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STATE SERENI, ANZI NO!

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

3
APR
2015
“Parole parole parole, parole parole parole,…”. La famosa canzone di Mina del 1972 pare scritta ieri in onore, o in disonore come preferite, del nostro impenitente giullare e presidente del Consiglio Matteo Renzi. A proposito di Mina, auguri per i suoi splendidi 75 anni appena compiuti e grazie per i 60 anni di grande musica che ci ha regalato e continua a regalarci. La settimana che sta per concludersi si è aperta con la conferenza stampa del duo comico Poletti- Renzi che magnificavano i risultati straordinari, da ascrivere al mitico Jobs Act, della situazione occupazionale di febbraio e marzo, secondo i dati elaborati probabilmente da statistici del ministero sotto l’effetto di una sbornia colossale per non pensare a qualcosa di peggiore, per  cui ci sarebbero state più di 100.000 nuove assunzioni sul territorio nazionale. Non sono passate neanche 24 ore dallo strabiliante annuncio governativo che l’ISTAT, questo si un Istituto di Statistica credibile, ha sverniciato il suddetto duo comico portandoci a conoscenza del fatto che nel solo mese di febbraio i disoccupati sono aumentati di 44.000 unità, soprattutto donne e giovani, portando la disoccupazione nazionale al 12,7%, nuovo record storico per il nostro Paese. Onestamente vorrei capire cosa consumano Poletti-Renzi a colazione. Per restare nella metafora mi ricordano i Fratelli De Rege, famosi negli anni ’30 e ’40, anche se non saprei chi dei due può dire all’altro il “vieni avanti cretino” che era il loro “marchio di fabbrica”. Però tra comicità e tragedia la linea di confine è impalpabile e questo Governo continua a passare, con una disinvoltura inquietante, da una parte all’altra della sottile linea. Non hanno avuto neanche l’umiltà di attendere il rapporto ufficiale dell’ISTAT prima di esporsi al pubblico ludibrio di dichiarazioni trionfalistiche che rivelano l’infimo livello di rispetto per l’intelligenza degli italiani. Noi cittadini che viviamo la quotidianità per le strade, negli uffici, nei luoghi di lavoro, nei supermercati e nei mercati, nelle scuole dei nostri figli, nella pericolosità di tante periferie urbane, nel degrado dei rapporti sociali, tocchiamo quotidianamente la realtà di un Paese completamente allo sfascio per responsabilità diretta di amministratori della cosa pubblica che hanno come unico obiettivo il proprio particolare. Il governo di questo Paese è composto da “ominicchi” e “donnicchie” che nella migliore delle ipotesi sono degli incapaci e nella peggiore collusi con operazioni di malaffare. Stiamo toccando con mano, giorno dopo giorno, il fango di corruzione e di sottogoverno dalle mani sporche che emerge appena grattiamo la superficie patinata di buonismo e di onestà che la sinistra italiana ha sempre voluto accreditarsi, in nome di una superiorità etica e morale che, come possiamo constatare con mano in questi ultimi tempi (Coop rosse?), è solo autoreferenziale. Ed il maggiore responsabile di questo degrado è il giullare Renzi anche perché, senza aver avuto alcun mandato dagli italiani, ha voluto intitolarsi il ruolo di Padre della Patria, di Piccolo Padre di stalinista memoria, del ruolo di “uomo solo al comando”, lui si vero “unto del Signore” altro che Berlusconi (un dilettante), e il cui solo risultato tangibile di un anno di governo e stato l’incancrenirsi di tutte le situazioni critiche che da quasi un decennio ci affliggono. Ma nessuna vergogna affligge il nostro, nessun atto di resipiscenza perché solo una cosa vale per lui: “parole parole parole, parole parole parole, parole parole parole, parole parole parole soltanto parole, parole tra noi”.     
 


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