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Figli delle stelle Michelin

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

17
NOV
2016
Non ero tra le migliaia di persone - tra chef, appassionati e operatori del settore - che sono rimasti incollate col fiato sospeso alla diretta Facebook della presentazione della guida Michelin Italia 2017, la 62a edizione, al Teatro Regio di Parma. Eppure, anche se non mi alzo all'alba della domenica mattina per preparare il brasato, non nascondo che l'incredibile appeal suscitato universalmente dal cibo interessa la mia curiosità di osservatrice delle umane cose. E di qui, un paio di etti di riflessioni.
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Sant’Ignazio di Loyola era in torto quando affermava che il pane non fosse un alimento «sul quale l’appetito suole disordinarsi tanto, o su cui la tentazione insista come su gli altri cibi». Ebbene, non è come scrive lui. Grande consumatrice di pane e suoi derivati conditi, mi sono autoimposta una regola: mai più dopo le 17,00. E a dire la verità, i benefici effetti si vedono, tanto che ormai – nel mio regime alimentare - mangiare pane di sera è conseguenza di una giornata davvero storta, sì da dover cercare consolazione nei magici e quietanti carboidrati. Questa attenzione comunque è un segreto di Pulcinella visto che era adottata anche nella dieta benedettina, indicante in una libbra la giusta quantità di consumo, da mangiare soprattutto a pranzo. Chissà quali sarebbero stati i commenti in quella mensa morigerata e rispettosa dei giorni di magro e bianco, se avessero avuto la possibilità di assistere alla quotidiana full immersion cibaria alla quale siamo costretti: e sì che i benedettini erano dei crapuloni al confronto di certi regimi adottati dai santoni cristiani della prim’ora o degli esercizi spirituali con cui le pie ragazze (una lista lunghissima di sante medievali) camuffavano quella che in seguito verrà riconosciuta come malattia nervosa. E in realtà l’interesse contemporaneo per il cibo è l’esatto contrario dell’anoressia, pur avendone la stessa origine (un desiderio esteriormente gradevole di divenire campione di perfezione) e lo stesso fine (un risultato comunque molto apprezzato socialmente). In entrambi i casi è evidente anche la distorsione visiva nel vedersi più grassi, nell’ossessione estetica da gastronomia patinata e nel gesto terribilmente esibizionistico del cucinare mediatico. Narcisistica la furia dietetica dei primi santi, in una cultura cristiana che aveva rinnegato la civiltà dei bagni e delle terme (e infatti si olezzava parecchio, ma questa è un’altra storia), come narcisistico è questo modello alimentare in bilico tra dieta e tavola necessariamente imbandita, diktat sociali che trasformano l’uomo da Sapiens a Edens, sempre alla ricerca di un equilibrio dietetico ma forse più personale.
Morale della favola: quanto sarebbe più conveniente allentare la continua tensione tra un’esagerazione e l’altra, tra le visioni dei gastromani e quelle conseguenti al digiuno (la fame si sa, è la droga più potente ed economica), riprendendo anche a rispettare il calendario agrario e l’alternanza tra stagioni, che richiede un diverso fabbisogno calorico. Perché, come dice il saggio, excessus facimus, sed nos annosque voramus: qualunque eccesso ci fa mangiare una porzione di futuro. 


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