MENU

ROCCO CALIANDRO/Oltre l´uniforme

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

17
MAG
2013

 

Tagli alle risorse e al personale, pochi mezzi e allontanamento dai cittadini: difficile indossare una divisa in tempi di spending review. Il segretario regionale generale dell’UGL-Polizia di Stato denuncia la necessità di corsi di aggiornamento per tenere il passo con le altre forze di polizia europee
 
 
Nell’ufficio al secondo piano della caserma di corso Italia, dove teniamo l’intervista, rimaniamo incuriositi da un manifesto che sintetizza al meglio ciò che sta avvenendo in Italia. In primo piano c’è un anziano agente di polizia, dall’aspetto che ci ricorda il leggendario Marchë Pollë di Taranto (il simbolo tarantino della fortuna dal berretto marinaresco, quello che esclamava a vuè mo?). Alle spalle dell’anziano poliziotto, un giovane palestrato in canottiera impugna un mitra e guarda indietro, verso l’osservatore. Accanto al ragazzo ci sono delle indicazioni stradali particolari: Camorra, ‘drangheta, Sacra Corona Unita, Mafia, alle quali è allegato un avviso: “cercasi giovani”. Il titolo del manifesto fa riferimento al “regalo” che l’austerity di Mario Monti avrebbe fatto alle associazioni criminali, ossia giovani braccia, depauperando di conseguenza la Camorra di nuove leve. 
Di questo e di altro ne parliamo con Rocco Caliandro, segretario regionale generale dell’UGL-Polizia di Stato. Ha 53 anni, è originario di Villa Castelli (BR) e ha iniziato la carriera a Bolzano, nell’87. Ha operato a Reggio Calabria nei periodi caldi di guerra alla mafia, poi è arrivato a Taranto, dove opera nella DIGOS. L’attività sindacale è iniziata durante il periodo passato a Scanzano Jonico, in provincia di Matera, spinto dal consiglio di un suo amico fraterno, che lo ha indotto in quest’attività che ha preso piede nella sua vita, togliendo però tempo anche alla sua vita privata e famigliare. «Ma per fare questo» dice, «uno ci deve credere».
 
 
Iniziamo l’intervista dall’effetto “spending review”. Quanto ha inciso sul lavoro della Polizia la politica austerity di Mario Monti? E quanto nel meridione d’Italia? 
«In tutte le periferie, negli uffici che non siano quelli centrali, fondi per attrezzature e materiale vario ne arrivano in minor parte. Si vede ad occhio, a cominciare dalle strutture fino ai mezzi di trasporto e alle tecnologie. Non credo che ci sia davvero differenza tra nord, nei suoi piccoli centri, e sud Italia. Mi chiede cosa sta succedendo, dopo questi tagli? Ecco, siamo un passo indietro rispetto alla criminalità e a tutte queste nuove intelligenze che sono tecnologicamente più preparate. Ciò che ci differenzia e ci permette di andare avanti nel nostro lavoro sono soprattutto la buona volontà e l’abnegazione del personale». 
 
Fino a quando si potrà contare su questi princìpi? Quanto la buona volontà e l’abnegazione possono durare senza un’adeguata compensazione tecnologica e materiale? 
«Dureranno sempre. Noi abbiamo fatto un giuramento, crediamo nei nostri ideali, crediamo in quello che facciamo e quindi durerà sempre. Certo, spesso contestiamo i problemi evidenti, che ci attanagliano e non ci fanno lavorare in sicurezza, e la sicurezza è la cosa più importante».
 
Dei tagli ha risentito anche la tradizionale Festa della Polizia. 
«Il nostro sindacato per tanti anni ha partecipato alla Festa della Polizia, dato che durante la festa stessa ci è stato possibile portare l’attenzione su quei problemi sopradetti. Ora, diciamo anche che i fatti ci hanno dato ragione: chi di dovere ne ha preso coscienza, a Roma, e se da un punto di vista economico bisognava tagliare sui fondi, era necessario fare lo stesso per alcune manifestazioni. Tuttavia ne risente un aspetto importante, da non sottovalutare: la Festa serviva a socializzare col cittadino che difendiamo giorno per giorno; così, se da un lato era necessario tagliare anche i fondi per le manifestazioni, si rischia l’estremo opposto, cioè la chiusura nelle caserme e l’allontanamento dalla cittadinanza. Ci stiamo chiudendo nei nostri uffici e così va a mancare il contatto con la cosa pubblica».
 
Il rapporto poliziotto-cittadino è una questione attuale. Ricordiamo quanto è accaduto a Roma il giorno del giuramento del nuovo governo. La sparatoria del 28 aprile è forse indice di questo distacco? 
«Non è da sottovalutare ciò che è successo a Roma quel giorno. E’ un fatto grave e particolare, soprattutto perché la gente non ha più fiducia nei politici e nella politica, però politica e politici sono salvaguardati da noi, come tutti. Ma la gente, disperata, anche se inconsciamente, ci rende i primi obbiettivi da colpire, e questa volta ne hanno fatto le spese due nostri poveri colleghi che erano lì per fare un servizio di vigilanza e mantenere l’ordine pubblico, a vantaggio di tutti».
 
Al binomio aggiungiamo un nuovo elemento. L’equazione diventa politico-poliziotto-cittadino. Ora, dal punto di vista del cittadino (spesso disperato) il poliziotto è il “soldatino” del politico. Ma dal punto di vista del poliziotto, cos’è il cittadino e cos’è il politico? Da che parte stare, se è lecito parlare di parti?
«Noi stiamo dalla nostra parte. Faremo tutto affinché lo Stato paghi per far fronte a queste insufficienze che riscontriamo, ma stiamo dalla parte delle istituzione e dei cittadini, per tutti alla stessa maniera. In poche parole, siamo tutti uguali, le differenti etichette non significano niente per noi. Un poliziotto è anche un cittadino. Un cittadino può anche essere politico».
 
Se Lei volesse fare una proposta a chi detiene il potere di cambiare le cose e di gestire le forze di Polizia quale farebbe?
«Chiederei di dare alle forze di Polizia più dignità e di fornire più mezzi per lavorare bene. Diciamo che abbiamo delle difficoltà per quanto riguarda il personale, perché chi va in pensione, in poche parole, non viene sostituito. Se potessi, opterei per assunzioni e per concorsi nuovi. Abbiamo bisogno di ragazzi e di gente giovane! Oggi i ragazzi diplomati sono molti di più, quindi avrebbero una forma mentis diversa rispetto a quella di tanti anni fa. Infine, ma non meno importante, taglierei sui veri sprechi, che sono tanti. Ci sono troppi sprechi nello Stato, e parlo in generale; tolti questi, investirei nel rinnovamento, che non è tanto l’acquisto di nuovi mezzi o nuovi computer. Rispetto alla criminalità, a queste nuove mafie dal colletto bianco, noi siamo un passo indietro. Investirei sulle persone, prima di tutto».
 
Il fattore umano è fondamentale, ma spesso le amministrazioni si limitano ai numeri. Si tagliano cifre, siano esse riferite a euro o a persone. Ma i poliziotti, come i cittadini, sono pur sempre uomini.
«Infatti succede questo. Abbiamo commesso degli errori, è vero. Siamo sempre uomini, ed è proprio questo che, insieme al fatto di essere poliziotti, ci rende più vicini al cittadino. Sappiamo quali sono le esigenze del Paese; sappiamo quali sono le difficoltà quotidiane e, anche se abbiamo commesso degli errori, la volontà e il nostro modo di operare non è solo colpire di manganello, come spesso ci accusano durante alcune manifestazioni. Siamo anche persone, che iniziano a lavorare alla mattina presto, all’alba, fino a sera inoltrata; di notte stiamo ancora per strada, a volte anche a digiuno. E l’uniforme ci impone di controllare noi stessi, a non cadere nella trappola dell’istinto, che è comune ad ogni uomo. Però riusciamo a superare queste difficoltà. I nostri ideali sono più forti dell’istinto. L’unica cosa che non riusciamo ancora a fare, ma ci riusciremo, è quello di dimostrare il contrario a chi ci addita come manganellatori, come spesso l’opinione pubblica ci dipinge».
 
Per essere poliziotto oggi in Italia, che caratteristiche, professionali e umane, sono assolutamente necessarie?
«E’ passato il periodo del terrorismo, da non sottovalutare comunque, o il periodo delle grosse difficoltà. Dobbiamo essere messi in pari alle altre forze di polizia, a livello europeo e internazionale. Dobbiamo sforzarci di migliorarci, magari con addestramenti mirati e corsi di aggiornamento affinché il poliziotti abbia una marcia in più e un atteggiamento diverso rispetto a queste problematiche che ci attanagliano».
 
Il sindacato UGL-Polizia di Stato come si muove, in questo senso?
«L’UGL, da molti anni, è tra le prime forze sindacali della Nazione. Ha degli ideali che sono ispirati dalla sigla stessa. Non scordiamoci che noi abbiamo dei contratti fermi da molti anni e ai tavoli di trattativa e del ministero portiamo avanti i nostri princìpi, che sono ben saldi. Cerchiamo la giusta misura tra la sicurezza e l’economia».
 


Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor