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OBIETTIVO SENSIBILE/IL PD E QUELLA PIAZZA MEZZA PIENA E MEZZA VUOTA

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

2
OTT
2018

Mentre il Governo veleggia attorno al 64% dei consensi (la Lega è al 34,2% mentre M5S guadagna circa un punto arrivando al 29,7%), il Partito Democratico prova a farsi del male con una manifestazione a Roma piena zeppa di quadri e dirigenti di partito

Domenica scorsa la gente comune era da tutt'altra parte che in Piazza del Popolo dimostrando che siamo arrivati alla “luna di fiele” e che il cosiddetto popolo della sinistra non si sente più rappresentato da quel corpaccione rosso al quale negli scorsi decenni troppo era stato demandato in termini di consensi e speranze.
L’aspetto drammatico continua a essere lo stato confusionale in cui la sinistra arranca, una sorta di depressione ossessiva che non le consente di esercitare quella pratica tanto cara ai leninisti nota sotto il nome di autocritica, concetto che ha trovato una vasta applicazione nel movimento comunista mondiale.
I rossi erano bravissimi a cianciare di autocritica tanto da trasformarla in un espediente retorico prodromico a un cambio di linea politica soprattutto quando la svolta in questione abbisognava di gradualità per essere accettata dalla platea più ortodossa. Un accenno di travagliata autocritica e poi una bella giravolta.
L’autocritica serviva anche a cancellare le battute d’arresto elettorali favorendo un dibattito interno che spesso sfociava in un profondo ricambio al vertice del partito e in un nuovo inizio. Un modo come un altro per mascherare la notte dei lunghi coltelli con qualcosa di più nobile.
La differenza sostanziale tra quel mondo che soleva guardare al proprio interno cercando di essere in sintonia con l’elettorato di riferimento consiste appunto nella mancanza di umiltà che caratterizza il nuovo corso della sinistra. E’ come se i figli di Togliatti (dal PDS in poi) si fossero illusi di non aver più bisogno di vivere nella società presumendo di conoscerla a menadito con la spocchia di chi non riesce a partorire nemmeno un dubbio.
E’ per questo che invocano manifestazioni zeppe di popolo e poi finiscono con il commissariare il proprio personale politico trasformando le piazze in piazzette e i raduni spontanei in convocazioni spintanee del proprio apparato che non può rifiutarsi per definizione di rispondere alla chiamata facendo da riempipiazza.
Costoro versano in una situazione disperata con un consenso ridotto al lumicino ma continuano a non capire le ragioni profonde di quella che rischia di diventare una vera e propria estinzione soprattutto se messa in relazione con il crescente entusiasmo che ruota intorno al Governo. Entusiasmo che si spegnerà sicuramente sotto i colpi dell’avventurismo politico di una compagine come quella pentastellata che non è attrezzata per sovraintendere ad una situazione così complessa come quella italica.  
Quando le cinquestelle si fulmineranno, la sinistra – troppo occupata a specchiarsi per prendere atto della realtà – griderà al successo della propria opposizione presumendo inoltre che il popolo avrà finalmente compreso che l’unica alternativa seria è quella socialista ed europeista.
Non arriveranno a capire che il governo gialloverde sarà crepato per autocombustione domani così come non capiscono oggi le ragioni profonde che soffiano consenso nelle vele di Salvini e Di Maio. Continueranno a inciampare nei loro presuntuosi errori.
La chiave di volta che esprime plasticamente il dramma di comprensione è tutto in queste parole pronunciate nel corso della manifestazione sopra menzionata: quelli al Governo “sono ossessionati dall’idea di trovare un nemico invece che trovare soluzioni per il Paese. Soffiano sul fuoco ma così un paese non tiene. Un paese non tiene se è governato dall’odio con ministri che passano il tempo sui social a insultare l’opposizione, vergognatevi“. Lo ha detto Maurizio Martina, per gli amici Frà Martina per via di questo suo aspetto smunto da barbuto francescano accompagnato da un eloquio sussurrato e da uno sguardo tra il sognante e l’estasiato.
Al posto suo, chiunque si sarebbe vergognato di attribuire patenti da odiatore professionista agli altri dopo aver passato gli ultimi cinquant’anni a odiare Berlusconi, i presunti fascisti, i razzisti, gli omofobi e prim’ancora i ricchi, gli uomini da contrapporre alle donne (il femminismo), la classe operaia da contrapporre a quella borghese (il conflitto di classe), l’occidente da contrapporre alla Madrepatria russa, il libero mercato da contrapporre al socialismo.
Solo per tornare ai nostri giorni, chi non ricorda gli sbertucciamenti quotidiani contro il nano di Arcore, il demonio, la fonte di tutti i mali, il conflitto di interessi vivente, quello che andava abbattuto per via politica, giudiziaria ed economica.
E chi dimentica le crociate contro chiunque non la pensasse come loro, i rigurgiti autoritari immaginari imbastiti apposta per fare cagnara a buon mercato e le conventio ad excludendum fatte per attribuire patenti di presentabilità politica.
Allora invece di parlare dell’odio sparso dagli altri che somiglia tanto a scuse puerili alla “specchio riflesso”, meglio ammettere che questa volta c’è stato un peccato di comprensione (o di presunzione) perché mentre si ragliava a sproposito di buoni sentimenti, di utopie, di grandi risultati ottenuti al Governo, nel mondo accadeva altro:  nelle periferie cresceva l’insicurezza, l’elettorato filo assistenzialista vedeva nel reddito di cittadinanza il trionfo del socialismo reale, nelle grandi metropoli la pressione dei disperati provenienti dal Nord Africa faceva a pugni con le supercazzole boldriniane e ai diritti civili il pueblo preferiva cose più concrete (maledetti realisti). La destra insomma veniva superata a destra e la sinistra veniva depredata dei suoi cavalli di battaglia. Quelli di sinistra scoprivano di avere problemi di destra e quelli di destra cominciavano a riconoscere la (presunta) validità della questione sociale tanto sbandierata dalla sinistra. Un rimescolamento post ideologico che andava compreso e governato senza distrazioni o superficialità.
A volte basta ammettere di aver preso un abbaglio e chiedere scusa. L’alternativa è perire.



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