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La terra dei limoni

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

1
GIU
2012

 

Ora che la politica locale si è stabilizzata dopo il turbinare vorticoso delle amministrative, rimane l’attesa di conoscere le squadre di governo. Qualche nome – fra i più papabili – ci piace, qualche altro ci piace un po’ meno, ma tant’è: sono in piena fase disintossicante e perciò parlerò di tutt’altro. Lettori avvisati.
«Kennst du das Land, wo die Zitronen blühn?»«Conosci tu la terra dove fioriscono i limoni?» scriveva Goethe, evidentemente riferendosi ai suoi ricordi da Grand Tour in Italia. La frase è stata ripresa in una battuta del film “Ludwig” di Luchino Visconti (girato nel 1973) e usata durante un dialogo tra l’imperatrice Elisabetta d’Austria (Romy Schneider) e Ludwig II di Baviera (Helmut Berger). Ludwig-Helmut rivelava in quella scena il suo amore – platonico, perché era omosessuale – per l’imperatrice, e Elisabetta-Romy, un po’ subendone il fascino, un po’ giocandoci come il gatto con il topo, gli raccontava la sua vita, compresi i viaggi nella terra dove fioriscono i limoni, appunto. Stessa attrice, stesso personaggio, ma quanto diversa è la Sissi della trilogia di Ernst Marischka girata nel 1955 (riproposta in tv ogni anno e sempre con ottimi ascolti) rispetto a quella di Visconti: la prima, con una Schneider diciassettenne, offriva una versione edulcorata e romantica dell’imperatrice d’Austria, innamorata del suo Franz (l’attore Karlheinz Böhm) e titolare di genitori molto alla mano, affiatati fra loro e lontani dal rigido stile di vita di corte. Il ritratto più somigliante al vero è in realtà quello viscontiano: Elisabetta fu una donna bellissima, tormentata, nevrotica e anoressica. Franz Joseph, l’imperatore, pur essendo sinceramente affezionato, si dedicò ben presto a figure femminili meno problematiche e più rassicuranti, lasciando che la moglie si dedicasse a viaggi dai ritmi forsennati che avevano più il sapore di una fuga. E in effetti Sissi aveva buoni motivi per fuggire: un padre dalla personalità eccessiva, una madre fredda e frustrata, un marito (e una nazione) perennemente in guerra, una suocera despota e dei figli cresciuti da estranei.
Quando Romy Schneider girò i tre film di Marischka, tra il ’55 e il ’57, era un’adolescente figlia di attori che non aveva molta voglia di intraprendere la carriera di famiglia, ma spinta dalla madre, Magda Schneider, di cui adottò anche il cognome, iniziò a girare una serie di film in cui impersonava fanciulle ingenue ed entusiaste, destinate a un romantico happy end. In seguito, l’attrice cominciò a prendere sempre più le distanze da questi ruoli leggeri, dalla madre e dal patrigno manager. Nel film di Visconti, non c’era già più nulla sia della Sissi che l’aveva resa famosa sia della giovane Schneider costretta a soddisfare le aspettative e le ambizioni della madre (che tra l’altro impose la sua presenza recitando accanto alla figlia in molti film durante la prima parte della sua carriera). Nel ’73 Romy era ancora molto bella, ma il suo equilibrio emotivo era già stato fortemente scosso da una vita sentimentale turbolenta, complicata dalla fine di due matrimoni e dalla rottura con Alain Delon. Depressione e alcolismo accompagnarono la seconda parte della sua carriera, con ruoli di maggior impegno che ne evidenziavano il temperamento drammatico.
Il finale è stato tragico per entrambe: per Elisabetta d’Austria, che morì nel 1898, sempre più nevrotica, pugnalata da un anarchico che aveva deciso di puntare sull’imperatrice una volta fallito il suo attentato al Duca d’Orléans; per Romy Schneider, che dopo aver perso il figlio quattordicenne (rimasto infilzato nel cancello che tentava di scavalcare) fu trovata morta nel 1982, a 44 anni, ufficialmente a causa di un attacco cardiaco.      


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