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(IN)COSTITUZIONE Parte prima

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

9
AGO
2013

Dopo la grande abbuffata di retorica nazionalista che ci ha sommerso durante tutto il 2011, occasione propiziata dalle celebrazioni per i 150 anni dell’unità d’Italia, in cui la parte del leone l’ha fatta l’elogio della magnificenza della nostra Carta Costituzionale e dopo l’istrionica divulgazione che della stessa ne ha fatto Roberto Benigni, sia sul broadkasting nazionale che nelle piazze d’Italia, eccedendo nella consueta mancanza di sobrietà, sembra calato il sipario sulla legge fondamentale del nostro Paese salvo essere sbandierata ciclicamente per motivi faziosi.

Con lo spirito da bastiancontrario che mi distingue, vorrei riaccendere per un momento un faro sulla Carta fondamentale della Repubblica per sottolineare due aspetti che, per superficialità o per ipocrisia, vengono bellamente ignorati quando se ne parla. Il primo aspetto riguarda l’enfasi con cui ci rivolgiamo alla nostra Costituzione proclamando che essa è la più bella del mondo. Innanzi tutto mi piacerebbe sapere quanti di noi italiani l’abbiamo letta, seppure distrattamente anche solo una volta, e quante altre costituzioni nazionali, da quella americana a quella francese, abbiamo letto per considerare la nostra la più bella. Con molto pudore vorrei dire che tutte le carte costituzionali rappresentano l’animo e lo spirito dei popoli che le producono, spesso con il sacrificio del sangue dei propri figli, e come tali parimenti formalmente belle ma il cui valore è direttamente proporzionale alla loro reale applicazione. E qui è il secondo aspetto della mia riflessione. Quanta parte della nostra Carta è stata e viene applicata, e quanta parte è stata ed è completamente disattesa? La risposta che ho trovato è drammaticamente crudele: la nostra Costituzione è oggi simile al cenacolo vinciano, un capolavoro assoluto destinato a scomparire per le ingiurie del tempo e degli uomini. Le prove? Prendiamo velocemente in rassegna i principi fondamentali racchiusi in alcuni dei primi dodici articoli.
Art. 1 – “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo……”. Già qui cominciano i problemi. Può una repubblica fondata sul lavoro permettersi di contare 7 milioni e 200 mila disoccupati, il 12% della popolazione, e che lo sia ben il 40% della popolazione giovanile, coloro i quali cioè dovrebbero essere i soggetti maggiormente tutelati? Quanto alla sovranità del popolo il concetto è inapplicato se è vero, come è vero, che nessuno di noi può scegliersi i propri rappresentanti se non quelli imposti nel chiuso delle segreterie dei partiti politici. Inoltre lo strumento referendario, che dovrebbe essere la massima espressione della sovranità popolare, ha una funzione puramente abrogativa e non può essere mai propositivo, cosa che, di fatto, limita fortemente ogni diritto di sovranità.
Art. 2 – “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo………….e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Tra i tanti diritti inviolabili il più significativo è, a mio avviso, la garanzia di una vita dignitosa e degna di essere vissuta. Ebbene nel nostro Paese 8 milioni di cittadini vivono al di sotto dei limiti di povertà compatibili con la sopravvivenza e milioni di pensionati ricevono sussidi previdenziali insufficienti. A fronte di queste inadempienze lo Stato pretende il rispetto inderogabile dei doveri di solidarietà, tra i quali i pagamenti di tasse e balzelli insopportabili, con evidenti sperequazioni a discapito dei soggetti più deboli.
Art. 3 – “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” È indubbiamente l’articolo più controverso ed il più disatteso della nostra Costituzione. Tutti noi sappiamo bene, anche per viverlo quotidianamente sulla nostra pelle, che ai cittadini non è garantita la pari dignità sociale (come si evince anche da quanto detto prima) e che le discriminazioni sessuali, razziali, linguistiche, religiose e di opinioni sono la norma nel contesto storico che stiamo vivendo. La legge non è uguale per tutti come è testimoniato tragicamente da molte vicende giudiziarie che hanno travolto la civiltà giuridica del nostro Paese negli ultimi decenni.
To be continued…….



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