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Per un amico in più

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

23
NOV
2012

Ho molte cose da fare in questo fine settimana. Un grande bucato si comincia con una prima lavatrice e tra le mie priorità esistenziali c’è proprio quella di affrontare a mani nude -cielo stellato sopra di me, legge morale dentro di me, detersivo e mollette accanto a me- una massa informe di panni in attesa di tornare a nuova vita dopo un lungo periodo di oblio e di pioggia. Rifletterò dei cicli e ricicli della storia e della lavatrice, e nel frattempo cercherò uno di quei servizi a pagamento che inviano tramite sms le percentuali di compatibilità amorose scrivendo il proprio nome e quello del prescelto: vorrei scoprire tramite questo metodo di provata scientificità a quale candidato e a quali primarie dedicarmi. Certo è che dovrò stare molto attenta. Non vorrei trovarmi a mia insaputa in un cargo battente bandiera liberiana alla volta di una convention di Samorì. Per Crosetto affronterei il rischio dell’incerto, ma per Ciocorì giammai. Perché, signora mia, c’è da stare lontano da certi politici. E se sono accorti pure i boss siciliani, che hanno disertato i seggi aperti nelle carceri, allora c’è da stare davvero all’erta. D’altronde a dissolversi ci pensano da soli, offrendo spettacoli di decadenza adatti solo a stomaci forti. Dovrebbero fare come Mina, i politici. O come Greta Garbo. Lasciare le scene prima che sia troppo tardi, prima che l’immagine offerta al pubblico –o agli elettori- sia irrimediabilmente compromessa rispetto a quella dei tempi d’oro. Tra Bersani che non c’ha il logos e Vendola che ne ha troppo, preferisco Renzi, denti storti da discolo e cravatta viola Fiorentina, che rappresenta una versione più presentabile ed educata di Grillo. Tra Alfano che non ha il quid e la Santanchè che ne ha fin troppo, preferisco Crosetto, e questo s’era capito, ma temo che nel caos da teogonia che sta sconvolgendo il partito di Berlusconi – che come Crono se sta a magna’ tutti i suoi figli – nulla di buono potrà essere generato. Impantanati nelle sabbie mobili, i vertici del PdL si agitano ancor di più invece che rimanere fermi, e il regno politico del Cavaliere, come quello di Alessandro Magno dopo la sua morte, è destinato a frammentarsi tra generali di dubbio valore. Risultano poco credibili anche certi accordi in extremis come quello tra PdL e UdC, non tanto a livello nazionale (Casini ha annusato l’aria e se proprio dovrà buttarsi non sarà certo a destra), quanto tra competitor storici come i martinesi Gianfranco Chiarelli e Michele Muschio Schiavone, divisi negli interessi e nelle amicizie oltre che nella politica. Dopo anni di rapporto dicotomico, l’hanno fatta facile, troppo facile a stringersi la mano per il “bene della città”: avranno guadagnato un amico in più, ma perso in termini di logica. D’altronde forse avrebbero fatto meglio a “diluire” la valenza personalistica dell’alleanza inserendo anche le altre forze di centro destra (da IdeaLista fino a La Destra), in modo da interessare l’opinione pubblica con una stretta di mano più affollata e più lungimirante, simbolo di un progetto politico in grado di risultare competitivo per gli appuntamenti elettorali in vista. Ma a questo si può ancora rimediare.      

 
 


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