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Franco Ancona: Parola d´ordine: riequilibrare la città

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

10
MAR
2012

 

Il centro sinistra martinese affida al suo candidato sindaco le speranze di tornare al governo della città e il compito, forse ancora più gravoso, di ridare fiducia a quei giovani che saranno la classe dirigente di domani
 
Un notevole bagaglio di esperienze alle spalle, ma lo sguardo dritto proiettato al futuro. E’ questo Franco Ancona, l’uomo intorno al quale, a Martina Franca, il Partito Democratico e i suoi alleati di centrosinistra hanno trovato l’accordo per lanciare la sfida alle amministrative di maggio. Fuori dall’agone per un’intera legislatura, Ancona torna con la determinazione e la concretezza di sempre e con una certezza: se non ora, quando?
 
Franco Ancona, dopo cinque anni “sabbatici”, rieccoLa in gioco.
 
«E’ stato un onore accettare l’invito rivoltomi da amici e amiche che hanno pensato a me, valutando quello che ero stato nel passato per Martina Franca e per la sua storia politica. Nonostante ne fossi lontano, la guardavo sempre con attenzione perché questa è la mia città. Pertanto l’invito che mi è stato fatto a rinnovare il mio impegno, mi ha trovato da subito favorevolmente disposto».
 
Sul suo nome c’è stata una convergenza immediata di un po’ tutte le forze del centro sinistra e questo ha evitato le primarie alle quali, in ogni caso, Lei si era dichiarato favorevole. Pensa che questa l’assenza la privi di uno slancio importante?
 
«Anche questa convergenza non può che onorarmi. Voglio ricordare però il mio essere favorevole alle primarie e che non mi sarei sottratto al confronto. In fondo, le ritengo uno strumento democratico che offre un contatto diretto con l’elettorato e con il popolo e garantisce uno slancio maggiore verso la competizione elettorale».
 
A proposito di primarie: come vede quelle in casa Pdl?
 
«E’ una loro scelta autonoma di costruire le primarie in questo modo, e va rispettata».
 
Da osservatore esterno, che idea si è fatto degli ultimi cinque anni di amministrazione?
 
«I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Penso che nella storia di Martina Franca un immobilismo così devastante non ci sia mai stato. Io credo che, al di là delle persone o del Sindaco, nelle istituzioni e nell’economia della città, ha continuato ad agire una forza autodistruttiva che ha portato Martina in una condizione veramente inaccettabile».
 
In questo momento storico, la città è matura per un cambiamento?
 
«Penso di sì. Se non ora, quando. In questo momento i cittadini di Martina si aspettano una risposta forte, una discontinuità netta con le precedenti esperienze amministrative per riprendere il cammino in una città che era stata sempre orgogliosa, laboriosa, e un punto di riferimento oltre che per le altre realtà della Valle d’Itria anche per la stessa Taranto. La nostra è una città che ha sempre esercitato un ruolo importante e che ora invece si è trova a essere completamente emarginata».
 
Lei è un profondo conoscitore della macchina amministrativa. Se le verrà data la possibilità di farle un “tagliando”, quale componente della macchina analizzerà per primo?
 
«Tutta la macchina amministrativa, tutta l’amministrazione deve essere impegnata a dare risposte concrete e immediate alle attese che ci sono nella città per far ripartire la nostra economia. Quindi, massima attenzione alle azioni che agevolano le risposte alle istanze dei cittadini. Questo, come azione immediata. Naturalmente va ricostruito un ambiente favorevole agli investimenti; ciò significa mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza».
 
In questi giorni, sicuramente, presenterete alla città il vostro programma. Generalmente si parla subito dei primi “cento giorni” di amministrazione. Prima di arrivare a quei famosi “cento giorni”, potrebbe dirci quali sono le prime tre cose che Le piacerebbe fare nell’eventualità di un sua elezione a Sindaco?
 
«Ce ne sono tante cose da fare e credo che nessuna sia prioritaria rispetto all’altra. Sicuramente, bisogna organizzare un’azione di contrasto ai ritorni pesantissimi che la crisi economica sta avendo sulla nostra città e sui cittadini; svolgere un lavoro che difenda le fasce più deboli dall’attacco pesante che la crisi sta conducendo nei loro confronti. Altra cosa importante è far ripartire il dialogo tra le varie componenti della nostra società, che devono riprendere a frequentare la casa municipale come una casa dove è possibile portare le proprie istanze, confrontarle con quelle degli altri e andare avanti. I progetti d’investimento sono “nella testa” delle persone e l’amministrazione comunale deve fare in modo, agevolmente, che questi progetti si realizzino. Questo, anche se può sembrare un obiettivo di lungo periodo, va fatto partire subito e, pur se gli effetti si vedranno magari non immediatamente, c’è bisogno che l’amministrazione comunale sia un riferimento amico al quale sia gli imprenditori che la società in genere possano guardare con fiducia».
 
Se le dico Centro servizi per il Tessile, Lei cosa mi risponde?
 
«La ripresa di un progetto interrotto che è stato deleterio interrompere. Il Centro Servizio per il Tessile rispondeva e può ancora rispondere all’esigenza di un settore che a Martina è stato sempre molto forte e che invece lentamente si è ripiegato su se stesso. Un settore che non ha fatto quei passi avanti per il quale si realizzò il Patto Territoriale che generò proprio il Centro Servizi. Probabilmente, anzi, quasi certamente se negli anni successivi alla caduta dell’amministrazione di Bruno Semeraro, il progetto che avevano gli imprenditori di gestire una struttura in modo associato per lanciare il proprio sistema moda (un contenitore che avesse potuto dare al sistema delle imprese servizi reali avanzati) e per attrarre a Martina i buyers fosse andato in porto, le scelte di puntare sulla delocalizzazione per l’abbattimento dei costi potevano essere contrastate. Io sono convinto che, mentre molti parlano di turismo e ambiente da valorizzare come volani dell’economia martinese, questa città può sopravvivere solo se ha un suo apparto industriale, se continua a produrre merci che vengono vendute in Italia e possibilmente all’estero. Bisogna ristabilire un dialogo tra amministrazione, forze imprenditoriali e forze sociali per riprendere insieme un cammino produttivo. Quando si chiede, per esempio, se ci sono fondi comunitari, io rispondo che nei fondi FERS che la Regione Puglia deve spendere, la parte più cospicua è dedicata al sostegno alle imprese che vogliono internazionalizzare. Noi dobbiamo cercare di far fare sistema alle imprese, in modo che attingano sempre di più a quei fondi per poter potenziate la propria attività di vendita». 
 
Se invece, le chiedessi del restauro di Palazzo ducale?
 
«Voglio prima di tutto ristabilire l’ordine delle cose com’è giusto che sia: vanno all’amministrazione Semeraro, cioè a una squadra che mi diede fiducia mettendomi a disposizione i fondi per progettare,  e non esclusivamente a me, i meriti per i risultati raggiunti nella progettazione di opere da poter far finanziare (tra queste anche il restauro di Palazzo ducale).  Ricordo che diversi professionisti e tecnici di Martina Franca, furono invitati a progettare quelle opere che, sulla base di alcuni assi di interventi, potevano essere finanziate. Purtroppo, di tutte quelle attività di progettazione e di drenaggio di risorse per il territorio, non appaltammo neanche un euro perché l’amministrazione fu rovesciata. Se riprendiamo i giornali dell’epoca, leggiamo che uno dei motivi che aveva generato, secondo alcuni, la crisi amministrativa era da individuarsi proprio nella “stagione dei lauti appalti”. Su come sia stato realizzato il Centro Servizi, su come è stato realizzato l’intervento a Palazzo ducale, che per la verità comunque è stato restaurato in alcuni dei suoi aspetti più importanti, su come siano stati eseguiti gli interventi di viabilità nella zona industriale, altro cospicuo finanziamento per diecimiliardi delle vecchie lire, su come sia stata eseguita la bonifica dell’ex discarica di Trazzonara, il giudizio spetta ai tecnici, a chi ha potuto valutare quelle opere e ai cittadini stessi. Sicuramente, quelli per il Centro Servizi potevano essere spesi molto meglio. Ecco, il terzo punto dei “cento giorni”, è la ripresa dei lavori al centro servizi».
 
Infatti, non le nascondo che volevo sentirmi dire: quei soldi dovevano essere spesi meglio.
 
«Io vedo sempre gli aspetti positivi. Lo smantellamento dell’amianto che era presente in grande quantità nell’area dell’ex Foro Boario, per esempio. Magari qualcuno avrebbe preferito far rimanere la muraglia dentro la quale stipare, con scarsissimi margini di sicurezza, una quantità enorme di baracche. Però ritengo che, alla fine, una piazza ce l’abbiamo; poi sta a noi farla vivere, tenerla in ordine, legarla all’attività del Centro Servizi che può essere un luogo dove si svolgono molteplici attività non solo legate al tessile, ma anche di tipo mercatale o culturale».
 
Ecco, parliamo di turismo e cultura. Lei ha detto che Martina deve tornare a produrre merci e che non si può vivere di turismo.
 
«In una città delle nostre dimensioni, il turismo è complementare e non un’alternativa. Questo lo dobbiamo tenere di conto anche  quando andremo a progettare la città con il nuovo PUG; dobbiamo tenere presente la valenza di questo territorio e quindi del suoi beni culturali a partire proprio dal centro storico che deve tornare a essere un centro vero, piuttosto che una periferia che si trova al centro della città. Noi abbiamo un grande patrimonio ambientale e culturale e questo è noto. Non tutto è valorizzato come dovrebbe essere, sia quello che si trova nelle mani pubbliche sia quello che si trova nelle mani private, compresi gli enti ecclesiastici. Penso al Convento dei Paolotti come al Convento delle Agostiniane, due contenitori importantissimi che insieme al convento di San Domenico, anche quest’opera restaurata con fondi fatti arrivare dall’Amministrazione Semeraro, possono costituire un volano per un nuovo tipo di turismo culturale. Martina deve puntare all’eccellenza e io sono stanco di vederla confrontata con Cisternino o Locorotondo. Non è questo il modo di ragionare; noi dobbiamo farlo sulla qualità, sull’accoglienza. La nostra è una città che deve distinguersi per le eccellenze e deve andare avanti; deve passare a essere, per esempio, da “Città del Festival” a “Città della musica”. Deve essere il comune che valorizza le produzioni agro-alimentari, perché se queste produzioni esistono, vuol dire che esiste anche la tutela dei nostri beni ambientali perché esiste il lavoro paziente dei nostri allevatori, dei nostri operatori economici impegnati nell’agricoltura. Certamente, questo va fatto riposizionando Martina Franca nel ruolo che ha sempre avuto; non un ruolo superbo ma piuttosto di dialogo continuo con le altri amministrazioni».
 
Con Franco Ancona sindaco e Donato Pentassuglia consigliere regionale, nascerebbe un asse di ferro Martina-Bari. Insieme, due uomini “del fare”.
 
«Me lo auguro, ma l’asse sarà ancora più forte grazie a Francesco Laddomada. Sicuramente, dobbiamo recuperare un ruolo che abbiamo svolto in passato e che possiamo tranquillamente tornare a svolgere in futuro. Certo, oggi non è più il momento in cui si possono dire delle cose che poi non vengono più realizzate. Il momento è quello che sappiamo e non lo dobbiamo dimenticare. Sui comuni si sta “scaricando” una delle strette più pesanti della storia anzi, non credo che ci siano precedenti rispetto ai momenti che stiamo vivendo. Quindi, diciamo che ogni opportunità, ogni forma di collaborazione istituzionale tra i vari livelli, a partire da quello regionale, è essenziale per inserire Martina e il territorio della Valle d’Itria in un progetto Puglia che in qualche modo, proprio per l’assenza di Martina dalla scena, è stato modulato a favore del Salento e dell’area barese. Noi dobbiamo rivendicare con molta forza, uno spostamento di attenzione e di risorse sul nostro territorio e sia Pentassuglia che Laddomada possono essere due veicoli formidabili per il risultato».
 
Lei rappresenta una parte importante della storia politica di Martina. Se avesse a disposizione la macchina del tempo, le piacerebbe fare un viaggio all’indietro e ricordare qualcosa di particolare di una storia già vissuta, oppure si proietterebbe nel futuro?
 
«Noi dobbiamo sempre buttare il pallino in avanti e andarlo a riprendere. Lasciamo stare il passato, perché ci porterebbe a ripercorrere lacerazioni che sono presenti nella società. Noi dobbiamo ricomporle e per fare questo dobbiamo puntare sui giovani, sulle loro attese e portare all’amministrazione comunale tutto ciò che matura nella società, specialmente nel nostro mondo giovanile. Questo è il nostro compito. Io credo che niente deve essere più come prima; se noi non realizziamo una netta discontinuità con il passato, non riusciremo a guardare avanti con gli occhi giusti. E per far questo, abbiamo bisogno delle giovani generazioni, di una nuova casa politica. D’altro canto, mi sembra che nella richiesta di impegno che mi è stata rivolta, è implicita anche la richiesta di aiutare una nuova classe dirigente a guardare come qualcosa di possibile, un impegno diretto nella costruzione dei propri destini. Oggi, questo non succede perché i giovani sono spaventati da un modo non dico arrogante ma sicuramente chiuso, delle persone che hanno retto il potere in questi anni. Anche per questo, oggi stiamo lavorano a costruire una coalizione più larga possibile perché si sente l’invito pressante a impegnarsi, a tutto ciò che è stato impegno, ciò che sono state le idee, ciò che si è manifestato in questi anni nell’associazionismo, se pur compresso da un’amministrazione che rimaneva lontana. Se non ora, quando. Ora. E noi cercheremo di dare una risposta stabile al loro desiderio di decidere direttamente del loro futuro. Con me, lo potranno fare. E’ una differenza notevole». 


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