MENU

GIANPAOLO TETTEI: Fiori e prezzemolo

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

2
MAR
2012

«Vuoi trascorrere il resto della tua vita vendendo acqua zuccherata, o vuoi una possibilità di cambiare il mondo?»

(Steve Jobs)
 
Negli anni sessanta, tra i monti del sassarese, o si faceva il pastore o non si mangiava.
Negli anni sessanta, in Valle d’Itria, o si lavorava in campagna o si rimaneva in casa.
Due famiglie, una originaria di Burgos, in provincia di Sassari, e l’altra proveniente da Martina Franca, emigrarono nella grande Milano nella speranza di trovare un lavoro per dare un futuro migliore ai rispettivi figli. Questi due figli, un ragazzo sardo e una ragazza pugliese, negli anni settanta si conobbero, si innamorarono e crearono una propria famiglia. Il primo frutto della loro unione nacque 33 anni fa e prese il nome di Giampaolo “Venanzio” (dal nonno paterno) Tettei, che visse nel capoluogo lombardo assieme ai genitori e al fratello minore fino al 1985, quando ritornarono tutti insieme in Puglia. Milano, racconta Gianpaolo, sarà anche grande e ricca di opportunità, ma ha un grado di vivibilità pari a zero.
Oggi Giampaolo risiede nella contrada di San Paolo assieme alla moglie e alle sue due bambine, Rossella e Angelica, rispettivamente di 6 e 4 anni. Commercia in articoli floreali e, a vederlo, quasi lo si scambierebbe per Fabio Volo, eccezion fatta per la simpatia più genuina. Curiosamente, anche lui si diletta in poesia, ma i suoi versi sono di sicuro meno scontati e qualunquistici. E, di certo, il qualunquismo è l’ultimo difetto che si potrebbe attribuire a Giampaolo: dice di sé che, da bambino, la maestra lo definiva “Prezzemolino” perché si immischiava in ogni faccenda e in ogni problema, prendendo sempre le difese del più debole.
In realtà, Giampaolo ha la politica nel sangue: suo nonno Venanzio era colui che accompagnava Francesco Cossiga sottobraccio durante le campagne elettorali per la provincia, più di mezzo secolo fa, quando il futuro Presidente della Repubblica era ancora uno sconosciuto. Crescendo, Giampaolo ha conosciuto di striscio gli ambienti della destra, col MSI prima e con AN dopo, mettendoci la faccia solo nel 2007, con la neonata (allora) Destra di Storace, e di nuovo nel 2009, candidandosi alle provinciali nientemeno che con AT6-Lega d’Azione Meridionale, in uno dei collegi martinesi.
Oggi è commissario del Partito Liberale Italiano e anche lui, con la sua squadra, si prepara a scendere sul ring della campagna elettorale con guantoni, paradenti e conchiglia.
 
Raccontaci meglio la tua passione e le tue esperienze in politica.
«Indirettamente, da ragazzino, stava dietro le quinte per i movimenti di destra. Poi, si sa, fino ai vent’anni o sei fascista o sei comunista. Se dici di essere della Margherita, per esempio, fai una figura barbina, ma dopo i vent’anni è bene che ci si moderi.
Nel 2007 nacque il partito de La Destra di Storace e contattai Roma. Loro mi ricontattarono e ci incontrammo, appioppandomi un simbolo nuovo proprio al momento delle governative: praticamente io ero alla prima esperienza, con un simbolo nuovissimo e in data di elezioni governative! Maruonne d’u Carmene! Comunque presi 150 voti circa, e fu un piccolo successo, considerando il contesto. Di là, il partito cominciò ad avere i soliti problemi e i soliti scontri. Vidi che si pensava più ai contenitori che ai contenuti, come al solito, e alla fine, alla prima occasione, raccolsi le mie cose e me ne andai con altri amici di Taranto, con cui s’era formato un bel gruppo.
A quel punto c’era il discorso delle provinciali (era il 2009) e questi amici tornarono nella casa di Giancarlo Cito. Mi implorarono di candidarmi con AT6 e, in fondo, la cosa era allettante: AT6 era, ed è, un partito che ha Martina è radicata pochissimo, se non proprio per nulla. Martina è un po’ repubblica indipendente, si dice così. Quindi mi son detto che mettere la propria faccia accanto ad un simbolo che a Martina non ha mai fatto presa sarà un’eccellente bilancia per vedere quanto peso.» 
E quanti voti “pesavi”, all’epoca?
«157 voti. Ma non mi candidai nella circoscrizione di San Paolo-Crispiano. Per il semplice motivo che non volevo bruciarmi poi la carta delle elezioni comunali. Mi iscrissi nella circoscrizione Martina 2, cioè il centro città, dove ho pochi amici, ma avevo un mio collega nella circoscrizione Martina 1 e con lui ho fatto gioco di squadra. E mi sono divertito tantissimo. Ma davvero, in quell’occasione mi sono divertito tantissimo! E’ stato bellissimo vedere tante persone che ti hanno aperto le porte di casa, vogliose di rinnovamento e di sentire il contatto umano. La gente cerca questo: il contatto umano. E’ questo che molti politici non capiscono. La gente prima di tutto cerca il contatto umano. Io che lavoro al mercato lo so bene: la signora che mi viene a comprare i fiori, al cinquanta percento, mi racconterà della bolletta che gli è arrivata a casa o della sorella con cui non si parla. La gente vuole che la ascolti e il contatto umano si basa su questo. Oggi è difficile che qualcuno che ti ascolti, ma l’ascoltare è il dono più bello che ci ha dato il Signore.»
 
E poi? come sei arrivato al Partito Liberale?   
« Con quello stesso collega creai un associazione di promozione sociale, “Un’altra Martina”, che però oggi è rimasta a lui in quanto io ero entrato definitivamente in politica e volevo che l’associazione rimanesse asettica.
Con “Un’altra Martina” abbiamo proposto, e continua a proporre, tante iniziative, tra cui un concorso artistico per promuovere la “martinesità”. Con le associazioni ti adoperi per gli altri, sì, ma devi sempre chiedere il permesso a qualcuno. Dalla politica invece, promuovi il territorio ma direttamente dalla stanza dei bottoni. Con un’associazione non puoi tappare le buche in strada. Fortunatamente, nel periodo in cui c’è stato Palazzo, lo stesso sindaco si è sempre adoperato molto e ha fatto da tramite parecchie volte tra l’associazione e l’amministrazione.
Tornando a noi, parlando con qualche amico, scoprii il PLI e trovai che i suoi valori si avvicinavano molto ai miei. Molti hanno osservato che il mio passato politico apparteneva a tutt’altra cultura, ma io dico che poi si cresce. Da ragazzino è normale essere fascista o comunista. O sei nero o sei rosso. Il problema è quando dici di esserlo anche dopo i vent’anni. Così nell’ottobre 2011 sono diventato commissario del PLI.»
 
Comunque hai una formazione di destra. Secondo te, quale elemento della triade Dio-Patria-Famiglia è quello che sovrasta, per importanza, gli altri due?
«Di sicuro la famiglia. La famiglia è fondamentale, per vivere e sopravvivere: che sia la famiglia di cui sei padre o che sia la famiglia di cui sei ancora figlio. La prima cosa che ti sostiene e devi sostenere è la famiglia. Devono essere le persone con cui ti consigli. Tra le mie tante poesie e aforismi, che compongo a tempo perso, c’è un verso che recita: “Negare gli errori è come negare i genitori. Entrambi ti aiutano a crescere”.
Ho molti amici, anche più grandi, che hanno i figli che sono andati via e cui oggi piange il cuore. I figli si ricorderanno di San Paolo come il luogo di quindici giorni di villeggiatura da mamma e papà. Sarà solo questo. Fra due generazioni non ci saranno più fiori sulle nostre tombe. Perderemo le nostre tradizioni. Per esempio, mia moglie ha insegnato alle bambine a fare le orecchiette, e vedere le mie bambine fare le orecchiette è uno spettacolo! È la cosa più bella del mondo, ma se un giorno emigreranno, tutto ciò che abbiamo insegnato loro andrà perso. E i loro figli non erediteranno quelle tradizioni che fanno parte del territorio, che morirà piano piano. Così è successo a Burgos, nel paese di mio padre, dopo sono arrivati a essere solo 500 abitanti.»
 
Tu cosa proporresti per risolvere questa piaga, che interessa tutto il Sud Italia?
« I giovani devono avere delle possibilità. Ci sono una valanga di fondi ma in molti preferiscono non rischiare. Ciò che penso possa portare sviluppo al territorio è la green economy.»
 
Di che si tratta?
«Ogni secolo ha una parola che lo caratterizza, e quella del secolo 2000 è la parola “eco”. Eco-sostenibilità, ecologia… tutto il 2000 ruota intorno a questa parolina magica di origine greca.
Oggi, l’80% dell’energia italiana proviene dal carbon-fossile: petrolio e carbone, e quindi esauribili. Il restante arriva dalla Francia, dalle centrali nucleari.
Andare ad installare un pannello fotovoltaico su ogni casa, invece, non ha alcuno svantaggio, nemmeno estetico, e di certo non saranno più brutti delle antenne televisive che ogni palazzo ha sul tetto. Sarebbe una cosa che fa solo bene: al portafoglio, all’ambiente e all’economia, perché se i pannelli fotovoltaici si diffonderanno, vorrà dire che ci sarà almeno una ditta che li fabbrica, un’altra che li monta, un’altra che li vende e un’altra ancora che li aggiusterà. Quattro passaggi fondamentali, e abbiamo parlato solamente dei pannelli fotovoltaici. Immaginiamo poi quante altre risorse di questo tipo abbiamo.
Le eco-automobili sono un altro esempio, ma finché esisterà il petrodollaro, saremo sempre un po’ schiavi. Adesso, per esempio, vogliono trivellare vicino Monopoli: ci sarà un forte impatto sull’ambiente e il Sud, come sempre, dei frutti economici non vedrà che le briciole. Come è successo in Basilicata: si sono arricchiti con la loro roba e hanno rovinato una bellissima terra come quella della Lucania…
Dobbiamo guardare avanti, come faceva Steve Jobs. Perché, se ci fermiamo al carbon-fossile è finita.»
 
Certamente, se tu andassi a Palazzo Ducale, anche San Paolo potrebbe contare su un aiuto in più…
«E’ ciò su cui stiamo lavorando. Si pensi, per esempio, che la prima istanza a memoria di persona per il prolungamento dell’acquedotto risale al 1961. Ad oggi non è cambiato niente. L’acqua arriva alla fontana di San Paolo e là finisce. Poi, d’accordo, c’è un problema tecnico, ovvero che l’acquedotto dispone di una vasca sola e se si allacciassero le altre mille famiglie uscirebbe solo aria dai rubinetti, cadrebbe la pressione. Necessiteremmo di un’altra vasca, oppure potenziare il tronco di Villa Castelli. Che poi a San Paolo i tronchi ci sono. Negli anni passati hanno scavato e inserito tanti tubi. Cioè, sotto i piedi siamo pieni di tubi, ma vuoti.
Oppure, c’era la possibilità di far importare il metano a San Paolo, anche grazie all’interessamento di Franco Palazzo. E quanto lo abbiamo fatto tribolare, a Palazzo: ogni giorno, ogni cinque minuti uno di noi lo chiamava per fargli presente un problema. E ora la luce, e ora la strada… poi l’amministrazione è caduta e l’azienda stessa del gas si è tirata indietro, non potendo certo spendere centomila euro di lavori per pochi utenti. Magari, con i sovvenzionamenti per le zone rurali, saremmo riusciti ad ottenerlo, ma purtroppo tutto è ancora in alto mare.
La contrada dove vivi è come casa tua. Ci abiti tu, assieme ad altre persone. La gestisci tu con loro. Se tu lasci calzini sporchi dappertutto e poi deve stare qualcuno da dietro a raccoglierli… funziona come una famiglia: si parla, si discute, si litiga. Il confronto dev’esserci, sennò diventa una monotonia.»
 
Dell’ex sindaco Palazzo si è detto tantissimo, e non sempre in termini favorevoli. Tu, invece, sembra che abbia un'altra idea di lui…
«Per dirti, l’altra settimana dei vandali hanno devastato l’asilo e tutti i giocattoli che lui aveva fatto in modo di ottenere. Tutti i bambini degli altri asili avevano i giocattoli, tranne i nostri. A dire il vero, non avevano niente, nemmeno le sedie. E Franco Palazzo, tramite l’amministrazione, era riuscito a farci avere i giocattoli. Poi arrivano queste teste di c***o e spaccano tutto!
Franco è stato troppo umano. Era un agnello in mezzo ai lupi. Accontentava tutti e poi prendeva schiaffi a destra e a sinistra. Era come se giocasse allo schiaffo del soldato, con lui sempre al centro. Povero Cristo, è stato crocifisso in sala mensa dai suoi stessi commensali.»
 
Ecco, torniamo un momento alla politica. Il PLI martinese ha qualche idea circa le alleanza?
«No, ancora niente. Il nostro è un partito piccolino e vogliamo dare un contributo, ma se prima non si mettono d’accordo i partiti politici più grandi noi non possiamo far nulla. Per adesso stiamo lavorando ai programmi. In fondo i programmi sono sempre quelli, ma noi abbiamo una visione diversa. Provenendo io stesso da una contrada, capisco anche gli abitanti delle altre contrade. Le altre comunità minori della Valle d’Itria devono essere tutelate. Oggi, che si sono ripopolate, si soffrono tantissimi disagi.
Per le alleanze, comunque, prima vediamo chi è la sposa. Poi decidiamo. Vorrei tanto che questa volta si facciano le cose per bene, altrimenti va a finire con un altro crocifisso in sala mensa. A questo punto, se le teste sono queste, teniamoci per dieci anni il commissario, che è meglio. Come Monti. Anche Monti è un liberale!»
 



Commenti:

Francesco 16/MAR/2012

Forza Gianpaolo!!!

Lascia un commento

Nome: (obbligatorio)


Email: (obbligatoria - non sarà pubblica)


Sito:
Commento: (obbligatorio)

Invia commento


ATTENZIONE: il tuo commento verrà prima moderato e se ritenuto idoneo sarà pubblicato

Sponsor