MENU

Eroi in un'epoca, criminali in un'altra

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

13
FEB
2020

27 gennaio, 10 febbraio. Sono due date che, ogni anno, ricordano due fra gli eventi più tristi della storia del XX secolo. La prima è una ricorrenza internazionale sancita dalla risoluzione 60/7 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite per ricordare le vittime dell’Olocausto e l’altra è una solennità civile italiana istituita con la legge 92/2004 per rinnovare il ricordo delle vittime italiane delle foibe nei territori istriani, fiumani e dalmati, durante il secondo dopoguerra. A queste, si uniscono altre ricorrenze, anch’esse legate ad avvenimenti tragici conseguenti a conflitti fra i popoli che, a vario titolo, sono stati coinvolti.

Sostanzialmente queste, come tante altre, hanno la funzione di ricordare come lo scontro fra gli uomini ha sempre e solo avuto il risultato di generare interminabili sequenze di morti, principalmente fra innocenti e ininfluenti. La violenza, i conflitti, le guerre, infatti, sono sempre inutili e dannose, specie a chi non ha nessuna possibilità di scelta. Gli scontri non hanno mai determinato vincitori e vinti ma solo vittime. Eppure, nonostante sia un concetto fondamentale quanto elementare per la sopravvivenza dell’umanità, anche in questo momento, ogni continente è afflitto da una guerra e, con essa, da un numero di vittime, sempre e comunque, eccessivo. Anche un solo decesso a causa di un conflitto è una sconfitta.

L’Italia, fra le tante nazioni, è stata anch’essa palcoscenico di atrocità belliche, per deliranti ambizioni o per inevitabili costrizioni. Questo dovrebbe essere un valido motivo per perseguire solo intenti di pacifica convivenza ma, nonostante tutto, così non è. Perfino quelle date così pregne di significato, poste a monito affinché mai più nessuno debba subire l’insensatezza dei suoi simili, confluiscono in scontri fra fazioni, nonostante la morte, a qualsiasi fronte appartenga, renda tutti uguali. È così quelle date, più che unire, sono divenute un simbolo di appartenenza, segnando confini sempre più profondi fra gli abitanti della stessa nazione, nonostante i morti che si ricordano non appartengano, ormai, a nessuno. È ancora peggio constatare che chi accentua gli scontri, sono coloro i quali sono stati designati per rappresentare il popolo avendo l’obbligo di dimostrarsi d’esempio. Il significato profondo si riduce in una contesa fra chi sostiene sia più rilevante “Il giorno della memoria” o “Il giorno del ricordo”, fra antifascisti e neofascisti, affermativisti e negazionisti, storici e revisionisti, alimentando, così, quella condizione abnorme che ha generato le distorsioni del passato, esattamente con le stesse convinzioni.

La storia, per quanto si possa tentare d’interpretarla, è immutabile e la sua ricostruzione, se attuata con scienza e coscienza, non può che restituire oggettivamente l’immagine di quanto accaduto nel passato. Pertanto, al netto di pro e contro, ciò che è accaduto, ha valore inconfutabile e nel caso dei conflitti, restituisce una lunga sequenza di nomi e date incisi su lapidi e targhe o, perfino, neppure quest’ultimo gesto di misericordia.

Chi è considerato eroe in un’epoca può divenire un efferato criminale in un’altra. Tutto dipende dall’ottica con la quale si osservano gli eventi, anche se la verità è sempre racchiusa nei fatti e ciò che da essi è scaturito. Infatti, è una grave distorsione logica aggrapparsi a principi che si siano chiaramente dimostrati fallimentari, specie se non si riconoscano gli errori commessi, individuando e condividendo le giuste strade per non reiterarli. Salvo gravi sindromi, nessuno può provare la nostalgia di uccidere o infliggere sofferenze. Ognuna di quelle date, dovrebbe essere dedicata al silenzio e alla riflessione mentre, nella realtà, divengono accese esternazioni di ragioni e torti, di offese e difese, d’innocenti e colpevoli, specie dalle figure istituzionali, anche quando i fatti, quelli veri, hanno già fornito risposte eloquenti. Oggi dovremmo soltanto commemorare le vittime del passato, senza platealità, riconoscendo che le guerre sono tutte sbagliate e che non esistono crimini di guerra, e come tali giustificabili, ma soltanto crimini.



Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor