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QUI E ORA/ECOLOGIA HIGH COST

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

20
DIC
2018

La legge di bilancio contiene una norma volta a incentivare la sostituzione delle automobili più inquinanti a favore di motori ecologici. Un'ottima iniziativa che però si confronta con il mercato dell'automotive, con la disponibilità degli acquirenti e con la reale copertura economica dell'iniziativa

Biossido di zolfo, monossido di carbonio, ozono, biossido di azoto, PM10, piombo, arsenico, cadmio, mercurio, nichel, idrocarburi. Sono, questi, gli elementi maggiormente imputati dell’inquinamento atmosferico nei paesi industrializzati. La presenza di sostanze chimiche e gassose nell’aria, determina conseguenze nocive all’ambiente e agli esseri viventi e la loro origine è in minima parte naturale ma, fondamentalmente, è di natura antropica. Quello che nel secolo scorso e nel precedente era considerato progresso e, come tale, aveva prevalenza su qualsiasi possibilità di vita sostenibile, oggi è osservato con la massima attenzione per l’ambiente, anche se soltanto quando gli effetti conseguenti si sono ormai rivelati enormemente deleteri. Nella sostanza, se non si dovessero adottare rapide inversioni di tendenza in merito all’emissione di sostanze nocive nell’ambiente, il nostro Pianeta, sarebbe destinato a un veloce degrado impossibile da recuperare. Evidentemente, perché un’azione così massiva sia efficace, deve essere condivisa da tutti gli stati dove le cause d’inquinamento sono maggiori e che sono erroneamente considerati i più evoluti. La reale evoluzione, infatti, viaggia in parallelo con la sopravvivenza delle specie e, salvo che non si confidi nella selezione naturale, è necessario porre in atto misure utili all’abbattimento e la successiva eliminazione delle fonti inquinanti. In tal senso, come in ogni processo logico, è indispensabile individuare le priorità affinché i provvedimenti siano adottati in funzione delle emergenze, anche se, tutte, dovrebbero essere affrontate in un breve lasso temporale. Le fonti inquinanti sono state identificate e classificate da diversi decenni e sono principalmente originate dalle attività produttive, specie quelle industriali, dai mezzi di trasporto, dal riscaldamento e dal raffrescamento domestico, dalla produzione di energia. Con la stessa perizia sono state studiate tutte le misure per ridurle o abbatterle completamente. Ciò che rende difficile l’adozione delle soluzioni all’inquinamento, è l’economia costruita proprio attorno alle maggiori fonti inquinanti tanto da rendere la bonifica della Terra, difficilmente percorribile. Piuttosto che adottare in toto le indicazioni fornite dal Protocollo di Kioto o quelle dell’OMS, gli stati industrializzati restano aggrappati all’economia incentrata su attività nocive che, per totale assenza di lungimiranza o per scelte marcatamente capitalistiche, sono connesse alla condizione occupazionale. A fronte della richiesta di riduzione delle fonti inquinanti, si paventano rischi occupazionali o recessione economica. Questo è, ad esempio, il caso dell’Italia dove, al bisogno di conversione o chiusura delle grandi industrie come l’Arcelormittal ex Ilva, si contrappone lo spauracchio del licenziamento di massa. A questo si aggiunge l’immunità penale per i reati ambientali o, come per TAP e TAV, l’onerosità per il recesso dalla realizzazione delle opere. Nonostante gli effetti dell’inquinamento sull’uomo e sull’ambiente siano evidenti - l’OMS stima 7 milioni di vittime all’anno in tutto il mondo - gli interessi economici riescono a prevalere anche in una così evidente condizione estrema. L’eccessiva procrastinazione degli interventi a favore della salute e dell’ambiente, ha comportato il bisogno impellente di provvedimenti, che si rivelano difficilmente assimilabili dalle popolazioni e oggettivamente inattuabili in breve tempo. È il caso della legge di bilancio discussa nel Parlamento italiano che contiene una norma riguardante la dismissione degli autoveicoli inquinanti a favore della diffusione di automezzi sostenibili. Questa è un’iniziativa encomiabile ma, per com’è stata elaborata, potrebbe essere avulsa dalle realtà economica del Paese. L’eccessivo impiego di mezzi di trasporto individuali contro quelli collettivi è, effettivamente, una delle maggiori cause d’inquinamento a larga diffusione territoriale e, pertanto, è fra le prime da combattere. La norma, però, prevede una penalizzazione direttamente proporzionale alla capacità inquinante dei mezzi, secondo la scala bonus-malus, e un incentivo per l’acquisto di autoveicoli poco o non inquinanti. Nel dettaglio, lo scopo è quello d’indurre la rottamazione della maggior parte delle automobili circolanti, trainate da motori endotermici che impiegano carburanti tradizionali come benzina e, principalmente, diesel. Il parametro adottato per la valutazione, è la quantità di CO2 prodotta, pertanto, chi vorrà acquistare un veicolo nel triennio 2019-2021, sarà penalizzato o premiato in funzione della quantità di C02 che produce. Non sarà, quindi, facile ottenere l’incentivo di 6000 € previsto, se le automobili acquistate non siano alimentate da metano, energia elettrica o da motori ibridi. Così come presentata, la misura, sembrerebbe efficace ma, a confronto con la realtà, non lo è per nulla. Le automobili attualmente presenti sul mercato, infatti, con l’impiego dei parametri imposti sarebbero penalizzate in una percentuale elevata. Al contrario, per fruire del vantaggio, bisognerebbe acquistare veicoli ancora poco diffusi e notevolmente costosi. Di fatto, la legge, anche se variata prima dell’approvazione, si traduce in una grave disparità di trattamento fra categorie sociali poiché potrebbe non favorire le fasce meno abbienti, mentre agevolerebbe quelle agiate già in condizione di acquistare veicoli meno inquinanti ma molto più costosi. Inoltre, la norma potrebbe danneggiare i produttori di autoveicoli tradizionali non ancora pronti ad affrontare le nuove politiche antinquinamento oltre gli standard Euro 6 Temp. La previsione è che sarà agevolata soltanto un’esigua percentuale di acquirenti composta da chi è già indirizzato verso automobili a bassa emissione. Inoltre, il gettito previsto dalla tassazione sarebbe ininfluente allo scopo. Le modifiche alla bozza iniziale, prevedono l'ecosconto fino a 6.000 euro per le macchine elettriche e non inquinanti senza tassare le auto in circolazione, così come l'acquisto di nuove utilitarie e impongono la tassazione di automobili con motori endotermici di alta cilindrata alimentati da diesel o benzina. Sembra già evidente che neppure le varianti al progetto iniziale sortiranno la finalità ecologica preventivata che potrebbe essere subordinata alla disponibilità dei nuovi acquirenti. Lo stesso si può affermare per l’incremento di valori di Co2 da cui far partire l’incentivo. Ai fini della capacità inquinante degli autoveicoli, da settembre 2018, i produttori sono obbligati ad adottare, giustamente, gli standard Wltp e RDE che considerano con maggiore precisione i consumi di carburante e le emissioni di CO2, oltre a quelle di polveri sottili e ossidi di azoto, imponendo la costruzione di veicoli sempre più ecocompatibili. La norma di tutela dell’ambiente, così come formulata senza la consulenza preventiva di figure tecniche competenti del settore, potrebbe divenire un disincentivo all’acquisto delle autovetture lasciando inalterata la condizione notevolmente inquinante del piccolo, medio e grande autotrasporto, pubblico e privato che, di fatto, rientra principalmente nelle categorie Euro 0,1,2 così come i grandi mezzi di trasporto. La promozione della mobilità elettrica non può essere un indirizzo avulso dall’intero piano energetico nazionale che, sebbene mutato, continua a favorire fonti di approvvigionamento tradizionale contro quelle rinnovabili. Circa questo settore energetico, così come il maggior impiego di metano per produrre energia elettrica, è necessaria una pianificazione che escluda nuove opportunità speculative per alcune multinazionali spregiudicate e organizzazioni malavitose, così com’è accaduto nel passato. Le politiche ambientali, evidentemente, richiedono tempi di graduale attuazione, in caso avverso, il rischio più probabile è che siano adottate scelte improvvisate, come nel caso della mobilità sostenibile in Italia che, come quella energetica, è partita con enorme ritardo. È giusto incentivare il totale ricambio degli autoveicoli ma a condizione che l’acquisto di nuovi mezzi sia praticabile da larghe fasce di popolazione e solo se le finalità di difesa ambientale siano attuate anche contro tutte le altre fonti inquinanti. Piuttosto che tutelare incondizionatamente le grandi industrie, ormai economicamente anacronistiche, sarebbe stato più logico valutarle con la logica del bonus-malus, impiegando i proventi della tassazione, per incentivare l’acquisto di nuove auto meno inquinanti. Di fatto, la maggior parte delle autovetture circolanti sul territorio nazionale rientra nelle categorie da Euro 0 a Euro 4, pertanto, la scelta più funzionale sarebbe stata quella di ridurre gradualmente il limite per ottenere l’incentivo, partendo da valori più alti di Co2 previsti dalla Legge di Bilancio, applicando sanzioni crescenti dal 2020 anche sui veicoli da trasporto. Anche l’intento di spingere l’utenza all’uso dei mezzi pubblici, perde il suo significato se questi non siano stati convertiti a metano, elettricità o sostituiti con nuovi veicoli poco inquinanti. Allo stato attuale, è molto probabile che le aziende dell’automotive promuoveranno campagne di svendita delle automobili che non rientrano nell’incentivo, inficiando, anche se parzialmente l’obiettivo ecologista da raggiungere. Non resta, quindi, che osservare le future evoluzioni del mercato per verificare l’esito della manovra.



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