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T´amo, pio Renzi

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

18
OTT
2013
Ho ancora negli occhi lo sventolio poco convinto e un po’ macabro delle bandiere griffate PD all’evento barese di Renzi. L’insieme evocava atmosfere evangeliche da domenica delle Palme, e in effetti i rami d’ulivo, seppure nel logo, erano presenti. Portato a spalla dai fedelissimi e introdotto con enfasi da domatore di leoni dal collega sindaco (di Bari), l’enfant prodige e un poco bitorzoluto della politica italiana parlava e parlava dal palco rotondo come la tavola di re Artù e  graziosamente ignorava nel suo discorso ben sciacquato in Arno i problemi di un Sud in cui non molte cose sono cambiate dall’epoca borbonica, a parte il fatto che Biagio Antonacci viene a passare le sue vacanze in Salento. Le modalità espressive della retorica partitica (con l’immancabile Shiny happy people dei Rem in sottofondo, anche se l’umore generale è tutt’altro che shiny o happy) non rendevano più coinvolgente la performance renziana. E difatti la caffetteria era stracolma. 
Nel mentre Renzi continuava a parlare, pensavo al modo di sfidare la noia. Se cadere addormentata era ineducato e cadere in un buco come Alice impossibile, un giochino geniale me lo suggeriva Sebastiano Vassali che, a suo tempo, tentò di esorcizzare il sonetto di Carducci “T’amo, pio bove”, onnipresente nella top ten delle cose soporifere. Nel suo rovesciamento grottesco, l’incipit del T’amo, pio bove divenne T’odio, empia vacca, facendo giustizia di generazioni di studenti vessati dall’insopportabile testo. E anch’io mi applicai a quel gioco, scoprendo che molte cose avrei voluto vedere alla rovescia.  Avrei voluto il funerale commosso di un gentile vecchietto, per esempio, salvatore di molte persone dalla furia bellica, e non l’ingombro orrendo di un cadavere, motivo – in vita – di tanti altri cadaveri. Avrei voluto coperte calde ad accogliere tutta quella umanità sofferente che rischia la morte in mare piuttosto che rimanere dove la sorte l’ha fatta nascere. Nel mio mondo alla rovescia ci sarebbero rispetto, educazione, legalità tanto quanto qui e ora mancano, sostituiti da rozzezza, menefreghismo e dalla logica del tiriamo-a-campare-in-qualsiasi-modo, sempre pronti a essere forti con i deboli e vigliacchi con i forti. Un sogno, insomma, questo dell’Italia rovesciata, più bello di qualsiasi Eden, kibbutz, eldorado, città di Dio, paese della cuccagna. 
       
 
 


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