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IL GRANDE IMBROGLIO (seconda parte)

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

29
AGO
2014
In anteprima per i lettori di EXTRAMAGAZINE il primo capitolo del nuovo libro di Vito Pietro Corrente
 
Avremmo sperato che l’avventura romantica del XIX secolo attenuasse i sentimenti androcentrici del pensiero unico, riportando nel giusto alveo la complementarietà dei due sessi; purtroppo le esternazioni di alcuni dei suoi figli più celebrati hanno soffocato la speranza. Per Arthur Schopenhauer “Le donne sono adatte a curarci ed educarci nell’infanzia, appunto perché esse stesse sono puerili, sciocche e miopi, in una parola tutto il tempo della loro vita rimangono bambini: esse occupano una specie di gradino intermedio fra il bambino e l’uomo, che è il vero essere umano”, mentre per Charles Baudelaire “le donne sono animali fondamentalmente stupidi…” e, in conseguenza di ciò “mi sono sempre stupito che si permettesse alle donne di entrare nelle chiese. Che conversazione possono mai avere con Dio?”. Potremmo aspettarci niente di meno che “Vai a donne? Non dimenticare la frusta.” di marca Nietzscheana?
Così, di secolo in secolo e di evoluzione in evoluzione, giungiamo al nostro tempo. Nulla è più come era in principio, il progresso scientifico e la tecnologia hanno definitivamente metabolizzato la laicità intellettuale, l’enunciazione dei principi di uguaglianza e di pari dignità degli uomini (in senso lato) caratterizza sulla carta le costituzioni dei popoli e delle nazioni; le pari opportunità sembrano ridisegnare equilibri mai raggiunti prima d’ora; i movimenti d’opinione stigmatizzano la ricchezza delle diversità. Unica ed immutabile nel tempo rimane l’acrimonia, il disprezzo e la violenza non solo fisica verso la donna, con un linguaggio che diventa, se possibile, ancora più greve. Albert Camus prova a nausearci (dal punto di vista filosofico naturalmente) “La donna, fuori dell’amore, è noiosa. Non sa. Bisogna vivere con una e tacere. O andare a letto con tutte e fare. Ciò che importa è altrove.”, e Charles Bukowski ci conferma la sua vocazione scatologica “La donna non è niente più che alcune parole scritte da un ragazzino in un cesso pubblico”.
Se mai dovessimo pensare che noi italiani siamo immuni dal virus misogino, possiamo riporre la speranza e meditare amaramente sulle parole di uno dei mostri sacri della letteratura contemporanea “Nella vita succede a tutti di incontrare una troia. A pochissimi di conoscere una donna amante ed onesta. Su cento, novantanove sono troie.” Firmato Cesare Pavese.
Il pensiero unico si è impadronito di noi a tutti i livelli, in casa come sui luoghi di lavoro, azzerando le differenze tra le classi sociali, una specie di comunismo declinato al maschile, se riflettiamo sul dato che oggi l’imprecazione più gettonata è “puttana Eva!”.
Ma, a mio modo di vedere, al di là delle parole l’aspetto più sgradevole del tempo che viviamo è la discrasia conclamata tra l’ipocrisia delle enunciazioni di principi politically correct, celebriamo con enfasi la festa della donna, istituiamo ministeri che dovrebbero operare e vigilare per il rispetto delle pari opportunità, ci esaltiamo per i successi delle donne in ambito sportivo (miseri noi italiani, sopratutti, senza le nostre donne vincenti in ogni disciplina!), e la vergogna dei comportamenti quotidiani, la disoccupazione femminile sempre maggioritaria rispetto a quella maschile, la disparità dei trattamenti economici, lo sfruttamento commerciale del corpo femminile, il mobbing e le violenze sessuali.
Penso che l’universo maschile sia affetto da un handicap di umanità, non solo purtroppo nei confronti delle donne, che se fosse riconosciuto darebbe diritto al 100% di invalidità, acquisita in secoli di prevaricazioni e mistificazioni.
 
 
 


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