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LA FEBBRE DEL POCO

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

24
FEB
2019

Federico Nietscereszche, quello dal cognome impronunciabile, non replicabile, puntualmente dimenticato e dunque “quello là”, replicava al concetto di fondo parlando di abissi per i profondi, di conoscenza per pochi, di ignoranza dei molti. Nulla sembra cambiato, anzi pare che stiamo peggiorando. Più la bulimia cazzoide diventa l’humus in cui è immersa la società degli avatar, più la mia teoria dei veri trova conferme. Ormai il livello di aderenza alla realtà, alla verità, alla competenza ed alla cognizione efficiente dei fatti sembra sparire, non solo dalla narrazione che facciamo a noi stessi, ma anche dalle strutture del reale. Stiamo gettando le basi per la costruzione di una società virtuale, in cui le colonne a sostegno del mondo visibile saranno sempre più una rappresentazione distorta del vero. Intanto, la reazione dell’istituzionalizzazione a questa sorta di orrido Truman Show che va in onda h24, è l’ostracismo per la dialettica. Paradossalmente, ma non tanto, nonostante quello che può essere definito il maggiore progresso tecnologico ed operativo vissuto dalla civiltà occidentale, ci troviamo in una fase di conclamato regresso culturale e politico, in cui non è tanto il valore degli individui ad essere depauperato, ma la loro capacità di incidere nel mondo circostante attraverso la pratica della razionalità.

Le persone di oggi hanno strumenti molto più potenti di quelle del passato per immagazzinare un maggior numero di informazioni, ma questo non sembra portare ad un avvicinamento collettivo alla conoscenza, né alla verità. E’ per questo che oggi viviamo una sorta di febbre del poco, solo che qui non rincorriamo le miniere e le pepite del Klondike,  ma una semplificazione erronea della realtà, che appare molto più funzionale, in termini di dominio sociale, di quanto possano essere la razionalità, la conoscenza e il ragionamento. 



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