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Claretta, Lino e zio Giacinto

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

29
GIU
2012

 

Oggi si parla di toponomastica, che non è la scienza che studia i roditori con difficoltà di articolare la mandibola, bensì si occupa dei luoghi (dal greco topos) e dei nomi (onoma).
È firmata Pierfranco Bruni la proposta di intitolare luoghi urbani a Claretta Petacci, l’amante di Benito Mussolini. Bruni, intellettuale, scrittore e poeta di origini calabre, è autore del romanzo “Passione e morte” che, ça va sans dire, racconta la storia d’amore tra il Duce e questa benedetta ragazza di buona famiglia che decide di legare il suo destino all’uomo che ama e fa una brutta fine. Claretta, nata Clarice, era fan sfegatata di Mussolini già prima di incontrarlo di persona: se solo fosse nata qualche decennio dopo, avrebbe avuto nella sua stanza i poster di Simon Le Bon, invece –purtroppo quello offriva la piazza dei miti viventi di allora- scriveva lettere appassionate a quel macho di duce. Qualche anno dopo, appena ventenne, ebbe la fortuna di incontrare l’idolo del suo cuore durante una gita in auto: lui era solo, lei accompagnata da quello che sarebbe diventato poi suo marito. Lei andò a trovarlo a Palazzo Venezia, lui le concesse udienza e anche qualcosa di più. Divennero amanti, nonostante lui fosse sposato e lei pure: lui non avrebbe mai lasciato la moglie, lei sì, con una separazione ufficiale datata 1936. La liaison continuò con buona pace di tutti: Claretta fu docile e paziente, Benito continuava a fregarsene, come recitava il suo motto, del possibile scandalo, donna Rachele tollerava e si dedicava al suo “orto di guerra” a Villa Torlonia, non sapendo che, poco meno di un secolo dopo, anche la moglie del primo presidente americano di colore avrebbe seguito la sua lezione e piantato le zucchine nel giardino della Casa Bianca. Nel 1945 Claretta, uccisa insieme al suo Ben, finì appesa per i piedi alla pensilina del distributore di carburanti Esso a Piazzale Loreto, con una spilla da balia che le chiudeva pudicamente la gonna alla vista della folla. Pare che le fosse stata offerta una via di fuga, ovviamente rifiutata visto il finale. Ora, Bruni propone che siano intitolate vie cittadine alla memoria di una donna che ha tanto amato. Penso senza tema di smentita che molte donne possano fregiarsi dello stesso merito e dello stesso spirito di sacrificio, anzi, ancora di più se possibile. Altro che vie: a certe donne, tante, di tutte le epoche e di tutti gli strati sociali, eroine di un quotidiano silenzioso e anonimo, andrebbero dedicate piazze, viali, circonvallazioni e tutte le possibili espressioni di ingegneria civile. Il fatto che Claretta abbia molto amato quell’uomo non eleva le sue qualità morali: sarei stata d’accordo anch’io a intitolarle una strada, ma solo se lei avesse avuto qualche merito oltre alla passione, se avesse avuto per esempio il coraggio di dire: «Ben, vuoi la verità? io non condivido l’approvazione delle leggi razziali in Italia e non condivido l’alleanza con quell’esaltato di Hitler. E se proprio la vuoi sapere tutta, tu sei un violento, un mascalzone, un bruto e pure assassino, e francamente quel tuo modo di atteggiarti davanti alla folla mi pare pure un poco ridicolo». Ecco, in quel caso sì che Claretta sarebbe stata meritevole di dare il nome a una strada.
Veniamo ai toponimi martinesi. Fra i “pretendenti” alla via, meritevoli di essere presi in considerazione, ce ne sono tre. Il primo, per quanto possa importargliene ancora, è Giacinto Colucci, con cui condivido cognome e qualche pezzo di DNA. Zio Giacinto (1868-1930) è stato medico, ufficiale, politico e filantropo, diresse l’Ospedale di Martina e lo migliorò di molto, organizzò agli inizi del ‘900 corsi per istruire i contadini ai tempi dell’infezione fillosserica nei vigneti e, insieme a una Commissione di cui facevano parte anche Paolo Grassi e Davide Carriero, si batté –inutilmente- per evitare che Palazzo ducale fosse venduto diviso in lotti ai migliori offerenti. Scrisse un trattato sull’arteriosclerosi e diresse l’Ospedale Militare di Taranto.
Ancora: il 31 ottobre 2005 Angelo Marotta, 45 enne operaio martinese, si calò in un tombino in viale Stazione per sturare la fogna. Il suo corpo venne recuperato 16 ore dopo, trascinato nel canale della fogna, dai liquami, per decine di metri e sette sotto il livello stradale. La proposta di dedicargli il nome di una via è di Franco Massafra, segretario della Federazione della Sinistra, e noi non possiamo che essere d’accordo.
Last but not least: Lino Cassano, imprenditore, co-fondatore di una realtà economica conosciuta ben oltre i confini martinesi. Molti ancora ricordano la sua sensibilità di mecenate nell’incoraggiare e sostenere progetti culturali e artistici. Questi nomi, a nostro avviso, meritano di essere ricordati più di quello della sfortunata e tragica Claretta.         
 



Commenti:

Angelo Raffaele Colucci 17/SET/2012

Ancora complimenti per quanto scrive, la cultura, la competenza e lo spirito veramente gradevole che ammiro. Grazie ai suoi interventi, spero in un viale o almeno un piazzale per lo zio Giacinto, di cui condividiamo una quota di DNA! Cordialmente, cari saluti. x Dott: Rosa Colucci

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