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Verso le politiche/Cinque domande per venti donne pugliesi

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

1
FEB
2013

 

Che vento tira nella città dell’acciaio? La parola alle donne del centro-sinistra, a quelle che non votano e a quelle che vorrebbero ma non sanno a chi dare la propria preferenza. E voi, come avreste risposto?
 
Chiunque vinca le elezioni, qualunque faccia diventi parlamentare in rappresentanza dei pugliesi, di alcune cose dovrà tener conto. Per esempio dell’esito non scontato di una breve batteria di interrogativi sottoposta ad una ventina di donne di Taranto e dell’hinterland (e qualcuna anche di fuori provincia). Più che domande, abbiamo proposto cinque tracce, cinque sollecitazioni per trovare la bussola della situazione politica vista l’imminente tornata di politiche e forse anche delle regionali. È più interessante raccontare le idee, gli sfoghi e le proposte di un manipolo di donne consapevoli e forti. Tutto esclusivamente tramite Facebook: “E ora dove andiamo? (come il titolo di un film  libanese di Nadine Labaki del 2012); cosa rappresenta Taranto per voi?; tra cinque anni (giusto lo spazio ristretto di una legislatura) la nostra comunità locale (Taranto, Puglia...) verosimilmente starà meglio o peggio?; se votasse un bimbo cosa chiederebbe ai politici?; quale proposta politica attuale può aiutare maggiormente la pace (intesa in tutti i sensi e in tutte le galassie)?; cosa dovrebbero fare ora i cittadini per la propria terra? 
Voi come avreste risposto? Sono domande semplici e forse ingenue: in realtà sono state al centro dell’ultima campagna elettorale israeliana di qualche giorno fa. “Cosa rappresenta Israele per lei” era la domanda tipica nel talk show più seguito della tv  pubblica condotto fino a non molto tempo fa da Tommy Lapid, il giornalista e attore più bello e popolare di quello stato mediorientale, arrivato secondo a sorpresa con la sua lista centrista nuova di conio. Anche altri due quesiti sono stati liberamente ispirati da articoli dedicati dalla stampa italiana alle intricate vicende politiche di Terra santa.
A volte, le domande dirette nascondono le peggiori insidie. Così è avvenuto in questo caso: abbiamo proposto nell’arco di cinque giorni – un numero ricorrente in questo articolo – a queste venti rappresentanti (alcune attualmente assessore a qualcosa, altre con importanti trascorsi politici, altre ancora nel mondo della cultura, del sindacato, almeno un paio neomamme, altre libere professioniste, molte di loro battitrici libere all’interno dei loro partiti o fuggiti dai loro schieramenti di appartenenza tradizionale, insomma un po’ di tutto in mezzo) di almeno cinque tendenze politiche - da chi sostiene il Pd o Sel a chi si professa rivoluzionaria con Ingroia, da chi vota Movimento Cinque Stelle a chi non voterà o scriverà sulla scheda "il mio voto vale". A tutte loro è spettato questo gioco ‘astruso’ giovedì 24 gennaio: abbozzare qualche risposta, condividerla con le altre, esporsi, discutere. In altre parole, la proposta è stata: cosa scriveresti se avessi uno spazio tutto tuo su questo settimanale? Ne è venuto fuori una buona diversità di opinioni. Non tutte hanno risposto per mancanza di tempo o per scelta. Una invitata ha abbandonato la conversazione. Questi sono alcuni stralci delle risposte e ve li porgiamo in maniera anarchica, senza seguire sempre la sequenza delle domande e l’ordine degli interventi, ma il flusso dei pensieri generati dalle risposte (e mille scuse alle protagoniste il cui pensiero complesso è stato qui falcidiato per brevità): come scrive Anna Ballo di Grottaglie, “chiunque sia oggi alla ricerca di fatti… non può che sentirsi smarrito, confuso. E lavorare a prescindere nell’ottica del progresso, della legalità, del riconoscimento di diritti e libertà diventa sempre più difficoltoso”.
Gabriela De Pace di Statte alla domanda “Dove andiamo?” risponde: “Gli italiani pare abbiano dimenticato chi erano e che cosa rappresentavano… Credo sia necessario riprendere i fili, tornare indietro e ricercare quella ricchezza umana e culturale. Solo dalla ripresa culturale può ripartire il resto… ma in futuro non credo staremo meglio, perché non ci sono iniziative economiche e culturali propositive. Vivacchiamo, non viviamo a Taranto”. E il capoluogo a due passi dal suo paese lo vive come “una profonda sconfitta”, con una società bloccata tra Ilva sì, Ilva no. La verità, secondo l’italo-argentina, è che “le migliori teste non sono qui”.
Di “diffusa inadeguatezza delle classi dirigenti” parla Anna Rita Lemma di Taranto, “ma le classi dirigenti sono il nostro specchio e nessuno può sentirsi escluso dal principio di responsabilità di averle scelte e garantite… Il nostro territorio è lagnoso, polemico e dimesso, oggi. Così lo volevano, così lo abbiamo ridotto. Ma le energie sono tante, spesso inespresse; la rabbia di ogni singolo può diventare l’azione di tutti. Un’azione costruttiva si può”.
“Partiamo da zero” butta giù dura Rosa D’Amato di Taranto, perché “oltretutto non abbiamo scelta. Tra cinque anni vorrei donare a mia figlia una città forse più povera di denari, ma ricca di solidarietà fra i suoi cittadini. Se votasse un bimbo chiederebbe di vedere i genitori felici, sani e con più tempo per lui. Un cambiamento ci sarà se ci riappropriamo della politica, a partire dagli acquisti, dal come ci si muove e informa e dalla partecipazione attiva ad ogni decisione”. 
Loredana Saponaro di Grottaglie: “La mia attuale sensazione è quella di vivere come un’esiliata in patria… tra sfiducia, malessere e anche un po’ di rassegnazione. La rabbia aumenta considerando, di contro, la bellezza del nostro territorio, il potenziale inespresso contenuto nei nostri paesaggi e nella nostra cultura, la volontà e l’impegno di voler far bene di tanti. Allora la via di uscita qual è? Espatriare… o continuare a rimanere qui e lottare, tentando di cambiare il possibile”.
Filomena Principale di Taranto racconta di sé alle altre che “è abituata a vedere sempre un filo di speranza nelle cose che fa”. Della sua città racconta con convinzione che “tra cinque anni il coraggio, la forza, la partecipazione avranno sconfitto l’indifferenza, l’apatia e il menefreghismo… Il futuro è già qui… Indietro non si torna! Questo potrebbe diventare il motto per la coscienza risvegliata di un intero territorio. Un mare di cittadinanza attiva” propone per giungere ad un nuovo senso  di collettività. Questo futuro “dobbiamo saperlo cogliere, accudirlo”.
E nonostante la “generale difficoltà a progettare a lunga scadenza, ripartire con gli occhi e i bisogni di un bambino sarebbe la cosa più intelligente” da fare per Annarita. O, addirittura, non solo pensare ai bambini “ma pensare come loro” avanza la giovane tarantina e neo-madre Tiziana Magrì, che prosegue: “Io non mi sento rappresentata da nessun politico sia locale che nazionale, anche perché sono gli stessi imperatori: ingordi maschilisti e arrampicatrici pseudo parità di genere”. Non le manda a dire Tiziana, bensì  manderebbe volentieri i politici a lavorare, e vorrebbe “più donne e giovani in Politica”.
Immagina “una città a misura di uomo, che agevoli l’impresa green in un’ottica di riciclo e la creazione di nuove attività produttive rispettose delle risorse e della cultura storica della mia terra” Simona Internò, 35nne tarantina, che si presenta dicendo di essere “immersa nell’associazionismo da quando ne avevo undici”. Taranto è una città dove spesso si può commettere l’errore “di trasformare la sofferenza e la frustrazione legata alla sensazione di impotenza in una rabbia spropositata… non riesci più a sorridere, né a comunicare affetto… non puoi permettere che i pensieri negativi ci levino la cosa più semplice: il sorriso, le amicizie, gli affetti”, chiosa Simona.
Nel più classico dei modi il finale dedicato al ‘cosa fare’? “Smetterla di gridare, guardare fuori dai nostri piccoli confini e trasferire le buone pratiche” che altrove funzionano. Ricucire i rapporti con il territorio”, chiosa Gabriela.
“Intanto la giornata continua… buon lunedì a tutte (scusa Aldo, il femminile prevale)”, saluta una di loro. 
 


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