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Bianco Natale, anzi, Rosa

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

21
DIC
2012

Potrei anche rischiare, in questo giorno da fin du monde, e scrivere cose che mai avrei neanche pensato di mettere su carta. Ma se poi non accadesse nulla? Conviene mantenersi buoni e guadagnarsi la propria porzione di Paradiso già in Terra. Male che vada ce la vedremo riconfermare ai Piani alti. Ma procediamo con ordine.

Almeno i Pidiellini hanno un referente da implorare perché posticipi la data delle elezioni (anche se Napolitano ha sentenziato, duro e spigoloso come il Dio del Vecchio Testamento: 24 febbraio, non un giorno di più). Io non saprei bene a chi rivolgermi per ottenere una dilazione della mia esperienza esistenziale: forse dovrei combinare un colloquio chiarificatore con un uomo di Chiesa, magari con Padre Raniero Cantalamessa, di cui, pur non conoscendolo, indovino la genialità, se non altro per avere modellato una carriera di predicatore della casa pontificia attorno al nome. Nomen omen. Solo Padre Cantalamessa potrà spiegarmi i criteri secondo cui dovremmo ritenere autorevole un’autorità religiosa le cui ultime affermazioni riguardano il fatto che il bue e l’asinello non erano nella stalla con Gesù e che, nell’occasione, i pastori non cantavano. Non credo che questi siano gli elementi più inverosimili della mitologia cristiana, anzi, forse sono quelli che ispirano più tenerezza, al netto di una storia che è stata resa alquanto asettica già a partire da una immacolata concezione. Mi piacerebbe pensare a un Gesù concepito attraverso un atto d’amore, fisico, intenso, reale e voluto, e non portato da un pennuto (antesignano della cicogna?) di nome Gabriele che reca un cartiglio con su scritto: “Rallegrati, piena di grazia». Fossi stata Maria non mi sarei rallegrata affatto. Una concezione carnale non toglierebbe nulla alla forza e alla validità del messaggio cristiano e in più aiuterebbe a eliminare quell’aura di peccato che la Chiesa ha da sempre tracciato attorno alla dimensione sessuale. Quella di Gesù sarebbe stata una figura ugualmente rivoluzionaria anche se fosse stata concepita durante gli stupri di massa nella guerra in Bosnia. Maria non ne avrebbe perso in dignità, anzi, avrebbe incarnato un esempio di riscatto e di orgoglio materno. E invece i Padri della Chiesa, spin doctor ante litteram, hanno preferito dipingere il ritratto di Maria come “santuario dell'impeccabilità, il tempio santificato di Dio, il paradiso verdeggiante e incorruttibile”. Ci risiamo. Per gli uomini non ci sono vie di mezzo: noi donne saremo sempre o solo sante (categoria in cui si inseriscono di solito le mamme e le sorelle) o solo meretrici (e qui ci finiscono tutte le altre). Nel mezzo ci sono ben più di certe cinquanta sfumature, una ricchezza destinata a rimanere nell’immaginario maschile incompresa, sublimata, trasfigurata, idealizzata e, a furia di non riconoscerla, anche dimenticata.
Forse solo una Papessa potrebbe spogliare il Cattolicesimo di tutte le sovrastrutture inutili e dannose costruite nel tempo da mani rozze e maschili e svelare, con tutta la delicatezza di cui una donna è capace, la bellezza originaria delle parole di Gesù.   
 
 


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