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ANTONIO LATTANZIO: Da che parte sta il centro

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

15
GIU
2012

 

L’esponente UdC parla di Terzo Polo, Montezemolo e Grillo, ma soprattutto di Alberobello, governata da un’unione moderata, e di Locorotondo, dove sembra che vada tutto bene ma in realtà…
   
«- Io ho capito che un comico che non fa più ridere ha preso un sacco di voti!
Mentre un politico che  fa ridere non lo vota più nessuno...»
Obama e Putin, da Gli Sgommati – maggio 2011
 
Alla sua nascita, il Nuovo Polo per l’Italia aveva rappresentato la luce che dilaniava le masse oscure del PdL e PD. Poi è arrivato Monti, l’immagine granitica di Berlusconi si è sciolta (ed è ancora in fase di evaporazione) come una statua di sabbia sotto il vento, e Grillo fa bum. Di certo lo scenario non è proprio quello che si era programmato nel dicembre del 2010. Adesso Casini saluta e se ne va. Qualcuno ha anche detto, rivolgendosi idealmente a Fini, “chi la fa l’aspetti”: in realtà la scelta di Fini e il calcolo di Casini hanno ben poco a che vedere: il primo affrontò coraggiosamente, quasi con incoscienza disperata, Berlusconi, perché ormai la figura di quest’ultimo e l’appiattimento nei confronti delle scelte leghiste avevano otturato tutto l’impianto (nel 2010: la fine di Berlusconi era solo da rimandare di un anno); Casini, invece, ha fatto un ragionamento tutto suo e, sempre secondo lui, il Terzo Polo, chiamiamolo così, così come lo conoscevamo non rappresenta il futuro dell’Italia e non rappresenta la richiesta di rinnovo voluta dalla gente.
Ma chi lo rappresenta, allora, questo Terzo Polo? Verrebbe quasi da rispondere Grillo. Il Movimento 5 Stelle si è confermato come secondo partito, ponendosi tra il PdL calante e un PD che fatica sempre di più a distanziare il partito del comico genovese.
Discutiamo con l’avvocato Antonio Lattanzio dello scenario e delle motivazioni che, secondo lui, starebbero alla base di questo fallimento del progetto terzopolista. Antonio Lattanzio, avvocato penalista di anni 48, è sposato e padre di un bambino di tre anni. Fu candidato per la prima volta alle amministrative del 1990 di Locorotondo, all’età di 25 anni, nelle liste della Democrazia Cristiana e fu eletto in consiglio comunale, entrando nelle file della maggioranza scudocrociata. Attualmente, è componente del direttivo  regionale dell’Unione di Centro e segretario del partito per il comune di Locorotondo, essendone risultato dal congresso del 17 dicembre 2011.
 
 
Casini ha detto che il Terzo Polo è morto. Definitivamente? E perché?
«Il Terzo Polo ha certamente svolto il suo ruolo in un momento in cui andava data la sveglia a un sistema che non funzionava più e da tempo. Gli va certamente riconosciuto il merito di aver contribuito all’archiviazione della stagione berlusconiana, intesa anche come fase durante la quale i cittadini italiani sono stati destinatari passivi di una serie infinita di bugie, a opera dei grandi partiti che, rimandando in avanti le scelte impopolari ma necessarie, continuavano ad accantonare e nascondere la polvere sotto il tappeto.»
 
Cosa non ha funzionato al suo interno?
«Allorquando l’idea del Terzo Polo è nata, vi era una forte esigenza di andare oltre quel bipolarismo che continuava a dare chiari segnali di debolezza, sempre più avvitato su se stesso e sempre più distante dalla gente, anche dalla stessa base dei suoi elettori.
Quell’Alleanza aveva la giusta ambizione, ossia di voler andare oltre quel sistema ma, da un lato, non è riuscita a convincere appieno della sua validità gli elettori stessi, indotti a scegliere per un Polo o per l’altro e, poi, ha commesso l’errore di sottovalutare il profondo radicamento, anche a livello locale, che quel sistema bipolare aveva costruito negli anni, un sistema che impediva in ogni modo qualunque voce fuori dal coro, che non fosse perfettamente allineata e coperta. E’ mancato più coraggio e forza nel proporre quel progetto.»
 
Fini, Rutelli e Lombardo. Che opinione si è fatto di ognuno degli altri componenti che, con Casini, avevano dato vita al Terzo Polo?
«Tre uomini con personalità molto diverse tra loro, con storie ed esperienze personali di tutto rispetto. Oggi, però, il cittadino, giustamente, chiede e pretende che dette esperienze vengano messe a disposizione di una nuova e diversa idea di politica, che non si senta (e non sia effettivamente) immune dal rendere conto del suo operato agli elettori.
Quelle esperienze e quelle capacità, oggi, per dimostrare di essere ancora attuali, dovranno essere capaci di mettersi al servizio di un nuovo progetto, che riesca a tenere insieme le forze migliori.»
 
Montezemolo vuole scendere in campo. Per la seconda volta, dopo quasi vent’anni, un imprenditore sceglie di metterci la faccia per fronteggiare la crisi politica. Ieri Berlusconi, oggi Luca Cordero. Ritiene che l’UdC possa sposare i suoi ideali?
«Io, personalmente, ritengo che Montezemolo possa dare un importante contributo per riaprire un serio dibattito civile e politico nello scenario attuale, come preannuncia di voler fare con Italia Futura. E mi piace l’idea che si possa riprogettare l’Italia che sarà, mettendo al primo posto le competenze e le esperienze di uomini e donne portatori e portatrici di una rinnovata passione, da mettere al servizio del paese.
Ben venga il rafforzamento del dialogo tra Casini e Montezemolo, ma attendo anche io come tutti di comprendere meglio i dettagli della proposta di Italia Futura, convinto come sono che si può e si deve discutere solo di cose di cui si ha buona conoscenza e non di ciò che viene preannunciato.
E’ comunque una buona base da cui partire, per l’Italia che sarà.»
 
La vittoria dell’unione moderata di Michele Longo ad Alberobello potrebbe rappresentare, nel microcosmo comunale, la proiezione di un futuro governo nel macrocosmo nazionale. Insomma, non crede che Michele Longo possa aver anticipato, nel suo piccolo, uno scenario che potrebbe verificarsi presto a livello nazionale?
«Io ritengo di averlo sperato, pensato e sostenuto con coraggio, in tempi non sospetti, quando in molti consideravano quella impresa realizzata ad Alberobello del tutto impossibile, salvo poi a salire sul carro dei vincitori il giorno della vittoria. Ho creduto in Michele Longo e nella sua squadra, fuori dagli schemi tradizionali e fuori dai ranghi dei partiti. Ho visto, in un paese diverso dal mio, anche se molto simile per alcuni versi, prevalere l’esigenza del cambiamento sulla stanca e superata politica del passato.
Ho vissuto in prima persona i comprensibili timori di chi era alla prima esperienza, confrontarsi con la sicurezza, quotidianamente sbandierata, di chi riteneva di avere già vinto prima ancora di partecipare alla competizione. Ho visto e ho colto le paure della gente di esprimersi liberamente, per urlare la voglia di voltare pagina e tornare a sperare. Ma ho anche creduto che da Alberobello, da una piccola comunità, potesse nascere una nuova idea di politica e, soprattutto, di impegno civico nobile per il proprio paese. Loro, i candidati, sono stati bravi, ma ancora di più lo sono stati i loro concittadini, che hanno mostrato coraggio e maturità.
Ora come allora credo e ritengo che, ad Alberobello si siano precorsi i tempi e che, qualche volta, anziché attendere comodamente segnali e scelte dall’alto, molto si possa e si debba fare dalla base, mandando alla politica un segnale chiaro e forte. O la politica si rinnova o saranno i cittadini a imporre il cambiamento, grazie al segreto delle urne.
Ad Alberobello è accaduto qualcosa che, probabilmente, se si fosse votato un anno prima, nel 2011, non sarebbe stato possibile o sarebbe stato più difficile da realizzare. Probabilmente, come è accaduto nel mio paese, a Locorotondo, alcuni partiti avrebbero imposto (o tentato di imporre) scelte ed alleanze, per logiche egoistiche interne, dettando le regole per la competizione, con inevitabile ripercussione sul risultato finale. Chiunque avesse vinto, se si fosse votato nel 2011, in tutta probabilità, sarebbe stato un mero continuatore della vecchia politica e delle vecchie logiche distruttive. Sarebbe stata l’ennesima passerella di onorevoli e senatori, finalizzata a trasmettere il consueto messaggio: il nostro candidato è il più forte perché ci siamo noi a tutelarlo.
Per questo io credo che sia importante il risultato di Alberobello, che deve far riflettere tutti, anche chi si sente al sicuro ed immune da controlli, verifiche e giudizi sul suo operato. Agli elettori va sempre dato conto, prima o poi, e alla storia anche.»
 
E se a Locorotondo si fosse votato alla scadenza naturale, cioè nel 2012, come ad Alberobello, cosa sarebbe accaduto ?
«E’ passato un anno dalle nostre amministrative del 2011 e sembra che sia trascorso un secolo.
Allora si era ancora in piena era berlusconiana, con scarsa consapevolezza della gravità della crisi e delle conseguenze per le famiglie italiane. Oggi, molto è stato messo a nudo e in molti hanno capito. Se fossimo andati al voto anche noi due mesi fa, in tutta probabilità, avremmo avuto uno scenario del tutto diverso. Ma la politica, come tante altre cose, non può costruirsi sui se e sui ma, deve avere i piedi per terra e confrontarsi con la realtà vera. Oggi, nel mio paese, al di là delle opere in via di completamento, tutte avviate nel primo anno di attività dell’amministrazione Petrelli (Circonvallazione, D.P.P. per il nuovo P.U.G., Piazza Aldo Moro, Asilo nido, etc.) c’è il buio totale e un silenzio allarmante, ma non solo. In molti settori c’è un preoccupante arretramento della qualità dei servizi, sempre più costosi, da garantire ai cittadini e quindi, un abbassamento della qualità della vita di ogni abitante.
Mentre la raccolta differenziata raggiunge livelli pregevoli nei comuni a noi vicini, da noi crolla, e ciò nonostante i costi esorbitanti della gestione delle isole ecologiche. Non siamo stati in grado sino ad oggi neppure di indire la gara per la gestione del servizio di smaltimento rifiuti, procedendo con proroghe assurde ed inaccettabili.
Oggi attendiamo di conoscere, ma è solo una questione di tempo, ne sono sicuro, le vere e concrete ragioni per cui il nostro Sindaco ha deciso già da un anno e forse più, visto che ha nelle sue mani le sorti del paese da circa due anni, di “accantonare” il P.U.G., con buona pace del tempo, del lavoro e delle risorse adoperate per portare avanti quel faticoso impegno.
Non basta certo indire una assemblea pubblica in cui si sbandierano scelte già fatte ma non spiegate nei dettagli importanti e neppure istituire un Forum che, a oggi, non funziona per niente, per determinare buone scelte, comprese da tutti e non solo da pochi addetti ai lavori (edili).
Molte cose accadono, ma in pochi ne parlano, e qui vorrei ricordare il grave scivolone della nostra amministrazione risalente al 25 aprile scorso, occasione evidentemente importante nella quale ci si è addirittura dimenticati di esporre il tricolore davanti al nostro Municipio, salvo poi a giustificare detta assenza con la mera mancanza del cerimoniere.
Peccato, poi, che il movimento politico di destra riconducibile al nostro vicesindaco abbia pubblicamente dichiarato di non avere alcun interesse per quella ricorrenza, addirittura sbeffeggiandola.
Ma a me piacerebbe sapere il perché nessuno ha parlato dell’alto tradimento del nostro territorio da parte del Sindaco, allorché ha ritenuto di condividere e sottoscrivere un documento diretto al Ministro della Giustizia e al Presidente del Consiglio, con il quale si è chiesto espressamente di sopprimere il Tribunale di Putignano e conservare quello di Monopoli.
Ma cosa ancora più grave è che il Sindaco non abbia neppure ritenuto di parlare della sua scelta “personale” alla sua maggioranza, al suo assessore competente, peraltro avvocato, al Consiglio Comunale e, quindi, al suo Paese.
Non c’è un atto di indirizzo politico adottato dal nostro Consiglio Comunale, ma c’è una scelta arbitraria ed avventata del nostro primo cittadino, ai danni di Locorotondo.
Attendo un confronto pubblico sul tema, a Locorotondo, anche per spiegare come si pone quel documento con l’impegno poi assunto con gli altri Sindaci, evidentemente subito dal nostro primo cittadino, con il quale si chiede alla politica nazionale di rivedere alcune scelte per tutelare e preservare il nostro Tribunale di riferimento, ovvero, quello di Putignano.
Non è una guerra di religione, ma è giusto, quando ve ne siano i presupposti, che ogni Sindaco, evitando di mettere in imbarazzo il suo stesso partito e la maggioranza che lo ha eletto, cerchi di proteggere il suo territorio e i servizi essenziali, senza farsi fuorviare da altre motivazioni magari connesse con il collegio elettorale di appartenenza.»
Eppure pare che tutto vada bene…
«Oggi, voglio qui denunciarlo pubblicamente, nel mio paese è in atto solo una sistematica propaganda mediatica, anche attraverso gli strumenti istituzionali di cui un Comune è dotato, diretta a non informare o, peggio, a disinformare.
Mi sconcerta il fatto che, sul sito del nostro Comune (comunicato 16 maggio 2012), l’ufficio stampa sostenga che tutto va bene, che c’è un bel gioco di squadra, “che il rapporto con le minoranze è totalmente cambiato rispetto al passato e si respira, finalmente, un clima di collaborazione, condivisione e riflessione, in ausilio all’operato della maggioranza”.  
Lo stesso Sindaco ha più volte scritto (comunicato 26 marzo 2012) che in Consiglio Comunale oggi c’è un clima sereno, ma allo stesso forse sfugge che  fuori dal Consiglio Comunale non c’è traccia di quella “serenità” a cui allude. E’ una sensazione, la sua, fuori dal tempo, che richiederà ulteriori approfondimenti già nei prossimi mesi.»
Ciò che vediamo da sempre è un’UdC che, in base al luogo e al periodo, tende ad allearsi con partiti molto diversi tra loro: quest’anno, per esempio, durante le elezioni, a Taranto si è alleata con la sinistra di Stefàno; a Martina ha concorso da sola e in altri paesi ha corso col PdL. Questo atteggiamento non rischia di confondere l’elettore?
Immaginiamo questa situazione: che in un paese si voti per rinnovare la classe dirigente tout court (comunali, provinciali, regionali e nazionali). Cosa dovrebbe pensare un elettore di Casini se il proprio partito si presentasse, nell’ordine, con il centrosinistra alle comunali, con liste autonome alle provinciali, con il centrodestra alle regionali e da terzo polista alle nazionali? 
«E’ inutile dire che anche l’esperienza dell’UdC. che, recentemente e per una scelta ragionata e condivisa al suo interno, ha visto il totale azzeramento della sua dirigenza nazionale, è anch’essa una realtà in profonda evoluzione. Lo steso Pierferdinando Casini ha ribadito, a più riprese, che ormai il Paese Italia ha bisogno di una nuova proposta politica, di un nuovo progetto per il futuro, che non può più essere rappresentato dai vecchi e stanchi partiti tradizionali. E oggi più che mai resterebbero incomprensibili posizioni che non siano improntate alla massima chiarezza, che non vedano finalmente insieme tutte le forze compatibili tra loro, che devono fare scelte coraggiose, slegando lacci e lacciuoli che li hanno tenuti imbrigliati per circa un ventennio.
Io, personalmente, spero che tutte le contraddizioni all’interno del PdL e del PD continuino ad emergere appieno, così da provocare la naturale separazione tra sensibilità e idee troppo diverse tra loro, tenute troppo a lungo assieme da logiche oramai superate, almeno in parte. E nel nuovo scenario che si delineerà, conseguenza anche della grave situazione economico – finanziaria in cui versa l’Italia, accanto al nuovo che avanzerà, ancora una volta, ci sarà il vecchio che tenterà l’ennesima trasformazione machiavellica. Per questo bisognerà tenere gli occhi aperti.»
 
Il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo si attesta, secondo recentissimi sondaggi, al secondo posto, col 18 percento circa di preferenze. Rendiamoci conto: ha surclassato Berlusconi e Lega. Rappresenta, o almeno così dovrebbe, l’idea di rinnovo e limpidezza che gran parte dell’elettorato si aspetta. Per molti altri, invece, il M5S non è altro che il nuovo partito populista che si nutre di scandali e fa della coprolalia (volgarità, ndr.) la propria dialettica, esattamente come la Lega Nord del 1992.
Lei proporrebbe mai un’alleanza a un grillino?
«Ho già detto in altre occasioni che il risultato conseguito dal Movimento 5 Stelle di Grillo non debba essere sottovalutato, per molteplici ragioni. Anzitutto, perché esprime un disagio di fondo di una parte importante del Paese, che mostra di non poterne più delle manifestazioni di arroganza di alcuni partiti e dei loro rappresentanti. Poi perché rappresenta, che piaccia o no, in modo evidentemente diverso e innovativo, un’alternativa al mondo dei partiti tradizionali, che mostrano tutta la loro stanchezza e lentezza di fronte al mondo che cambia rapidamente. Pur riconoscendo, però, grande importanza ai segnali che provengono dal popolo del M5S, ritengo che, oggi, ai partiti spetti un compito davvero fondamentale e strategico. Devono, da subito, dimostrarsi capaci di rinnovarsi e rigenerarsi, anche radicalmente, procedendo a realizzare le riforme di cui il Paese ha bisogno, dalle norme anticorruzione a quella della Giustizia in generale, passando attraverso quella del mondo del lavoro, sino a quella, assolutamente non rinviabile, della legge elettorale. Se poi vi possa essere un dialogo, prima ancora che un’alleanza, tra l’UdC e il M5S, oggi non è dato saperlo.»


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