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Tutti i salmi finiscono in Gloria

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

12
APR
2013

 

Se non si decidono a garantire al governabilità, mi toccherà cominciare a scrivere di petunie, surfinie e rose sarmentose, anche perché il meteo lo permette e il mood di stagione pure. Spirituale q.b., con rastrello nella destra e vanga nella sinistra, mi sembrerà di avere dalla mia Joachim e Boaz, le due colonne del Tempio di Salomone a Gerusalemme, e come terza colonna -quella sonora- un pezzo d’antan,  lo spelling arrabbiato della “Gloria” di Patty Smith, ex sacerdotessa del rock, ormai sulla via della conversione, folgorata anche lei dal nuovo Papa. 
Oppure potrei prendere spunto dalla cronaca politica e scrivere favole per bambini, raccontando la storia del Paese dei Limoni, un tempo ameno e fertile, trascinato in disgrazia da gaglioffi che si contendevano il potere: c’era il Grillo urlante, sempre iracondo già da quando faceva il giullare; c’era il Cavaliere, che voleva a tutti i costi diventare Presidente del Paese dei Limoni per non finire i suoi giorni in gattabuia; c’era anche il Grande Perdente, detto così perché voleva essere sempre lui il campione scelto per sfidare i nemici della sua fazione, anche se non era né il più bello, né il più forte, né il più coraggioso, né il più intelligente. E intanto il Paese dei Limoni languiva in stato di miseria. 
Se poi i fiori e le favole dovessero annoiare, potrei raccontare di quei netturbini tarantini che durante il loro turno pensavano bene di appartarsi e godersi qualche ora di relax da far risultare come lavoro straordinario e quindi ben retribuito: sono questi i vincitori assoluti di quella speciale classifica di furbacchioni al cui secondo posto piazzo il baby pensionato che l’altro giorno, credendo di fare il simpatico ma conoscendo poco i suoi interlocutori, si vantava candidamente di «avere per una volta fregato lo Stato», lavorando nel settore pubblico per pochi anni ma sufficienti per godere di una pensione da cui campava tutta la famiglia, padre, madre e figlio, tutti nullafacenti. Azzardato di questi tempi porgere un tale biglietto da visita: si rischia il linciaggio da parte di una nutrita fetta di popolazione che non arriverà non solo alla pensione ma neanche a un lavoro. Ecco, fino a che si continuerà a ragionare come se fossimo ancora sotto un dominio straniero (come ne abbiamo sempre avuti fino all’unità d’Italia), succubi di un potere odioso e odiato da gabbare, truffare, raggirare, ci sarà sempre la tendenza collettiva a “fregare” appunto, come se lo Stato fosse altro da noi, come se non fosse la comunità di cui noi stessi facciamo parte. E fino a che ragioneremo più da sudditi che non da cittadini, renderemo facile il gioco di coloro a cui basta indossare un po’ di folklore e populismo per avere seguito: è successo con i leghisti, sta succedendo con i “grillisti”, senza contare gli altri ”isti” precedenti. 
 


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