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Imperativo: accoglierli!

Pubblicato da: Categoria: ATTUALITA'

2
MAR
2012

 

Mentre nel CIE (Centro identificazione espulsione) di Ponte Galeria a Roma si verificano assalti alla Croce Rossa da parte degli ospiti, probabilmente sfrenati dal sovraffollamento della struttura e dalle cattive condizioni, qualcuno esalta  il centro come un albergo a 4 stelle, e qualcun altro ribatte definendolo un lager. La Commissione Europea di Strasburgo ha dichiarato colpevole l’Italia, per aver espulso gli emigrati nel 2009, e per aver trasgredito tre principi fondamentali della Dichiarazione dei Diritti Umani. E’ abbastanza evidente che la questione dell’immigrazione, nel nostro Paese, non è ben tollerata, ma sono del parere che non bisogna mai generalizzare troppo, l’eccezione c’è sempre. Ho avuto il piacere qualche giorno fa di essere stata invitata dalle associazioni Babele e Villa Delfina, che ospitano e si occupano di 62 immigrati a Taranto, a una festa da loro e per loro organizzata. Il clima era sereno e giocoso: mentre ci si apprestava a consumare la cena a base di riso e pesce, e pollo accompagnato con il bancù (composto a base di farina e acqua), qualcuno cominciava a cantare al microfono. Subito dopo la cena gli ospiti della struttura, insieme a tutti gli invitati si sono divertiti ballando. Un ragazzo in particolare ha colpito la mia attenzione, Nourou Ndiaye Seck, soprattutto per la collana di legno, abbastanza vistosa, un portafortuna e sicuramente un ricordo della sua terra, il Senegal.
Da quanto tempo sei in Italia?
«Da due anni; sono stato prima a Treviso, e facevo il saldatore, e guadagnavo abbastanza; ma il lavoro mi ha rovinato gli occhi, non avevo protezioni e son dovuto andar via.»
Dove?
«Ad Olbia, facevo il lavapiatti. Dopo qualche mese son venuto in Puglia, a Grottaglie, e per 5 mesi ho fatto il venditore ambulante: vendevo sciarpe, cappelli e guanti. Successivamente mi son spostato a Taranto, dove ho scoperto questa bella realtà. L’associazione Babele mi ha aiutato ad inserirmi e a sistemarmi con i documenti necessari; mentre Villa Delfinia mi ha assunto come custode della struttura, in cui  lavoro dalle 19.00 alle 7.00.»
Naturalmente erano presenti alla festa, i rappresentanti delle due associazioni.
Dottoressa Palumbo, come trascorrono la giornata nella struttura di accoglienza?
«L’orientatrice legale si occupa della raccolta di memorie per poter ricostruire la loro storia, che poi sarà portata in commissione, altri di loro seguono lezioni di italiano divisi in due gruppi, a seconda del livello di conoscenza e di alfabetizzazione. Ogni giorno fanno sport presso Moustaki, la palestra popolare del Palafiom, organizzando anche campionati di calcio. Si sta provvedendo a inserirli in corsi professionali, patrocinati dalla Regione, Provincia o dall’Ufficio di Collocamento, o almeno, trovare qualcuno che possa venire e insegnare loro un mestiere che sia anche riconosciuto: molti di loro hanno delle qualifiche che qui non hanno valore. Spesso son coinvolti dai ragazzi di “Ammazza che Piazza”, per la pulizia delle piazze e delle aree verdi; alcuni di loro sono stati già assunti dalla struttura, per i servizi di ristorazione e pulizia. Attualmente si sta provvedendo a quella che è la documentazione: tessere sanitarie per la copertura sanitaria e farmaceutica, codice fiscale, carte di identità e la residenza per tutti; chi è ancora sprovvisto di documenti, ha l’attestato di protezione, che vieta l’espulsione nel caso in cui venga fermato.»
Incontrano difficoltà per integrarsi e trovare lavoro?
«Oggettivamente non c’è lavoro, e molti sono penalizzati dalla lingua, non conoscendo l’italiano. Gli ostacoli sono prettamente burocratici, ma da parte della collettività non incontrano ostilità, li hanno ben accettati, anche nel vicinato.»
In che condizioni arrivano in Italia, psicologicamente e fisicamente?
«Psicologicamente sono molto provati, perché il viaggio è pericoloso, e molti di loro sono a conoscenza di amici che son partiti prima e non sono arrivati; le imbarcazioni  possono ospitare la metà di quelli che portano, e parecchi non sanno neanche nuotare, perché provengono dall’Africa centrale in cui non c’è il mare. Arrivano fisicamente disidratati e dimagriti, considerando che in tanti  provengono da altri paesi di origine, quindi per arrivare in Libia hanno sostenuto altri viaggi, con camion nel deserto; sono viaggi di mesi, non di giorni, vi è infatti un ricorso frequente al medico.»
Il tunisino Hassen, mediatore culturale dell’Associazione Babele, in Italia da 9 mesi, racconta la sua esperienza, spiegando la sua funzione all’interno dell’associazione. «Essendo mediatore culturale, faccio da interprete durante l’audizione: i ragazzi non sanno bene l’italiano e io so parlare l’arabo, l’inglese, il francese e l’italiano. Mi sento molto vicino a loro: come loro sono arrivato prima a Lampedusa, poi a Manduria e infine qui, dove l’associazione Babele mi ha offerto quest’opportunità.  Giunto in Italia, non conoscevo l’italiano, avevo bisogno di aiuto per i documenti, e l’associazione Babele mi ha dato una mano, sostenendomi anche psicologicamente.»
Come ti trovi con loro?
«Con l’associazione sto molto bene e anche con i ragazzi ospitati; cerco di far capire loro che bisogna avere pazienza, perché ci vuole molto tempo per sistemare la loro condizione in Italia. Loro si lamentano per la lentezza burocratica, ma io spiego loro che bisogna aspettare, c’è un rapporto di fiducia oramai.»
Valentina, una delle amministratrici di Villa Delfinia, descrive come viene gestita la struttura. «La mattina raccogliamo tutte le loro richieste in base alle loro esigenze, che possono essere il taglio di capelli, bagno schiuma, o visite dal medico. Subito dopo, organizziamo le pulizie e il cambio degli indumenti e tutta la manutenzione che è necessaria. Nel pomeriggio i tre ragazzi di turno attuano le richieste raccolte.»
La Protezione Civile ha provveduto a erogare i finanziamenti?
«Si prevede che i finanziamenti arriveranno dopo 90 giorni dalla stipulazione del contratto, poi rinnovabili per altri 90 giorni, poi ancora per sei mesi; per il momento stiamo anticipando tutto noi.»
La Protezione Civile effettua delle ispezioni di controllo all’interno della struttura?
«No, non occorre; la mattina col dottor Nicolò raccogliamo le presenze, dato che i ragazzi hanno la possibilità di uscire, e il pomeriggio, mandiamo un fax alla Protezione Civile con i nominativi dei ragazzi che sono usciti e che rientrano, oltre ad indicare ciò che accade e di cui hanno bisogno.» 
 


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