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A CHE PUNTO E´ LA DEMOCRAZIA ITALIANA?

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

5
DIC
2014
Tra meno di due anni celebreremo i primi 70 anni della nostra repubblica che coincidono con i primi 70 anni di democrazia italiana. Un tempo infinitamente piccolo se rapportato alla storia democratica di altri paesi occidentali, nel quale però si sono avute tante e tali mutazioni da indurci a chiedere a che punto siamo nel processo democratico del nostro Paese. Senza avere la presunzione di sviluppare un trattato politico, vorrei sottoporre alla Vostra attenzione alcuni spunti di riflessione. È piuttosto evidente che il primo decennio, a partire da quel fatidico 2 giugno 1946, possa essere considerato il vero ed il solo momento di democrazia partecipata dalla totalità della popolazione, a partire dal referendum sulla forma dello Stato, all’elezione dell’Assemblea Costituente, alla guida del Paese da parte di una coalizione amplissima dello spettro politico seduto in parlamento. A questo si aggiunga lo spessore politico e morale dei leader di quei partiti, vera emanazione delle varie anime della popolazione. Dagli anni 60 fino all’inizio degli anni 90, gradualmente ma inesorabilmente, la democrazia italiana ha assunto sempre più le forme di una oligarchia in virtù della quale a guidare fondamentalmente la Nazione, per interposte persone, sono state le grandi famiglie del capitalismo nostrano. Pur tuttavia restavano vivi e vitali i partiti della tradizione ideologica della nostra storia. Dalla prima metà, infine, degli anni 90 ad oggi l'ulteriore evoluzione, ma sarebbe più corretto parlare di involuzione, del nostro percorso democratico è approdato alla sostituzione dei partiti storici con i partiti personali. Ha iniziato Silvio Berlusconi approfittando del vulnus che la magistratura aveva prodotto nella rappresentanza partitica nazionale, fino a giungere ai nostri giorni a parlare non di partiti politici ma di partiti di veri o presunti leader, nei quali le pulsioni ideali si disperdono nel mare magno della indeterminatezza ideologica. Così andiamo dal partito di Berlusconi al partito di Renzi, da quello di Grillo a quello di Salvini, da quello di Giorgia Meloni a quello di Niki Vendola. E come in un grande calderone tutto si mescola e si rimescola, le idee come i programmi, i valori etici e morali e le istanze sociali. A questo punto è inevitabile chiedersi: cosa ci aspetta nel passaggio successivo? Per rispondere a questa inquietante domanda mi viene in soccorso un testo che consiglio vivamente ai nostri politici di leggere, o di rileggere. Il testo è “La Repubblica” (Politeia), il suo autore è Platone ed è stato scritto circa 2400 anni fa, anno più anno meno. “La transizione dalla democrazia alla tirannide è dovuta, come nel caso dell’oligarchia, proprio al bene fondamentale che i cittadini si propongono. L’oligarchia va in rovina per l’avidità di denaro, e la democrazia a causa della libertà. La libertà democratica è una libertà senza autocontrollo e senza educazione che, sul piano politico, si manifesta in un conflitto tra i ricchi che cercano di difendere le loro sostanze e il demos, composto dai lavoratori manuali e dai disoccupati. Il demos, o popolo, si farà proteggere da qualche prostates, cioè da un capo, il più delle volte un demagogo, che riesce ad imporsi all’attenzione collettiva. Il prostates è il germoglio da cui si sviluppa il tiranno……Una volta divenuto tiranno, il prostates cercherà di mostrare un volto affabile verso i concittadini, si circonderà di mediocri che stanno con lui per viltà o sete di guadagno. E si varrà dei poeti per manipolare l’opinione pubblica. Infatti con le loro belle voci prezzolate, sono strumenti essenziali nella tirannide e nelle democrazie.” Pare quasi che sia stato scritto questa mattina.
 


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