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Ekkekkakkio

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

14
SET
2012

 

Mi piace questo preside dal nome di bandito a cui abbiamo dedicato la copertina di questa settimana. Vagamente somigliante a Elton John prima maniera, Salvatore Giuliano è il dirigente scolastico che quasi ti fa venire voglia di tornare tra i banchi. Quasi, dico, anche perché con l’avanzare dell’età la lombare duole e l’ego diventa ipertrofico, quindi quella sediolina non è adatta né all’una né all’atro.
La verità è che gli studenti di oggi capiscono bene l’inadeguatezza dei vecchi sistemi di insegnamento-apprendimento e l’inutilità di imparare a memoria i titoli delle commedie di Plauto, perché basta un click su quelle protesi cerebrali che sono il notebook o il telefonino e voilà, Google te li elenca tutte, senza che vi sia la necessità di utilizzare trucchi mnemonici fantasiosi (come unire le prime sillabe: sembra una fesseria, ma grazie a questo escamotage ricordo ancora i nomi degli imperatori romani da Augusto a Traiano. Che volete, noi personcine semplici si è felici con poco).  Mi chiedo come si comporterebbe oggi il mitico professor Rosato di educazione tecnica, omone molto alto e, ai nostri occhi, molto terribile, dalle enormi mani che atterravano (e atterrivano) senza tanti complimenti. E l’effetto non era certo quello di una plume au vent. La lezione con lui si imparava a memoria, punto. Nulla da capire, da interpretare, da discutere, da sindacare, anche perché in effetti poco c’è da riflettere su un incastro a coda di rondine. Era tanto buono, ma quando entrava in classe pure le mosche smettevano di fare “zzz” e cominciavano il mantra: “La tecnica è l’insieme delle norme su cui è fondata la pratica di un’arte, di una professione o di una qualsiasi attività ecc.”. Rosato, messogli un iPad in mano, l’avrebbe prima guardato, poi messo in assonometria cavaliera, se necessario dato in testa al malcapitato del primo banco e infine messo sotto il gambo della cattedra, che prima ballava e ora –con quel giusto spessore - non più. Uomini d’altri tempi.
Riempire di nozioni i ragazzi come zampogne è stato l’unico scopo degli insegnanti almeno fino a poco tempo fa, quando per “ricerca” si intendeva ricercare un’enciclopedia, dagli amici o in biblioteca, e copiare come piccoli amanuensi rassegnati la biografia del poeta, di solito sempre Leopardi, di cui poi si imparava a memoria “Il sabato del villaggio”. Adesso i ragazzi per “sabato del villaggio” intendono probabilmente un codice per indicare un rave nel Salento; scrivono “ha” senz’acca e se glielo fai notare, con disprezzo ti spiegano che è stata colpa del T9 e che comunque quella lettera non serve a nulla; non chiedono più “perché”, ma “perkè”, e se  domandi “perché scrivi perkè?”, loro rispondono “perkè sì, ke kakkio”, e sfuggono a ulteriori interrogatori come anguille sdegnate.       
Vero è, come in tutti i processi di alfabetizzazione di ritorno, che le nuove leve sono indispensabili per quelle cose che noi potremmo imparare a fare ma che è più comodo far fare a loro, come istallare una periferica sul pc, regolare il digitale terrestre, collegare un dvd al televisore. Si risparmia tempo e fatica e tutti sono contenti: i ragazzi, che hanno accumulato Punti Superiorità nei nostri confronti, continueranno a usare il loro linguaggio misterico dai concetti esoterici e vagamente esistenziali come “modifica alla Wi” ed “estensione della Ram”; contenti pure noi, che continueremo a guardarli come se fossimo davanti agli extraterrestri  e a fremere ogni volta che ci arriverà un sms con su scritto: “Non ai kapito niente”.
 


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