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IL GRANDE IMBROGLIO

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

22
AGO
2014
In anteprima per i lettori di Extra Magazine il primo capitolo del nuovo libro di Vito Pietro Corrente
 
La vita di ogni uomo è scandita e guidata dalla presenza delle donne che popolano i cicli della sua esistenza terrena.
All’inizio è il gineceo formato dalle mamme, le sorelle, le nonne, le zie, le cugine e, a volte, anche dalle tate; poi nell’infanzia arrivano le compagne di giochi, di studi e le maestre; l’adolescenza e la giovinezza sono costellate di amori, veri o presunti, e di morose; la maturità è gestita dalle mogli, dalle colleghe di lavoro e dalle amanti, vere o presunte; infine si torna al gineceo con le figlie, le nipoti e, purtroppo sempre più spesso, con le badanti.
È evidente come nell’universo maschile l’altra metà del cielo rappresenti un orizzonte ben più ampio della semplice metà, un orizzonte carico di simboli ancestrali, di implicazioni emotive e di complesse relazioni interpersonali.
Se questa lapalissiana constatazione è vera, e non vedo come possa essere confutata, da molti anni cerco una risposta credibile a una domanda ineludibile: perché la Donna è stata ed è considerata oggetto e non soggetto, al pari dell’Uomo, nella storia dell’Umanità?
Sembra quasi che una sorta di pensiero unico si sia impadronito del genere maschile, attraversando immutabile i secoli ed in modo trasversale le diverse espressioni culturali.
Il principio attivo su cui si sviluppa questo pensiero unico è stato enunciato nei suoi Commentari da San Tommaso d’Aquino “Oggetto necessario, la donna, per preservare la specie.” Oggetto, appunto, non soggetto!
Pitagora, già nel VI secolo a.c., ci propone una chiave di lettura filosofica della presunta supremazia genetica “C’è un principio buono che ha creato l’ordine, la luce e l’uomo, e un principio cattivo che ha creato il caos, le tenebre e la donna.”, mentre Euripide, due secoli dopo, rafforza il concetto in modo innegabilmente più prosaico “La donna è il peggiore dei mali”.
Se la logica di una delle menti più raffinate dell’affascinante avventura del pensiero umano, Aristotele, ci illumina affermando che “l’uomo è per natura superiore, la donna inferiore; il primo comanda, l’altra ubbidisce, nell’uno vi è il coraggio della determinazione, nell’altra quello della subordinazione”, anche il pensiero latino ci ammonisce con perle di saggezza femminofobica “Il sesso femminile, se lo si lascia fare, è crudele, ambizioso e avido di potere.” (Publio Cornelio Tacito), “La donna è un male necessario!” (Aulo Gellio).
Questo nelle civiltà classiche di cultura politeista, finché non irrompe sul proscenio della Commedia umana, con la forza di un uragano, il monoteismo cristiano figlio primogenito dell’ebraismo che cala sul tavolo della storia il suo carico da undici. “Nelle chiese le donne tacciano” (Paolo di Tarso ai Corinzi), “La donna è la porta dell’inferno” (Tertulliano), “Ogni donna dovrebbe essere accecata dalla vergogna al pensiero di essere donna” (Tito Claudio Clemente teologo ed apologeta cristiano, meglio conosciuto come Clemente Alessandrino).
Si potrebbe pensare che l’impulso dato al pensiero scientifico e il taglio del cordone ombelicale dal pensiero teocratico iniziato con l’Umanesimo e il Rinascimento, ristabilisca il giusto equilibrio tra i generi. E invece sentite come si esprime a tal proposito Leon Battista Alberti, considerato il prototipo umanistico dell’Uomo Nuovo, “Nulla si trova così da ogni parte stomacoso, quanto una femmina sbardellata e sporca”. Anche nell’ambito del cattolicesimo la rivoluzione riformista luterana naufraga miseramente se lo stesso Martin Lutero si lascia andare a una scadente battuta da osteria: “Dio ha creato Adamo padrone e signore di tutte le creature viventi, ma poi Eva ha rovinato ogni cosa”. 
(Continua sul prossimo numero)
 


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