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Molli come gli orologi

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

8
FEB
2013

 

È sparito il tempo. Qualcuno ha visto il tempo? Come il Bianconiglio, si sarà infilato sotto qualche cespuglio di rose, bianche di nascita e rosse di vernice. Madame Bovary, in tempi pre-televisivi,  aveva il tempo di contare i fili di un fazzoletto («e davvero applicò la mente a quel lavoro»). Accadesse ora, perderemmo il racconto di quella disperazione liquefatta nella regolarità della trama e dell’ordito, e il lancio di agenzia suonerebbe così: “Lasciata dall’amante, si avvelena. Il marito scopre le sue tresche: muore poco dopo”; Vespa avrebbe fatto costruire il plastico della farmacia di Monsieur Homais, Barbara D’Urso avrebbe portato in trasmissione la figlia orfana, Rodolfo avrebbe avuto la copertina di “Chi” e gli alberghi di Yonville-l'Abbaye sarebbero stati al completo per almeno una settimana. 
Qualcuno ha sentito il tempo? L’ultima volta ero in gioielleria, nella parete di esposizione degli orologi, e in quella cascata di tic tac il tempo si è fermato in un laghetto di rumore bianco, ma è durato giusto un attimo. Quanto vorrei avere il tempo, tornata dal lavoro, di guardare quel film di Visconti che mi manca, e invece finisco per guardare l’ennesimo talk politico. E se votassi Berlusconi? Forse lui riuscirebbe a restituirmi il tempo necessario per guardare “Morte a Venezia”. 
Povera categoria bistrattata: nessuno ne vuole sapere di tenerne un po’ con sé. «Non ho tempo», dicono tutti, ma il tempo è un modo d’essere, quindi non averlo è come non essere. E difatti siamo molli come gli orologi di Dalì, un po’ rassegnati e un po’ in fase di riposizionamento, così plasmabili da non accorgerci che oltre al tempo siamo rimasti a secco anche di bene comune, ovvero di pubblico interesse. In questa campagna elettorale non vi è posto per null’altro se non promesse, schemi di alleanze, colpi di scena; ma dunque non è politica: è saccheggio. La gestione del Paese finora è stata improntata all’ostilità verso il bene comune, in nome di una felicità individuale vista come inversamente proporzionale a quella collettiva. Eppure, proprio riacquistando il senso di appartenenza, etico e giuridico, a un ambito territoriale e culturale unico potremo pensare a realizzare quella “promessa incompiuta” (Calamandrei) che è la Costituzione italiana, nonostante la concordia assolutamente bipartisan della politica a far cassa ai danni del bene e dei beni pubblici. 
Ecco, un po’ di tempo ci risulterebbe necessario per riuscire a scrutare quell’orizzonte di legalità e democrazia che finora non riusciamo neanche a intravedere. Una comunità che esercita i propri diritti seconda una precisa normativa ha sempre portato bene, già dai tempi in cui i primi comuni cominciarono a esercitare i diritti al pascolo e al legnatico, passando dalla concezione di terra di nessuno a quello di terra di tutti. Ebbene, riprendiamoci il tempo, ma anche la Costituzione e la sovranità di popolo.  
 


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