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Siamo tutte Gertrude

Pubblicato da: Categoria: EDITORIALI

10
MAG
2013

 

Ho capito tutto grazie al matrimonio monoconiuge della Marini, anche se da tempo covavo qualche sospetto. L’avvicinarsi della festa della mamma e la lettura di un saggio di Loredana Lipperini (“Di mamma ce n’è più d’una”), poi, me ne hanno dato la conferma. La tesi è di quelle che solo ora si comincia a parlarne ad alta voce, e più o meno suona così: non è che per caso noi donne rispondiamo più a condizionamenti culturali che non a vere vocazioni? Non è che siamo tutte un po’ Gertrude, costrette fin da piccole ad abituarci a un ruolo, e non ce ne accorgiamo? Ma procediamo dall’inizio.
Gli uomini sono stati bravi a cucirci addosso ruoli e vestiti, e fino a poco tempo fa erano entrambi stretti, ingombranti e scomodi. Matrona, amazzone e meretrice: e voilà il campionario femminile, schedato in base a puro arbitrio maschile. Non che adesso le cose siano di molto cambiate: c’è Lorella Cuccarini e Lady Gaga, e in mezzo, tutt’al più Lilly Gruber. 
Qualsiasi essere umano con la patatina in mezzo alle gambe sogna il giorno del proprio matrimonio, e forse inconsciamente poco importa se il marito compaia oppure no: certo, l’amore e il desiderio di un progetto comune portano al gran passo, ma –al netto di sentimenti sinceri- rimane il dubbio che talvolta l’importante sia rispondere alle aspettative sociali e di consumo. Ma chi ha deciso che una donna debba volersi sposare? È un’informazione codificata nel nostro DNA oppure è un lavoro costante e generale di condizionamento? 
Ugualmente il bambolotto in braccio alle bambine (speculare all’abito da suorina della Monaca di Monza) indirizza a quel destino di maternage, cura e lieto sacrificio che la società impone loro. Già, perché non solo la donna deve volersi sacrificare, ma deve anche essere ben contenta, altrimenti sarebbero guai per tutti: per l’altra metà del cielo, messa di fronte alla necessità di una reale uguaglianza, in casa e fuori, e per il sistema sociale che dovrebbe fare a meno di tanta manodopera gratis. 
Si dà per scontato quindi che il matrimonio e la maternità (entrambi non a caso con la stessa radice etimologica) siano naturali: la donna che decide di valere per quello che è, non vincolandosi all’immagine di sposa e madre, fa paura. La donna autonoma (non sola, attenzione, ma libera) viene vista con sospetto, non le viene perdonata la sua capacità di scelta. Almeno, finora. 
In ogni caso, mamme o diversamente mamme, auguri a tutte e che la consapevolezza sia con voi. L’essenziale è che non vi vestiate come la Marini.
 
 


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