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Noi, ammalati di bulimia cognitiva / Cronache di un Connesso Viaggiatore di Salvatore Lucignano

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

15
APR
2019

Gli aggeggi che ci stiamo mettendo in casa ci spiano, osservano tutti i nostri momenti intimi, ci regalano a un Truman Show permanente in cui tutto diventa possibile, esibito, potenzialmente pubblico. Assistiamo dunque all’arretramento del proibito, a quella vorace espansione della società degli avatar che priva di senso tutto e ogni cosa: denaro, consumi, ricchezza, sesso, famiglia e così via. Per ogni eccesso esiste ormai un mare di critici, opposti e contrari, che come risultante dello sforzo arriva pressappoco a zero. Homo nudus ha poche isole deserte in cui provare a tornare, abbracciando una dimensione primitiva, ancestrale e presocialica dell’esistenza. Stiamo avverando quella disperata voglia di ritornare alla sana e consapevole libidine, che ormai appare l’unico antidoto all’obesità della contemporaneità. Siamo così oppressi da cose e immagini, da suoni, sveglie, articoli, luci, libri, file, chat, da ammalarci di bulimia cognitiva.

Ingeriamo troppo cibo, ma ormai odiamo le diete che ci propinano i guru del webbe, non crediamo più alla politica, odiamo andare a votare, non abbiamo più certezza della nostra identità, tra genitori x ed y, vie di mezzo, dubbi amletici e cali del desiderio. Vorremmo vivere per sempre, ma ancora spiamo i belli e i dannati. Restiamo indecisi tra sicurezza e rischi, avventura e solidità, monotonia e annullamento. Abbiamo smesso di esaltare la droga, guardiamo con sospetto gli ultimi fumatori del west, idolatriamo i corpi scultorei, ma applaudiamo a mani basse le modelle molto curvy, perché ci piace la carne, pure bella al sangue, anche se odiamo gli allevamenti intensivi.

Dio ha azionato un frullatore, è partito a bassa velocità, ha riempito l’impasto di ingredienti, a migliaia, a milioni, e si sta divertendo ad aumentare il numero di giri delle lame. Impasta, trita, mischia e confonde, ridacchiando, mentre noi, sbattuti in questo zabaione postrazionale, non abbiamo più la minima idea di dove andare. 



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