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Barbara Gambillara: E´ la donna che fa la differenza

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

27
APR
2012

 

La Consigliera di Pari Opportunità della Provincia di Taranto ci illustra la proposta di legge sulla doppia preferenza alle elezioni. «Il problema è culturale – dice - le donne sono anche di più degli uomini, è giusta un’equa rappresentanza»
 
Se ne discute da tempo, o quanto meno se ne sente parlare; quote rosa, leggi depositate e giacenti in Parlamento, ricorsi giudiziari addirittura. Le donne nel nostro Paese, che ricoprono alte cariche amministrative e dirigenziali, sono ancora poche, non ne parliamo di coloro che partecipano attivamente alla vita politica. A tal proposito, la provincia di Taranto, che ha solo 3 donne su 70 consiglieri, ha presentato una proposta di legge su iniziativa popolare: “Disposizioni in materia di equilibrio nella rappresentanza di genere nelle elezioni per il Consiglio regionale e il Presidente della Regione Modifiche alla legge regionale 28 gennaio2005 n.2”, “Norme per l’elezione del Consiglio Regionale e del presidente della Giunta Regionale”, detta anche “50 e 50 mai più senza”. L’iniziativa si fonda su un’accurata analisi degli effetti provocati dalla normativa vigente, comparando le proposte esistenti in Italia, con quelle di altri Paesi dell’Unione Europea; in particolar modo nasce da uno studio tra gruppi di donne nel nostro territorio, sulle pratiche politiche e relazionali, in ambito sociale, civile e istituzionale. Chi meglio di Barbara Gambillara, Consigliera di Pari Opportunità della Provincia di Taranto, avrebbe potuto spiegare i contenuti della proposta?
In che cosa consiste questa proposta? Quali sono i punti fondamentali?
«Si tratta di una proposta di legge di iniziativa popolare, per cui si stanno raccogliendo firme per presentarla e  modificare la legge elettorale attuale. La proposta prevede sostanzialmente che in ogni lista per l'elezione al Consiglio regionale, nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore al 50%, pena la non ammissibilità della lista; in tutti i programmi di comunicazione politica deve essere assicurata la presenza paritaria di candidate/i di entrambi i sessi, così come nei messaggi autogestiti, dove deve essere messa con pari evidenza la presenza di candidate/i di entrambi i sessi nella lista presentata dal soggetto politico che realizza il messaggio. Inoltre, si possono esprimere uno o due voti di preferenza: se si esprimono due preferenze, queste non possono riferirsi a candidati/e dello stesso sesso. E se si esprimono due preferenze per candidate/i dello stesso sesso, la seconda preferenza è nulla. Il problema non è solo nella mancanza di donne all’interno delle liste, il problema nella politica è proprio nella consuetudine che hanno i cittadini  nei rapporti politici, oramai  già istaurati con i maggiori esponenti rappresentativi dei partiti; ragion per cui si è pensato a una doppia possibilità, non togliendo l’opportunità al cittadino di votare una persona con la quale si è consolidato un rapporto, conferendogli la libertà di scegliere. Se ci fosse l’obbligatoriètà della doppia preferenza, si paventerebbe l’incostituzionalità della legge stessa.»
Da chi è partita l’iniziativa?
«Il comitato promotore che si è costituito “Comitato 50 e 50”, lo ha fatto con uno statuto vero e proprio; la portavoce è Magda Terrevoli, ma il percorso è stato iniziato da Elena Gentile, l’attuale Assessore regionale al lavoro, che impegnandosi ha creato una vera e propria rete di partecipazioni e adesioni. Fanno parte del Comitato tutte le consigliere di parità della Regione, oltre a diverse associazioni. In Italia proposte del genere ce ne sono da tempo, da noi in Puglia è cominciato a muoversi qualcosa con  il movimento “se non ora quando”, con una proposta che si limitava al 70% o 80% di presenza femminile. I movimenti politici e associativi di donne hanno pensato di cominciare questo percorso proprio in vista della prossima tornata elettorale; tra questi ci sono l’Aiga, associazione dei giovani avvocati, il comitato per l’imprenditoria femminile, che mi ha sorpreso piacevolmente, perché per la prima volta la rappresentante del terziario donna Confcommercio ha voluto esserci in una proposta che fa parte delle sfera politica, poi ancora l’Auser, Ethra, Moica e  donne di vari partiti rappresentativi.»
Quindi questa proposta è appoggiata da tutti i partiti?
«Se così fosse saremmo serene e la partita sarebbe già vinta; sono le rappresentanti  dei propri partiti che stanno facendo una campagna al loro interno, per affermare questi principi. Sicuramente non è ben accetta da chi fa politica da tanti anni, che ora più che mai, vede restringere i propri spazi e la possibilità di entrare in una lista, considerando che dal prossimo mandato i consiglieri saranno di numero inferiore. Il problema è molto serio, poiché è proprio la cittadinanza che non si rende conto di ciò che significhi la esclusione dalla politica delle donne. Il pensiero comune è che tutti hanno accesso secondo la costituzione, alla politica attiva; la realtà è che per le donne il percorso politico è più difficile perché manca la consuetudine. Son stati fatti vari incontri,  ragionando sui motivi che portano l’esclusione dalla politica della donna, e il più delle volte capita che l’allontanamento avviene, probabilmente per i meccanismi che la politica nasconde. Penso che le donne non abbiano  tempo da perdere e quando analizzano il percorso, cedono, ma non perché non sia facile, piuttosto  non si appassionano proprio per i meccanismi che riscontrano, non ne sono attratte. Bisogna insistere perché le donne che hanno molte capacità, che partecipano ad  altri settori della vita sociale, possano davvero impegnarsi in politica.»
A che punto è la proposta oggi?
«Sono già presenti le prime firme, che dovranno essere almeno 15.000, ma il comitato si è proposto di raggiungere almeno 50.000. La legge è ricalcata su quella della Regione Campania proprio per evitare ricorsi che allungherebbero i tempi, che prevede il 30% di rappresentanza femminile nella Regione. La raccolta firme, con le medesime formalità dei referendum, terminerà il 2 settembre 2012, ma tutti i moduli con firme autenticate e certificate devono essere consegnati al comitato promotore entro il 31 luglio 2012.»
 Ma questa legge non andrà a screditare la professionalità della donna, poiché il cittadino non la sceglierà di sua spontanea volontà?
«La proposizione della doppia preferenza va proprio in questa direzione: non si sta obbligando nessuno a votare una donna, non esiste costrizione. Ovviamente ci auguriamo che la scelta verta sulle donne rappresentative dei partiti o comunque della società civile. So che è un argomento molto discusso, anche dalle donne stesse, poiché  non si prevede  la scelta di una donna per le sue competenze, ma solo perché c’è una partecipazione  riservata. Io credo che questo passaggio sia obbligatorio, almeno finché in Italia non si superi una tradizione culturale radicata, che veste la donna di un ruolo prettamente familiare; alle donne è stata data tardi la possibilità di studiare e di formarsi. Se consideriamo i numeri della rappresentanza femminile in politica,  nei consigli di amministrazione o nelle dirigenze, è palese la scarsa rappresentazione delle donne negli alti livelli, nei posti di comando. Sono moltissime le donne che si laureano, anche in facoltà scientifiche, il 60%  a Taranto, ma poi interviene la rinuncia alla vita lavorativa, data anche dalla difficoltà a conciliare il lavoro con la vita sociale e privata; il carico di cura versa sulla donna, perché l’uomo deve comunque pensare al mantenimento economico della famiglia e se la donna lavora, il suo stipendio viene visto come aiuto, ma è sicuramente lei a rinunciarci, laddove ci sono problemi di conciliazione. Se la donna guadagna più del marito, non è concepibile  che lui lasci il lavoro per occuparsi della famiglia e la moglie continui la sua carriera professionale; questa situazione produce da parte delle donne, una rinuncia alla partecipazione attiva alla vita politica, sociale ed economica del Paese. Piacevolmente ho notato però, che le nuove generazioni stanno impostando un modello diverso dal precedente.»
Qual è la differenza tra questa proposta e le quote rosa?
«La concezione è lontana dall’idea di quota, perché non si tratta di quota ma di partecipazione paritaria, 50 e 50 appunto; la quota è aleatoria, invece si chiama “equilibrio” nel nostro caso. Se è vero che numericamente le donne son di più rispetto all’uomo, non si vede perché non debbano essere equamente rappresentate nei vari contesti istituzionali. Quindi non “quota”, ma “partecipazione equilibrata della rappresentanza nella politica” .»


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