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Dio è una matita

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

15
FEB
2013

 

Stanchezza e fragilità, stati d’animo umanissimi e universali che toccano sia i poveri cristi sia chi di Cristo ne è il vicario in Terra. Una nuova breccia, non reale come quella di Porta Pia ma altrettanto sintomatica dei tempi, ha fatto sì che la modernità abbia finalmente colmato il vuoto di una Chiesa arida e assediata da misteri finanziari e scandali sessuali. Lo stesso Pontefice che per primo – evidentemente suo malgrado - aveva usato Twitter, ha scelto una lingua esoterica come il latino per annunciare le dimissioni: ultimo vezzo conservatore di un uomo consapevole di non poter più essere autorevole come guida spirituale di un gregge ormai 2.0. Almeno secondo una definizione autoreferenziale, il Papa è il portavoce di Dio e della sua succursale terrena che è stato Cristo. Eppure le posizioni di Ratzinger, cocciuto oppositore di diritti civili, non coincidono con quelle del messaggio cristiano originario, improntate invece sulla tolleranza e sul rispetto dell’altro. Come è dunque possibile ancora farsi incarnazione del Verbo pur mantenendo tutte le umane debolezze della condizione terrena? Come è possibile ancora conservare e proiettare nei nostri tempi e nella nostra società l’immagine di un Dio maschile in tutte le sue manifestazioni, relegando la donna a una funzione vassalla e puramente gestante? Come è possibile ancora predicare l’amore e allo stesso tempo impedire ai suoi di farlo, obbligando spesso a trasformare una necessità del corpo e dell’anima in gesti violenti, furtivi e spregevoli? Come è possibile ancora relegare l’atto di condivisione più importante, quello che avvicina maggiormente alla completezza dell’essere, a un momento puramente procreativo? Come è possibile ancora non poter amare chi si vuole, foss’anche dello stesso sesso? Come è possibile ancora, da divorziati, essere banditi dai sacramenti? Come è possibile ancora non poter disporre del proprio corpo ma in ogni caso essere costrette al proprio compito procreativo? Troppe evidenti contraddizioni per fedeli non più facilmente gestibili come una volta, quando la Messa era il mass media più potente e le coscienze si plasmavano nel confessionale. 
La Chiesa riveste un ruolo fondamentale di sostegno e assistenza, ma siamo giunti alla fine del sacro, almeno rispetto alla percezione comune. Cambiano le condizioni cognitive e cambia anche il rapporto con Dio: non abbiamo inventato nulla, è successo anche con l’avvento della scrittura e successivamente della stampa. Ci appropriamo così di un Dio-altro-da-noi non più mangiandolo in banchetti sacrificali o simbolici come la Comunione, ma scovandolo nella sacralità della parola scritta («E si fece Verbo»), nel miracolo di un volume scampato ai roghi delle biblioteche, e ora in un click capace di scaraventarci fuori dalle nostre Colonne d’Ercole. In realtà tutto porta verso un’unica direzione: in fondo Dio è come una matita che non si trova perché l’avevamo messa fra i capelli o sopra un orecchio. E poi i tempi sono cambiati e le porte del Paradiso non si aprono più con le chiavi pietrine: ora c’è il badge. E magari anche un sin detector. 
 


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