proponevano acquisti impossibili a prezzi incredibili, pagabili in comode e infinite rate senza interessi, oltre a garantire l’invio di svariati omaggi. Quella che appariva come una parossistica rappresentazione delle vendite in TV, è divenuta una concreta realtà per i grandi debitori. In Italia ci sono già stati precedenti di vantaggiosi accordi fra alcune multinazionali e l’Agenzia delle Entrate come quello fra Apple per 318milioni di euro, Amazon per 100milioni, Google per 306milioni contro debiti molto più elevati, ma il piano di rientro concesso dallo Stato al partito del Carroccio è davvero senza precedenti. La differenza sostanziale è che mentre le prime hanno onorato al loro impegno senza battere ciglio, i verdeggianti padani, dopo un’estenuante opposizione, hanno potuto avvantaggiarsi di una dilazione in rate bimestrali da 100mila euro per un totale di 600mila euro annui. Comode rate senza interessi, circa 490 per la durata di poco superiore a 80 anni a fronte di un debito contratto con lo Stato italiano di 49 milioni di euro. Nello specifico, la Lega o Lega Nord oppure Lega Nord per l'indipendenza della Padania, come più si preferisce identificare il partito politico che ha per leader Matteo Salvini, è debitrice verso il fisco così come ha stabilito una sentenza che condanna il partito per truffa, riciclaggio e finanziamento illecito ai partiti. La Procura della Repubblica di Genova, pur di recuperare i crediti erariali, ha giustificato la sentenza particolarmente clemente, con la necessità di permettere la sussistenza del partito. Francesco Cozzi, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Genova ha, infatti, dichiarato: “Abbiamo fatto quello che viene fatto in altre procedure analoghe, laddove agiamo in esecuzione. È un meccanismo che la procura ha già seguito per i crediti erariali, per cui una società può subire sequestro preventivo. Credo che abbiamo raggiunto un punto di equilibrio e perseguito gli interessi dello Stato“. La Lega è salva ma non può dirsi la stessa cosa in merito all’equità della legge nei confronti dei cittadini italiani che, per distrazioni di molto inferiori, sono soggetti a provvedimenti esecutivi sicuramente più pressanti. Una dilazione di pagamento così vantaggiosa è un precedente storico che, raffrontato con i comuni piani di rientro del debito, appare decisamente iniqua, anche in considerazione dell’uso cui sono stati destinati i fondi sottratti dalla Lega. Dall’inchiesta risulta che il denaro indebitamente sottratto dalla Lega allo Stato attraverso false rendicontazioni di spesa, sono serviti a finanziare investimenti privati della famiglia Bossi e di altri esponenti di spicco del partito. L’inchiesta, partita a gennaio del 2012, ha fatto emergere i reati a carico della Lega Nord confluendo in un processo conclusosi con la condanna di Francesco Belsito, ex tesoriere del Carroccio, a due anni e sei mesi, Umberto Bossi, ex leader della Lega, a due anni e tre mesi e il figlio, Renzo Bossi, a un anno e sei mesi. Nella sostanza, la conclusione di otto anni d’indagini e diversi gradi di giudizio non hanno sortito lo scopo desiderato lasciando, praticamente impuniti, personaggi politici dediti a truffare lo Stato e la stessa Lega che, comunque, ha rinunciato a costituirsi come parte civile. Nessuno dei condannati subirà un concreto danno patrimoniale e il Senatur, suo figlio e Belsito, sono liberi di continuare a svolgere le loro normali attività, nonostante i reati commessi non siano assimilabili a quelli perpetrati da Apple, Amazon e Google. Tralasciando il profilo etico della vicenda, si può ipotizzare che le scelte della commissione giudicante si siano concentrate sul salvataggio della Lega allo scopo di tutelare il diritto di rappresentanza democratica degli altri leghisti assolutamente estranei alla circostanza. Non si può negare che facendolo, i giudici abbiano commesso una disparità di trattamento fra cittadini italiani. Normalmente, infatti, per molto meno si rischia di vedersi privati di ogni provento economico e finire agli arresti. Di fatto, il debito sarà pagato dai tesserati e dai parlamentari del Carroccio tant’è che l’attuale leader del partito, Matteo Salvini, ha dichiarato: "Ogni mese i parlamentari cacceranno fuori il cash" come se quanto accaduto sia normale. Senza temere di incorrere in errore, è facile prevedere che, a meno di qualche rata, il debito della Lega non sarà mai onorato. Il solerte vicepremier Matteo Salvini e il suo collega pentastellato Luigi Di Maio sono, infatti, intensamente concentrati nella riscoperta dei migliori valori sociali, primo fa tutti la pace, specie quella fiscale. Qualunque sia l’epilogo, questa vicenda si sta rivelando un pericoloso precedente legale che consentirebbe a qualsiasi altro partito o movimento politico di truffare lo Stato sottraendo denaro pubblico con l’adozione di tecniche meno sfrontate e sapendo di non essere puniti. Sarà sufficiente individuare figure all’interno dei partiti disposte a sottoporsi a un processo (in gergo “teste di legno”), pur di sottrarre denaro pubblico da reinvestire all’estero e i cui proventi sarebbero ampiamente sufficienti a coprire le sanzioni lasciando inalterato il capitale. 49milioni debitamente investiti rendono molto di più di 600mila euro annui. Sicuramente la manipolazione dei registri di bilancio, non è un’invenzione della Lega ma, in assenza di altri casi così clamorosi, non possiamo che eccepire l’iniquità della giustizia in questa situazione. Ciò che appare inadeguata è la posizione dell’attuale leader della Lega che, ignorando totalmente la sostanza del suo mandato di governo, ha prima tentato di sciogliere il partito pensando di evadere il debito e, a fronte dell’impossibilità di evitare la sentenza esecutiva, sta divulgando fra i suoi sostenitori un’anormale certezza d’impunità. Eppure, la Lega è lo stesso partito che si proclama paladino della legalità e della nettezza, quello che minaccia una lotta spietata contro qualsiasi reato, lo stesso per cui Matteo Salvini nel 2005 urlava indignazione nelle piazze per la rateizzazione per debiti fiscali concessa per 23 anni a una società sportiva. Nonostante la Lega abbia ricevuto un trattamento di riguardo, continua a ritenere che l’inchiesta e il processo siano una macchinosa congiura organizzata dalla magistratura contro l’attuale governo. Intanto, gli alleati pentastellati si nascondono dietro un silenzio imbarazzante pur di poter restare al governo sapendo che quella di cui godono è un’opportunità irripetibile. Al contrario del loro atteggiamento forcaiolo, in merito a questa vicenda, non trasudano indignazione al grido di “onestà, onestà” e “uno vale uno” anche sapendo che “uno” della Lega è costato agli altri italiani 49milioni di euro. Ancora prima che inizi la litania filogovernativa condita di “E allora il PD”, “E la famiglia Renzi”, “E la Boschi con le banche”, “Rassegnatevi, la sinistra si è estinta”, rispondiamo che, per ora, abbiamo la certezza che sia stata la Lega a truffare lo Stato per 49milioni di euro che, anche se con comodo, dovrà restituire. Ci auspichiamo che l’accordo fiscale fra Stato e Lega non divenga una prassi che induca chiunque a delinquere, anche se, per equità, al momento della sentenza tutti dovrebbero ricevere lo stesso trattamento. Parafrasando Alessandro Manzoni, “Per 49milioni, fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.”

 



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