ORA MI SONO ROTTO I CABASISI
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ORA MI SONO ROTTO I CABASISI

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

11
OTT
2013
Ho chiesto in prestito a Camilleri una delle espressioni più colorite del suo Montalbano, per manifestare lo stato d’animo in cui mi trovo da un po’ di tempo a questa parte. Prima di inoltrarmi nella riflessione di questa settimana tengo a chiarire che con i miei scritti rappresento unicamente me stesso, non sono portatore di istanze di alcun gruppo d’opinione, associazione, lobby, partito o movimento nè, tantomeno, rappresento la linea editoriale del settimanale (che anzi è basata su tutt’altre posizioni) e sono grato al Direttore per la libertà di pensiero che mi concede. E credetemi, oggi non è così scontato! Ma torniamo ai cabasisi rotti. La fonte di tanto fastidio sta nell’esasperante dibattito, aperto da qualche anno ormai, riguardante il riconoscimento alle unioni omosessuali degli stessi diritti che tutelano le unioni eterosessuali. Ovviamente la questione si pone dal punto di vista dei diritti che devono essere riconosciuti a tutti i cittadini in uno Stato laico, perchè per quanto riguarda la Chiesa il fatto non è mai esistito, non esiste e non esisterà mai. Su questa questione, dal punto di vista laico, non vedo come, chi e con quali reali motivazioni, possa mettere in discussione un diritto di uguaglianza tra tutti i cittadini, senza discriminazioni di sorta, sancito dalla Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Su questo versante spero di aver chiarito la mia posizione senza possibilità di equivoci e per questi diritti sono pronto a battermi senza riserve. Ma è da questo punto inalienabile in avanti che la mia insofferenza cresce rispetto a due rivendicazioni del mondo omosessuale, e anche di parte dell’opinione pubblica, che personalmente trovo irricevibili e inaccettabili sia dal punto di vista etico e sociale che formale: l’aspetto formale riguarda la rivendicazione del termine “matrimonio” alle unioni omosessuali, l’aspetto etico e sociale riguarda la rivendicazione del diritto all’adozione di figli. Su questi due aspetti la mia opposizione è granitica! E vi spiego le mie motivazioni. Con il termine matrimonio, che deriva dal latino matrimonium parola composta da mater, genitrice, e dal suffisso monium, compito o dovere, si intende l’unione civile e/o religiosa di un uomo e una donna finalizzato alla creazione di un nuovo nucleo familiare che prevede la prosecuzione della discendenza attraverso figli naturali o adottivi. Per lo Stato laico l’adozione dei figli è consentita alle coppie, maschio e femmina, ma non è possibile per i singoli, maschi o femmine che siano. Con questa disposizione il legislatore ha voluto innanzi tutto tutelare l’equilibrato sviluppo psicosomatico del figlio adottato, garantendogli il diritto ad avere nel suo mondo una figura paterna e una figura materna in alternativa ai suoi genitori naturali. E qui si innesta l’aspetto etico e sociale della mia opposizione alla rivendicazione delle coppie omosessuali al diritto all’adozione. 
Chi vi scrive deve affrontare quotidianamente, da quasi otto anni, un problema meno traumatico eppure significativo. Avendo sposato una donna africana ho un figlio mulatto e, fin dalla scuola materna, i suoi compagni gli chiedono “Perché il tuo papà è bianco e tu sei nero?”. Il punto di crisi più alto è stato il giorno in cui, tornando insieme a casa da scuola mi disse ”I miei compagni mi hanno detto che tu non sei il mio vero papà.” Ma questo è un problema che ho risolto facilmente spiegandogli, in maniera semplice, che per la legge di Mendel la questione è puramente biologica e di dominanza genetica e che, comunque, lui ha un papà e una mamma. 
Infine vorrei dirvi che posso essere d’accordo con quanti sostengono che la pasta Garofalo, o Divella o De Cecco sia migliore della Barilla, ma lasciamo che la disputa rimanga confinata nei limiti della gastronomia. Ho conosciuto personalmente Guido Barilla, di sei anni più giovane di me, ai tempi dell’Università a Parma per sapere che si tratta di persona seria e degna della massima stima, un uomo non imputabile di sentimenti omofobici.
 
 


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