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Se la carne è debole, mangiamo altro

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

30
OTT
2015

Certo che mi piace la carne, sarei una bugiarda se affermassi il contrario. Assente nel carrello della mia spesa, se invitata non rifiuto le portate a base di carne. Al ristorante non la ordino, ma se c'è da dividere un buon arrosto misto non mi faccio pregare, perchè mangiare carne viene meglio in compagnia, come tutti quei gesti accettati perchè socialmente condivisi, ma che se ci si ferma a pensare hanno quantomeno del discutibile.

La storia della carne è la storia dei vincitori, almeno a partire dal Medioevo, visto che le abitudini alimentari durante l'Impero romano si basavano prevalementemente sulla triade vino, pane e olio. Se ai latini poco importava della carne anche sul piano ideologico, i popoli del nord – e se li chiamarono barbari, un motivo ci sarà – importarono, oltre alle elite armate, anche una certa mentalità per cui, nei piatti dei ceti dirigenti doveva esserci carne. E se la storia si ripete, le cose non sono andate in maniera diversa ai giorni nostri, con il modello alimentare americano che invade le nostre tavole a discapito della più equilibrata e buona dieta mediterranea. Sebbene trovi eticamente ed esteticamente osceni i metodi intensivi di allevamento, credo che consumare carne con la frequenza di una volta alla settimana sia già una buona scelta e comunque il minore dei mali. Il grande problema si pone invece da quando gli americani hanno deciso di voler mangiare più carne di qualunque altra società nella storia, senza farsi troppi scrupoli sul prezzo che questo comporta.

Se tutto il mondo mangiasse come impone il modello occidentale, dove troveremmo le risorse per gli allevamenti? Per ogni chilogrammo di carne, ovvero una sola cena per tre, quattro persone, ci vogliono più di 20.000 litri d'acqua. L'industria, poi, ha tutto l'interesse a incrementare i consumi e noi non ci facciamo pregare: quando bisogna metter tavola, vuoi mettere pulire, sbucciare, affettare verdure piuttosto che una fettina in padella et voilà? Le famiglie risparmiano tempo e denaro, visto che una cotoletta pre impanata costa quanto il tofu, e i pupi sono contenti perchè l'hamburger è uguale a quello del Mac Donald: per loro anime belle la bistecca cresce sugli alberi e gli animali sono liberi e felici come nelle fattorie didattiche dove si va nel weekend con mamma e papà. Eppure la nostra speranza sono proprio loro, le nuove generazioni, verso cui siamo in debito per aver fatto scempio di un mondo che avremmo dovuto invece consegnare migliore rispetto a quello che abbiamo ereditato. Ben venga quindi una rivoluzione alimentare basata sulla consapevolezza, l'equilibrio, la moderazione, il “fatto in casa”, la varietà, la sostenibilità e la qualità: quante persone possiedono uno smartphone da ottocento euro e poi comprano cibi low cost negli hard discount?

 



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