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Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

30
GEN
2015
È possibile che , al fine, abbia ragione Beppe Grillo da Genova, il quale da anni ci esorta a guardare ad internet ed alla rete come l’unico luogo dove si fa la vera politica oggi, la politica vicina ai cittadini e fatta dai cittadini. In realtà fa una certa impressione constatare come si allarghi sempre più la distanza tra politica reale, fatta dalle storie della gente comune e di cui si discute sui social network, e la politica virtuale che appassiona gli inquilini dei palazzi del potere. Fatta la debita tara degli inevitabili eccessi, insulti e caricature di dubbio gusto, tra satira e denunce sociali si possono leggere chiaramente i temi che accendono la passione civile degli italiani a cui i politici rispondono con arrogante menefreghismo. In questi giorni mi hanno colpito particolarmente, ad esempio, due post che ho ricevuto sulla mia pagina Facebook. Il primo mostra le foto di tre Presidenti del Consiglio, che si sono succeduti negli ultimi anni, accompagnate ciascuna da una loro allocuzione. Il primo è Silvio Berlusconi che “vedeva i ristoranti pieni….”, il secondo è Mario Monti che “vedeva la luce in fondo al tunnel….”, il terzo è Matteo Renzi che “vede le famiglie italiane arricchirsi….”. il commento che ne segue, “Ma che c…o si fumano”, certamente prosaico, è più lucido di un editoriale di Angelo Panebianco, con tutto il rispetto per il Professore. Il secondo post, molto più alto intellettualmente, riporta una frase di quel gigante del giornalismo che è stato Indro Montanelli, dirompente nella sua sublimazione del paradosso “La sinistra ama talmente i poveri che ogni volta che va al potere li aumenta di numero”. Ma sono le denunce di tutto ciò che rende la nostra vita difficile che fanno della rete un osservatorio privilegiato, ed inascoltato da chi è stato eletto per risolvere i problemi reali della popolazione. Le testimonianze dirette dell’impoverimento di interi segmenti della società che non sono protetti da alcuna tutela sociale. La preoccupazione crescente per il degrado dei quartieri delle nostre città abbandonati nelle mani, sporche, di falangi di rom ed immigrati clandestini che hanno istituzionalizzato gli atti di delinquenza comune, forti della certezza dell’impunità. L’abbandono in cui versano le fasce più deboli della società, gli anziani e i bambini, condannati i primi alla morte per inedia e sfinimento, e i secondi alle crescenti violenze fisiche e psichiche. La violenza sistematica e incontrollata nei confronti delle donne, considerata ormai ineluttabile. La licenza di uccidere concessa ad automobilisti criminali, ai quali non viene fatto scontare neanche un giorno nelle patrie galere nonostante guidino senza documenti o sotto l’effetto di alcool e stupefacenti. La lista infinita delle morti bianche sui posti di lavoro, in spregio delle più elementari norme di sicurezza, mai fatte rispettare dalle autorità competenti. Che dire delle pensioni da 400 euro al mese, un insulto inaccettabile, e le pensioni da centinaia di migliaia di euro annue regalate a squallidi sciacalli che vengono anche candidati alla Presidenza della Repubblica. Del tutto indifferenti a tutto ciò nel Palazzo si discute di Legge elettorale e di accordi per nominare il Capo dello Stato. Mi viene da chiedere “cui prodest?” e ancora, parafrasando Cicerone, “quousque tandem abutere, Renzi, patientia nostra?”. Infine vorrei chiedere scusa ai puristi della Lingua se, per una questione di sintesi, ho mischiato nel titolo il diavolo (la parola anglosassone) con l’acqua santa (il verbo latino). Prometto di non cadere più in tentazione.
 


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