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Martina Franca/Patatrac Democratico

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

4
GEN
2013

 

Tra silenzi, sgambetti e dimissioni regna sovrano il caos all’interno del PD martinese
 
Che il Partito Democratico a Martina non navigasse in acque tranquille, lo si era già capito al primo turno delle primarie quando le urne decretarono, non tanto a sorpresa, la vittoria di Vendola su Bersani. Dati alla mano, il risultato sarebbe stato devastante se a favore del segretario nazionale non ci fossero stati i voti di matrice “pentassugliana”. Se il primo turno aveva sancito che il PD, almeno in consensi, è Donato Pentassuglia, il secondo l’ha ribadito. La mazzata presa con la vittoria di Vendola aveva già creato più di un problema in quel di via Damiano Chiesa. Era definitivamente venuto alla luce che tra coordinatore cittadino reggente, direttivo variegato, consiglieri comunali di area e resto di militanti non scorreva e non scorre buon sangue, ma soprattutto che, tra le varie parti in causa e anime diverse, non c’è alcun tipo di coordinamento. In una verifica a caldo, “erano volati gli stracci” anche se, alla fine, tutto si era concluso nel più classico dei modi: a tarallucci e vino. Il peggio però doveva ancora arrivare con le primarie per la scelta dei parlamentari. Così tra l’imposizione di alcuni candidati, il regolamento redatto dai maggiorenti del partito (gli stessi che Matteo Renzi voleva rottamare) e le varie deroghe concesse, nel PD martinese è andato in scena uno psicodramma collettivo cha ha portato a rimediare una delle più magre figure degli ultimi tempi. Partiamo dalla calata dall’alto di Anna Finocchiaro,  capogruppo PD al Senato; detta alla Di Pietro, “che ci azzecchi” la Senatrice siciliana con Taranto e la sua provincia non è dato a sapersi ma, pensando agli oltre cinquemila voti raccolti domenica scorsa, dalle parti del ponte girevole e “zone limitrofe” dopo il chiacchiericcio iniziale  si sono allineati agli ordini di partito. Le norme del regolamento invece hanno estromesso in partenza Donato Pentassuglia il quale, da subito, ha rinunciato alla richiesta della deroga che gli avrebbe consentito, qualora fosse stata accetta, di partecipare. Lo stesso Pentassuglia poi, insieme a Fabiano Amati e Ruggiero Mennea, con il più classico dei “coupe de théâtre”, in segno di protesta si è autosospeso dal Partito Democratico senza pensare minimamente di abbandonare baracca e burattini come più di qualcuno aveva paventato e forse sperato. Così mentre in altre città si organizzavano, a Martina ci si “stracciava le vesti” per l’affronto ricevuto e tra pianti da commedia greca e “melina” calcistica si perdeva l’occasione giusta per presentare un candidato in sostituzione di Pentassuglia. Inizialmente qualcuno avanzava il nome di Tonino Scialpi il quale, in un post affidato a Facebook così divulgava il suo pensiero: “Voglio essere tenuto fuori da tutte le vicende politiche (primarie… secondarie... porcellate...), tanto meno pubblicità politica di alcun tipo... er me la politica è finita da tempo”. Sembra scritto da uno stimato professore di filosofia, non da un assessore in carica; ma tant’è. Tramontata l’ipotesi Scialpi, ecco affacciarsi Maria Miali. Ma, mentre ci si affannava a trovare le circa duecento firme necessarie, finalmente il PD martinese apprendeva che da Modica arrivava proprio Anna Finocchiaro che da “appena” venticinque anni (infatti è stata eletta Deputato per la prima volta nel 1987 tra le file del P.C.I.) calca le scene dei palazzi romani. Così, addio anche alla candidatura di Maria Miali che per storia e dedizione quel posto lo meritava; eccome se lo meritava. Ma erano tante le cose che a Martina non sapevano o forse qualcuno faceva finta di non sapere. Un’altra piccola dimenticanza riguardava proprio la deroga sulla quantità di firme da raccogliere, cosa che ha consentito al giovane avvocato Vincenzo Angelini di avanzare la propria candidatura alle primarie con appena nove firme in accompagnamento. “Vincenzo Angelini? Quel Vincenzo Angelini? Quello che tifava per Renzi ma che prima era nel MPA e forse ancora prima era… No, non è possibile; questo è troppo”. Queste più o meno le domande e le considerazioni che sono scaturite dai democratici martinesi. Vincenzo Angelini è diventato il corpo estraneo da espellere, senza che nessuno appurasse come fosse stato possibile che lui conosceva quanto “i maggiorenti” del PD martinese ignoravano alla grande, ovvero che qualcuno sapeva ma aveva taciuto. Eppure alle passate amministrative non furono così “schizzinosi” tanto da candidare per poi eleggere, coscientemente, anche chi fino a poco tempo prima nel piatto del centrosinistra ci aveva “sputato dentro” o, a poche ore dalla chiusura delle liste, ancora “contrattava” per un posto con il centrodestra. Diretta conseguenza di tutto questo pasticcio la lettera di dimissioni del reggente Mimmo Diamante, chiamato a guidare provvisoriamente il partito, subito dopo le dimissioni di Nunzia Convertini fresca di nomina assessorile. “Alla luce di quanto accaduto, la delegittimazione del mio mandato e la mancata condivisione del ruolo che la città di Martina Franca riveste nella provincia Jonica, mi inducono a rimettere il mandato di coordinatore del PD nelle mani del Direttivo del Circolo di Martina Franca”. Chiude così la lettera Diamante al quale fa subito sponda, tra gli altri, anche l’assessore Coletta il quale utilizzando Facebook, così come Tonino Scialpi, scrive: “A queste primarie io NON partecipo! La gente è stufa di essere presa in giro. O ci date la possibilità di sceglierci i nostri rappresentanti o non chiedete la nostra partecipazione ai vostri riti.. NON VA”. Presa di posizione sacrosanta, solo che viene da chiedersi cosa potrà convincere, di qui al 24 febbraio, questi “rivoltosi” a recarsi alle urne visto che i candidati saranno sempre quelli imposti e non quelli scelti da loro. Come stanno le cose e come sarebbero dovute andare le cose, con un lapsus freudiano, lo afferma lo stesso ex(?) reggente che nel corpo centrale della sua lettera, scrive: “Il PD di Martina Franca, forte dei suoi 6315 consensi ottenuti alle ultime consultazioni comunali, forte degli undici consiglieri di maggioranza eletti e dei suoi tre assessori, aveva il dovere morale di individuare una figura che potesse rappresentare degnamente la nostra città nell’ambito del centrosinistra.” Esatto, il PD aveva il Dovere, non il diritto; invece, pavoneggiandosi con i suoi “numeri” ha perso di vista l’obiettivo rimanendo al palo e impedendo, di fatto, a Martina di avere un suo rappresentante. Non c’è nessun altra città tra Taranto e provincia ad avere una rappresentanza “piddina” così nutrita, eppure a Martina sono riusciti a farsi asfaltare per l’ennesima volta. Ci metterà una pezza Michele Pellillo? Perché non crederci. In fondo l’assessore regionale ha fatto arrivare a Martina, prima ancora che a Statte, i fondi per i danni subiti dal passaggio del tornado del novembre scorso. E i residenti di Motolese e del Capitolo hanno ringraziato, premiandolo con centrotre preferenze contro le settantotto di Vico e le settantuno della Finocchiaro. Anche in questa circostanza, in termini di votanti, il seggio di Motolese batte quello cittadino del Polivalente. Così, nonostante il presunto disimpegno, finisce tre a zero per Pentassuglia il confronto con il resto del PD. Da considerare anche che Michele Pelillo partendo per Roma, direzione Senato della Repubblica, lascia sul territorio una cospicua eredità in termini di voti (poco meno di diciassettemila) che potrebbero andare in parte proprio a Pentassuglia, lanciandolo così verso la vicepresidenza della regione, e a Michele Mazzarano, il clone dalemiano massafrese che ha dato prova di forza facendo confluire su Pelillo ben l’ottantapercento dei voti espressi nella Tebaide d’Italia. Domenica c’erano le primarie anche in casa SEL e a Martina con settantacinque voti ha vinto Dario Stefàno supportato da “La Puglia per Vendola”; Donatella Duranti, appoggiata da SEL, si è fermata a sessanta. Alla fine dello scrutinio c’è stato un po’ di baruffa perché secondo i rappresentati de “La Puglia per Vendola” alcuni voti in favore della Duranti, circa una decina, erano “opera” della stessa mano. L’iniziale richiesta di “messa a verbale” è stata successivamente ritirata. Chissà forse a qualcuno sarà tornato in mente il famoso slogan democristiano della campagna elettorale del 1948: nel segreto della cabina Dio ti vede, Stalin no. Ecco, magari allora Stalin non guardava, ma a distanza di anni è possibile che i suoi nipotini una mano agli amici l’hanno data. Con una penna blu.
 



Commenti:

Angelo lucarella 4/GEN/2013

Bellissimo articolo. Ottime riflessioni sull'accaduto. ps. soprattutto sulla contrattazione.

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