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Elezioni sotto assedio

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

10
MAG
2017

I giochi sono fatti, le liste presentate. Nevrosi a parte, un bel mesetto di stress preelettorale non ce lo risparmia nessuno. Difficile astenersi dal fare commenti, soprattutto questa volta, quando come non mai ci sono alcuni nomi che sicuramente stanno benissimo in un contesto frivolo e folk, ma che come aspiranti amministratori risultano più come una provocazione che non altro. Eppure la campagna elettorale è un'esperienza che molto può insegnare, diventando un esempio memorabile di come decisioni controintuitive possano ottenere, in termini di cambiamento, effetti maggiori di decisioni in apparenza più plausibili perché prese seguendo una logica lineare. Se non è molto chiaro, un poco di pazienza: come diceva De Sica a Boldi che ballava nudo nella doccia in "Vacanze di Natale 1995”, “non si agiti, le posso spiegare tutto”.
Lo psicologo Paul Watzlawick, pezzo grosso della scuola di Palo Alto - che non è un posto dove si insegna la lap dance ma la massima espressione in fatto di studi sulla comunicazione umana - ci racconta la storia del castello di Hochosterwitz. Siamo nel 1334 e Margareta, contessa del Tirolo, soprannominata Maultasch, cioè “bocca larga” (un’elegante perifrasi dell’epoca per dare della prostituta a una signora) per aver ripudiato il marito, vuole impadronirsi del castello di Hochosterwitz, in Carinzia, ma non può prenderlo d’assalto perchè ben fortificato e collocato in cima a una rupe. Insomma, è inespugnabile e l’unica possibilità è cingerlo d’assedio, contando sul fatto che i difensori si arrenderanno per fame.
Ma è una scelta logorante per tutti. Quando le provviste del castello finiscono e alla guarnigione restano un solo bue e due sacchi di orzo, anche l’esercito assediante se la sta passando male: le truppe sono stanche, scoraggiate e insubordinate. È a questo punto che il comandante del castello dà l’ordine disperato di far macellare il bue rimasto, di riempirgli la pancia con l’orzo e di buttare la carcassa giù dalla rupe, in campo nemico.
Si tratta di uno sberleffo tanto inatteso quanto potente: gli assedianti immaginano che il castello abbia ancora tante vettovaglie da potersi permettere di bombardarli di cibo, si perdono d’animo e rinunciano a proseguire l’assedio.
Arriviamo al dunque: le relazioni e le interazioni tra entità diverse (esseri umani, ma anche una guarnigione assediata e un esercito assediante come in questo caso) costituiscono un sistema dotato di una propria logica interna, che si esprime attraverso schemi di comportamento ripetuti.
Ogni ripetizione di uno schema di comportamento non fa che perpetuare il sistema. E, se il sistema è insoddisfacente o dannoso per una o più entità, non fa che accrescere l’insoddisfazione e il danno. Eppure, una sola decisione controintuitiva può cambiare le cose proprio nella misura in cui mette in crisi la logica stessa che regge il sistema e, con questo, spalanca una prospettiva nuova. Morale della favola: chi vuole arrivare a un obiettivo può dover prendere una strada che sembra portare a tutt'altro e invece è l'unica possibile.
Attenzione però: decisione controintuitiva non vuol dire illogica. Per esempio: è controintuitivo proporre come candidati giovani lontani da logiche di partito ma è illogico proporre persone credibili in un contesto di lista quanto un tronista alla British Library di Londra.
È controintuitivo proporre una raccolta fondi (come si usa in altri Paesi) per le campagne elettorali facendo prima un piccolo regalo ai potenziali sottoscrittori ma è illogico pensare di fare campagna elettorale alternativa con zero budget sotto lo slogan radical tirch "tanto chi mi deve votare mi voterà comunque".



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