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Una piazza (anche) per Cristina

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

1
DIC
2016

Relatrice a un incontro per la celebrazione dei 70 anni del voto alle donne, ho raccontato la storia di due donne eccezionali, Franca Viola e Cristina Trivulzio. A proposito di quest’ultima, in particolare, ho concluso auspicando che più piazze e strade siano intitolate a lei piuttosto che  –giusto un nome- al coevo Francesco Crispi, controverso statista convinto che il destino delle donne fosse unicamente quello di badare ai figli. Ma procediamo con ordine.

Uno spot in tv di qualche anno fa, peraltro grazioso e divertente, immaginava la madre di Garibaldi a vantarsi al telefono con le amiche per il figlio ritratto sulle monete e sui monumenti, come si conviene a un vero padre della patria. In effetti, nell’immaginario collettivo, l’Unità d’Italia è fatta di camicie rosse e baffetti alla Cavour. Peccato, perché si dimentica una figura fondamentale per le dinamiche risorgimentali, ora pressoché ignorata ma all’epoca conosciuta quanto lo stesso Garibaldi. Si tratta di Cristina Trivulzio, principessa di Belgioioso, milanese, donna ricchissima, bella, colta e brillante, protagonista sia dei migliori salotti politico-culturali di Parigi sia della resistenza della neonata Repubblica romana contro gli austriaci. Iscritta alla Carboneria e sostenitrice della parità dei sessi in un periodo in cui le donne erano tenute ben poco di conto, fu una coraggiosa riformatrice sociale: aprì asili per gli orfani e scuole elementari per entrambi i sessi, fece studiare i figli dei contadini e organizzò nel suo feudo un sistema di mensa e di assistenza sanitaria. Nacque privilegiata, ma la tirannia asburgica la proscrisse e più volte le sequestrò il patrimonio. Viaggiò, più da esule che da turista, e trascorse anche molto tempo in Oriente. Fondò giornali, scrisse libri ed editoriali in cui non ebbe pietà di nessuno, neanche di quel “minchione di Mazzini” (parole sue) colpevole di aizzare con il fanatismo tanti giovani mandandoli a morire per seguire le sue “folli” imprese. Mazzini, continuamente strigliato dagli scritti della Belgioioso, non mancò di definirla “un vero tormento” ma in seguito ebbe modo di proclamare la sua stima nei confronti di questa donna eccezionale. Anche lei come Garibaldi radunò volontari e li imbarcò alla volta dei punti nevralgici della resistenza, e creò un esercito di crocerossine ante litteram per la cura dei feriti. Insomma, Cristina di Belgioioso fu davvero la prima donna di quella proto nazione che sarebbe diventata l’Italia. Come mai dunque la storia (e gli storici soprattutto) l’hanno calunniata e dimenticata? Come mai perfino a Istanbul hanno pensato bene di dedicarle una via e in Italia non c’è traccia del suo nome né fra i toponimi né fra le pagine dei testi scolastici? La verità è che la damnatio memoriae ai suoi danni cominciò molto presto, con quella che oggi si definirebbe una macchina del fango, messa in moto dagli esponenti di quel mondo reazionario che lei contribuì a demolire. Gli austriaci l’accusarono di essere una mantide per gli uomini e la Chiesa di covare “sentimenti irreligiosi”. D’altronde non è una novità: quando non si dispone di motivazioni valide per denigrare una donna, di solito si va sul sicuro insinuando dubbi sulla moralità. In realtà, Cristina non solo non fu una divoratrice di uomini (e comunque non ci sarebbe stato nulla di male se si fosse trattato di rapporti consenzienti), ma fu anche piuttosto algida, come risulta dai suoi diari e dal numero notevole di uomini a cui spezzò il cuore rifiutandone le avances.

Ho approfittato finora della pazienza dei miei lettori non per tentare di colmare una lacuna storica. Piuttosto vorrei far riflettere su quanto poco siano cambiate le cose da circa duecento anni in qua. Guardo con tristezza alla elezione blindata di talune signore nella storia recente del Paese: per carità, qui non si tratta di essere bacchettoni o meno, ma certe carriere politiche, costruite non su un’autentica vocazione politica ma su affari e legami privati, distruggono tutto un lavoro di legittimazione femminile che ancora è ben lontano dall’essere completato. 



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