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Apulia film indignation

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

13
NOV
2015
In questi giorni, l'umanità feisbucchiana sembra dividersi in due: coloro che hanno visto al cinema "Belli di papà", il film di Guido Chiesa con Diego Abatantuono, e quelli che invece no, nisba. In quale parte potrei mai collocarmi io che di questo film vado a parlarne? Naturalmente nella seconda, ma tant'è: ho rimediato con i trailer su YouTube e la scheda di MyMovies per entrare di diritto nel dibattito del giorno. 
La trama promette bene: un imprenditore di successo, un self made man di origine pugliese, preoccupato dalla mancanza di responsabilità dei tre figli, decide di inscenare una bancarotta per costringere i ragazzi a trasferirsi nella casa ormai abbandonata dove lui stesso è cresciuto e a trovarsi un lavoro. Il tutto si svolge in una Taranto folkloristica dove la città ne esce, se non proprio cattiva, almeno un poco brutta e sporca, come effettivamente - non sempre, non ovunque - è. Apriti cielo. Commenti indignati gridano allo scandalo e alla teoria complottistica dei baresi maledetti che fanno asso pigliatutto: il film - a loro dire - offre una pessima immagine della città, nonostante la produzione abbia ricevuto - che ingrata! - 200mila euro di finanziamenti da Apulia Film Commission. Fra i detrattori che lamentano la spesa di denaro pubblico per sostenere produzioni che non valorizzano il territorio c'è anche una rizelata Confcommercio. 
Poi ci sono i moderati: "Belli di papà" non è un documentario, chè di quelli già ce ne sono tanti, è anzi un'opportunità per la città che ha ospitato la troupe di lavoro per le riprese, con tutto l'indotto economico che ne deriva. Per quanto riguarda i luoghi comuni e le brutture, embè? Pure Napoli e Palermo sono state sempre descritte in maniera verista e il turismo non ne ha mai sofferto.
Fra le due fazioni si propone a paciere Gianni Liviano, assessore dimissionario della regione Puglia, che ha addirittura invitato il produttore e il regista del film insieme a un esponente di AFC per discutere del contributo elargito. Anche lui, come me, dice di non aver visto il film, però a lui piace organizzare tavoli di confronto e quindi che l'abbia visto o no è trascurabile. 
La verità è semplice e impietosa, come tutte le verità di questo mondo: Taranto ha degli scorci meravigliosi, tramonti infuocati e bellezze manifeste, ma sa anche essere un inferno inquinato, ingovernato e incivile. Al netto di quei pochi che si rimboccano le maniche - anche con il proprio tornaconto, e che importa? -, ci sono molti che stanno ancora aspettando l'uomo forte, colui che li tirerà fuori dai pasticci, dal veleno industriale e dalle buche dell'asfalto. Tutto qui. E allora sapete che faccio? Vado a vedermi il film al cinema e subito dopo organizzo un dibattito dal titolo: "Può una biologa nata in provincia di Avellino quasi settant'anni fa ricoprire al meglio il ruolo di Assessore all'Urbanistica del comune di Taranto?"
 


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