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FELTRI DIXIT/IN PUNTA DI PELO

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

16
GEN
2019

Avviso ai naviganti: in questo pezzo si parla di figa per cui la dissertazione non potrà essere certo dotta come se ci trovassimo a commentare “Paroles” di Jacques Prévert

Sfociare nel maschilismo becero invece sarà un effetto collaterale che abbiamo purtroppo considerato e con il quale abbiamo accettato – si spera simpaticamente - di giocare anche se magari potrà colpire la suscettibilità di qualcuno. A quel qualcuno, sia chiaro sin da ora, non intendiamo chiedere scusa perché per le bagattelle non si paga pegno.
Ma andiamo con ordine: fessa, fregna, mona, passera, patacca, patata, patonza, sorca, topa e addirittura piccione. Regione che vai nomignolo che trovi.
In molti si sono affannati a trovare un sinonimo petaloso all’oggetto dei desideri maschili e addirittura qualcuno ci ha pure scritto una canzone per celebrarne la visione da vicino (La visione - Alternative Version - Elio e Le Storie Tese). Questo per significare al lettore quanto l’oggetto misterioso sia presente nell’immaginario maschile.
Questa volta ad intervenire sull’argomento a gamba testa (si presume la terza gamba) è il sciurdiretur, al secolo Vittorio Feltri.
Chi conosce i sentimenti verso Vittorio Feltri di colui il quale verga questo pezzo triviale, sa benissimo che non troverà nulla che possa minimamente contraddire il Maestro, il Sommo Vate.
E insomma, cazzeggi a parte, in una recente articolessa il Direttore di Libero sostiene che la moda di non depilarsi le ascelle non lo entusiasma perché ci intravvede l’intento femminile di imitare gli uomini ma aggiunge che col tempo si potrebbe anche adeguare in virtù del troppo amore che prova per l’altra metà del cielo.
E, nell’intento di precisare la sua opinione, afferma inoltre: “recentemente mi risulta che molte signore si rasino pure la vulva” come a voler testimoniare un certo disappunto per la notizia appresa di soppiatto, una sorta di disagio “davanti allo spettacolo del sesso femminile depilato”.
Il tutto perché “il pube totalmente privo di lanugine mi ripugna” preferendo “un minimo di morbidezza, di setola che inviti a una carezza”.
Come non apprezzare la proverbiale schiettezza di Feltri e la dovizia di particolari con la quale commenta l’inaspettata notizia che gli è giunta da non meglio precisati ambienti oscuri.
Senza voler minimamente mettere in dubbio il verbo e l’esperienza del Direttore che in fatto di donne al nostro cospetto è un cattedratico, noi più modestamente reputiamo che non sia una questione di outfit o di acconciatura.
La figa la devi saper portare: se la calzi con grazia, con la leggiadria dell’interprete della pubblicità di Nuvenia Pocket, allora non ci sarà pettinatura che tenga.
L’hairstyle delle grazie femminili segue solo le mode del momento mentre la femminilità, il fascino e la sensualità sono requisiti immortali che ti inducono a morire dalla voglia di scoprire come la donna che ti ha fatto salire i bollenti spiriti sia messa lì sotto.
La vulva, anche anatomicamente, giace lì in mezzo: più su c’è il cervello che se ben usato è più potente.
Trovo infatti che questa nuova acconciatura pubica, che potremmo definire punk, sia soltanto un modo per sopperire alla carenza ormai diffusa di femminilità, un incentivo di marketing messo a disposizione delle gentil signore per rendere più splatter e pornoappealing qualcosa che una volta ti facevano desiderare con lo charme (indipendentemente dal look intimo). Loro ti sorridevano e tu gli morivi appresso senza stare lì a chiederti se al posto dell’ormai famoso triangolo avessero forse un rettangolo o un pentagono. Quello della potatura era l’ultimo dei problemi.
La società moderna, diciamocelo con chiarezza, è sguarnita di donne affascinanti (ne esistono pur non essendo la maggioranza) ma è piena zeppa di fighe lesse – quelle sul depresso andante che ti fanno calare la libido alla prima sillaba proferita – o in alternativa di esseri anatomicamente di sesso femminile ma stronze, aride e spietate quasi come gli uomini.
I quali a loro volta appaiono intimiditi da questo nuovo corso femminile tanto da essersi reinventati irsuti come un Talebano pur di celare (male) la loro soggezione provando a ostentare in tal guisa un minimo di virilità perduta.
Volendo banalizzare, non è una questione di materasso - perché tanto in orizzontale poi alla fine non immaginiamo qualcuno che si metta a fare il difficile sulla consistenza della lanugine – bensì una questione di divano ossia relativa a ciò che le donne hanno da comunicare prima o dopo aver fatto roba.
Se una donna sul divano riesce a rapire quello scampolo di materia grigia maschile (e non è molta), allora non c’è lanugine che tenga: ci possono essere anche le treccine di Bob Marley, poco importa.
Attendiamo invece di sapere come il Direttore collochi in una ipotetica scala valoriale le tette e il culo, elementi che hanno pur sempre una loro dignità.



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