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Gianfranco Infante: Quando Roma era quanto Martina

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

5
MAG
2012

Già, perché è inutile ragionare in piccolo, afferma l’architetto, anche perché pur essendo un piccola città, Martina Franca è destinata a diventare sempre più grande

 Di idee ne ha davvero tante! E sono tutte idee cui nessun martinese aveva mai fatto cenno, forse per paura, forse per convenienza. Dopotutto, dice l’architetto Gianfranco Infante, di anni 51, bisogna essere un po’ pazzi.
Anche se di origini martinesi, l’architetto Infante è nato a Genova il 7 ottobre del 1960, ed è tornato in Puglia all’età di 7 anni. A Martina ha studiato presso gli istituti inferiori e superiori per poi andare a Firenze, dove si è laureato nel ‘87. Insegna dal 1993 e in più, tempo permettendo, fa libera professione, per la quale si occupa di architettura, urbanistica, paesaggio e design. A scuola (da sette anni insegna al Tito Livio) è docente di disegno e storia dell’arte al Tito Livio.
Tanti anni fa era un pochino più legato al centrosinistra, ma poi c’è stata una svolta ideologica, anche per merito della conoscenza con Michele Marraffa. Ha cambiato idea col passare del tempo, guardando anche al panorama politico nazionale e mondiale. La sua idea di sinistra, comunque, non era certo quella del Patto di Varsavia. Oggi si definisce uomo di centro, forse perché ha nell’animo la caratteristica del mediatore. Non gli piacciono gli estremi.
Come vede Martina Franca? Agonizzante, con la bombola d’ossigeno attaccata al naso; ma essendo questa una città ricca di risorse umane e imprenditoriali, potrà presto riprendersi. Martina è una città importante per l’Italia.

Dice che nelle passate amministrazioni non ha mai trovato un vero e proprio punto di riferimento. Ma con Marraffa è diverso, vero? Dopotutto ha deciso di seguirlo nella sua avventura…
«Beh, lo conosco dal ‘92, ma non gli fui da subito vicino. Poi l’ho conosciuto meglio e vi ho notato la caratteristica tipica di quel tipo d’uomini che oggi si sono un po’ persi: con una stretta di mano, questi risolvevano un contratto a vantaggio di entrambi i contraenti. E’ leale e con un’etica ben precisa. Molti lo vedono come un imprenditore un po’ duro e ruvido: non è assolutamente così. È dotato di grande bontà. Purtroppo in questo momento c’è chi lo odia, ma è anche un fatto positivo: vuol dire che sa far valere la sua persona, e questo è un fatto importantissimo!
In lui vedo sia un ottimo mediatore, sia una persona che ha coraggio (una certa spregiudicatezza non guasta). In politica bisogna essere lungimiranti: mai pensare in piccolo, altrimenti ciò che otterremmo sarebbe ancora più piccolo. Bisogna essere un po’ pazzi. Non tutto quello che si è pensato si realizza, ma possiamo arrivare almeno a un buon sessanta percento…»

Sicuramente, da architetto, Lei dev’essere abituato a pensare così, vero?
«Quando devo pensare a un nuovo progetto, non parto mai dal minimo: penso sempre che quello sarà il primo della mia vita; l’ultimo della mia vita e il più importante della mia vita. Poi, magari, si tratta di una piccola stanza da arredare o di una piccola villetta da ristrutturare, ma non significa nulla. Bisogna andare oltre l’oggetto; immaginare che la cosa sia più grande di quella che è per ricavarne il massimo.»

Qualcuno però dice che Marraffa c’è già stato a Palazzo… e senza grossi risultati…
«E’ un accusa banale, ma ancor più banale è la risposta: si pensa davvero che un uomo possa da solo cambiare le cose in una società così complessa? A questo punto, Martina nemmeno avrebbe bisogno di un governo di città, tanto ognuno di noi sarebbe in grado di gestire tutto. La città non avrebbe bisogno di comune, ma nemmeno di ospedali e scuole. Di nulla!
Questi sono quegli attacchi politici un po’ banali e molto populisti, appositamente sfornati per creare il personaggio-demonio, ma, “povero Michele”, lui voleva dare molto di più. Diciamocelo francamente: è stato un innovatore. Michele ha portato l’idea delle rotatorie a Martina quando in Europa c’erano già da trent’anni, una ventina d’anni fa.
Da soli non si può fare nulla. La nostra idea invece è stata quella di creare un gruppo estremamente allargato perché c’è sia un candidato sindaco e sia, sì, 72 candidati, ma dietro questi ci sono ancora centinaia e centinaia di persone che la pensano come noi. Oserei dire migliaia. Ho incontrato molta gente durante questa campagna elettorale: sono tutti demotivati, e hanno ragione. Per cambiare ci vogliono persone serie. E non bisogna nemmeno parlare più di tanto: adesso bisogna operare.»

Il tanto decantato turismo è davvero un punto importante del programma, o dovrebbe essere una conseguenza che derivi da un ottimo programma?
«Il turismo non basta metterlo come punto programmatico nelle brochure elettorali. Si punti alla qualità della città, e nel momento in cui la città diviene bella e curata, il turismo viene in automatico. Il turismo non lo fa l’amministrazione, ma lo fanno i privati, gli imprenditori e gli albergatori. Se questi ultimi non hanno mezzi di qualità per poter lavorare al meglio, nessuno viene. Come si dice comunemente: “Se non c’è niente… che vengo a fa’?”»

Ha detto che di idee ne ha molte. Ce ne dica qualcuna…
«Faccio un esempio pratico. Martina soffre di una serio problema legato alla viabilità, che non è più all’altezza del nostro peso urbanistico e demografico: le nostre strade sono piccole, maldisposte e con caratteristiche geometriche non sempre lineari. Va rivisto, direi anzi reinventato il reticolo viario della città, e senza spaventarsi, perché anche le cose che possono sembrare eccessive vanno pensate e fatte. Le strade sono un patrimonio di tutti! Sono la città visibile: chi viene da fuori non passa per le nostre case.
Io odio le macchine parcheggiate ai lati dei marciapiedi, perché la strada, quando è nata anni fa, non è stata pensata come deposito per scatolette d’acciaio. E’ stata pensata come punto di passaggio e tale deve tornare ad essere. Poi è nato il marciapiede, anche questo anni fa, per le persone. Noi abbiamo un fortissimo punto di discontinuità sia nella viabilità carrabile, sia in quella pedonale. Facciamo questo esperimento: individuiamo un punto di Martina da cui partire e un altro punto cui arrivare; percorriamo il tragitto e calcoliamo quante volte scendiamo sull’asfalto perché finisce il marciapiede ... assurdo! Ci sono aree di Martina dove manca totalmente il marciapiede. Va assolutamente creata una continuità pedonale su tutta la strada.
Mettiamo le piste ciclabili? Certo, sicuramente ci sono tratti in cui si dovrebbe assestare una pedalata un po’ più energica (ma qui il limite è nostro!). Io vengo da una cultura famigliare molto diversa rispetto a quella tipica di qui: bisogna essere innovativi. Mai spaventarsi di nulla. A volte, le idee più strane sono quelle che possono davvero salvarci.»

Portare qui la cultura del Nord Italia, più vicina all’Europa, certo. Del resto in terra ionica il pensiero “Ma chi ce la fa fare” va sempre per la maggiore, no?
«Sì, sì, certo! Anche perché la cultura del Nord è vista così distante da noi, ma non è questione di costumi: è questione di convenienza! Se una città, in Svezia o negli Emirati Arabi, diventa totalmente ecosostenibile, vuol dire che qualcuno, nel mondo, già sta pensando che il senso di città come la pensiamo noi oggi non esiste più: è cambiato. E perché noi non dovremmo pensarci? Perché dobbiamo spaventarci di pensare alla grande?
Io sono portato a pensarla così dalla mia professione, ma non solo in qualità d’architetto: anche come docente. Non posso permettermi di pensare il minimo nei confronti dei ragazzi. Io da loro pretendo sempre il massimo, sennò non avrebbe senso insegnare. Pretendo il massimo da me e da loro, e anche dalla futura amministrazione bisognerà pretendere il massimo! I cittadini dovranno anche incavolarsi con gli amministratori. Mandarli a quel paese, se necessario! Altrimenti non ha senso ciò che andremo a fare il 6 e il 7 maggio.»

Ho sentito la parola “ecosotenibilità”, vero?
«Ma, guardi, Martina è messa male su questo aspetto. Certo, è un argomento complesso e va visto su tanti fronti: il problema del traffico è uno di questi, ed è molto serio. C’è poi il problema dell’energia; c’è il problema dell’acqua! Di acqua ne abbiamo tanta, che venga da su o da sotto, ma molto spesso rischiamo di rimanere a secco d’estate... E’ un po’ un controsenso. Andrebbe pensato anche qualcosa circa il recupero delle acqua. I nostri bisnonni recuperavano fino all’ultima goccia d’acqua; noi non ne siamo più capaci.
A me piace tantissimo l’idea di città-giardino. Per prima cosa leverei le auto dalle strade,  poi aumenterei i marciapiedi e pianterei file infinite di alberi! Dove mettiamo le macchine? Beh, c’è un po’ di sottosuolo e ci sono alcune aree, anche nel centro di Martina, che possono ospitarne tranquillamente quante ne vogliamo. Tutto cambierebbe da così a così, anche in termini ecosostenbili: se io pianto dei filari di alberi a foglia caduca, d’estate avrei l’ombra e proteggerei le case da un’insolazione troppo forte; d’inverno le piante si scaricherebbero delle foglie e i raggi solari, meno intensi, riscalderebbero naturalmente la strada. Sono tanti piccoli trucchi da cui la città potrà ottenere sicuramente beneficio.
Basta andare a Madrid o a Barcellona… qualcuno potrebbe ridacchiare e invitarmi a non fare esempi con simili realtà, perché, in fondo, noi sempre a Martina stiamo, no? Siamo una piccola città di provincia… ecco: questo ragionamento equivale ad assestarci da soli una bella mazzata in testa per tornare a pensare il piccolo. Assolutamente sbagliato! Sbagliato! Parigi, nel 1000 d.C., era quanto Martina; Roma, dopo la caduta dell’Impero d’Occidente, era quanto Martina! Con questo non voglio dire che Martina diventerà capitale di qualche impero, ma voglio dire che non esiste una limite di innovazione che è inversamente proporzionale alla grandezza della città. I cosiddetti “bus a chiamata”, per esempio, li stanno installando nelle piccole città d’Europa, non nelle grandi capitali.»

Un suo parere sul Centro Storico, sia da architetto che da candidato amministratore…
«Finché vi penseremo come tessuto urbanistico, non riusciremo mai a riqualificarlo. Il Centro storico va visto come tessuto sociale: da un lato si sta lentamente “museizzando”, dall’altro si sta degradando. Dobbiamo pensarvi come un punto nodale della città di Martina: deve diventare per noi ciò che per i londinesi è la City. Dev’essere la parte dove si viva la città e dove ci siano i servizi essenziali. E, se lungo i viali del Centro Storico, si riuscissero a installare una serie di parcheggi interrati (i concetto è sempre quello: sotto le macchine; sopra le “chianche” e gli alberi!), farei sì che, una volta parcheggiata l’auto, a cinquanta metri l’utente già si trovi in Centro.
Ancora, parliamo delle residenze: dare possibilità alle giovani coppie di risiederci. Bisogna tornare a vivere il Centro Storico come città nella città, anzi: è la città! Fino al secondo dopo guerra era “la Città”! E’ stato il luogo dove hanno calcato le strade grandi personaggi. Uno su tutti? Alessandro Fighera, il miglior sindaco che Martina Franca abbia mai avuto!»

Elezioni Martina Franca 2012: cosa le viene in mente?
«Ti cito solo una frase di Seneca che a me piace molto: “Le idee migliori sono patrimonio di tutti”. Spero che al comune di Martina vadano persone con le idee. Do per scontato che ci siano intelligenza e capacità di gestione, ma ciò che ci serve sono quelle idee che cambieranno il futuro di Martina!»


 



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