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Piovono dirigenti

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

8
MAR
2013

 

Durante gli anni di università io, Chiara e Silvia abitavamo vicino a Rocca Salimbeni, la sede centrale del Monte dei Paschi, in un appartamentino dalle dimensioni lillipuziane che in passato era stato il boudoir di una nobildonna; vivevamo in tre nell’armadio della contessa, pieno di stucchi e velluto blu, nella strada principale di Siena. Una vera sciccheria. Peccato che non accadeva mai nulla di interessante: finito di studiare, non rimaneva che dedicarsi alla manicure, alla cyclette e alla Somatoline; a scuotere il tran tran studaiolo, giusto la banda della contrada che la domenica mattina di buon ora bubum e budubum faceva da sveglia, piacevole –come dicono in Toscana- come un gatto attaccato agli zebedei. Eravamo quindi fanciulle che Isotta dalle bianche mani ci faceva un baffo e non avevamo neanche un filo di cellulite ma, in fondo, un po’ ci rompevamo. Se fosse accaduto allora il suicidio di un alto dirigente del Monte, la sera, invece che controllare in maniera ossessivo-compulsiva la media del libretto, almeno avremmo avuto di che arricchire la conversazione con tesi complottistiche, teorie fantaeconomiche, particolari macabri e raccapriccianti. Transitando dal luogo della tragedia per caso ma non troppo, saremmo state intervistate dagli inviati de “La vita in diretta”, e avremmo anche fatto ciao ciao con la manina a Mara Venier, giustificando così tutto quel tempo passato a darci lo smalto. Avremmo anche goduto delle premurose telefonate dei parenti, preoccupati che, passando, non ci fossimo trovati sotto al disgraziato proprio nel momento fatale. E noi, un poco perfidelle, avremmo concluso che a Siena si sovverte pure l’immaginario collettivo visto non cadono vasi dai balconi (tradizionale memento mori simbolo della caducità umana e dell’assurdità del caso), né polpette come nel film, ma dirigenti dagli uffici. Povere stelline, completamente a digiuno delle cose del mondo e figuriamoci di complicati meccanismi economici, ci saremmo chieste come mai nella finanza italiana, quando le cose si mettono male, la scelta del suicidio risulti la più gettonata, come per lo scandalo Enimont di Gardini e quello del Banco Ambrosiano di Calvi. E poi, studentesse di archeologia con davanti un futuro incerto e nebuloso, ci saremmo meravigliate di questa fuga esistenziale da un mondo per noi splendido e agognato. Assurdo –avremmo pensato- che decida di farla finita mica un bancario qualsiasi, ma addirittura il responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi, per intenderci quello che aveva assoldato per gli spot Pavarotti e Tornatore. In più, David Rossi era anche vice presidente del Centro internazionale di arte e cultura di Palazzo Te, uno dei complessi architettonici e artistici più belli d’Italia: in pratica, a nostro avviso, avrebbe potuto anche avere l’agio di invitare gli amici per un tè a Palazzo Te, magari nella Camera del Sole e della Luna, o quella di Ovidio e delle Metamorfosi. Inconcepibile. Inaudito rinunciare a tanto. A quel punto, dopo aver concluso che noi non ci saremmo mai spiaccicate al suolo del cortile interno di una banca, soprattutto se poi ad attenderti c’è una scrivania con un autentico Tiziano appeso sopra, avremmo ripreso con la nostra manicure, perché, come diceva la mamma di Silvia, una vera signora si riconosce dalle mani.  
 


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