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Sondaggi e social media manager: tra i politici chi fa per tre e che fa da sè (indovinate chi)

Pubblicato da: Categoria: POLITICA

25
AGO
2020

Esaminando i sondaggi politici ed elettorali relativi a partiti e movimenti politici, così come gli indici di gradimento dei rispettivi leader e personaggi di spicco, prodotti da agenzie come Demos, Euromedia, Index, Ipsos, Ixè, Piepoli, Swg, s’incontra una certa difficoltà a ottenere dati chiari e veritieri delle reali tendenze e volontà degli elettori italiani. È, infatti, frequente riscontrare dati sull’ascesa o il calo di parti politiche, discordanti, anche notevolmente, condizione che pone l’interrogativo sul come i sondaggi siano condotti.

Evidentemente, se il metodo statistico non è univoco, possono esserci discordanze ma non così evidenti, tant’è sorge il dubbio che i campioni non siano casuali o che gli intervistati non siano sinceri. Probabilmente è solo un dubbio ma scostamenti così elevati lasciano intuire la necessità di una norma univoca che favorisca la qualità delle certificazioni in base alle capacità delle agenzie, proprio perché all’elettore servono dati quanto più attendibili e non influenzamenti già anche troppo diffusi attraverso i media di parte.

Superando questa anomalia, si evince un dato, almeno questo, comune: le azioni eclatanti dei politici non sortiscono sempre gli effetti attesi o prevedibili. Le esternazioni di Matteo Salvini, ad esempio, possono generare entusiasmo nei suoi sostenitori ma non è garantito che il consenso salga con il crescere della platealità delle azioni, mentre quanto più sembrino paradossali le dichiarazioni o sui generis le apparizioni pubbliche di Giorgia Meloni, quanto più cresce il gradimento nei suoi confronti.

La ragioni di queste differenze derivano dall’uso che i due politici sanno fare della comunicazione: la parola “magica” che oggi riesce a influire su quasi tutti i fenomeni della vita sociale. Mentre Salvini non proviene da nessuna scuola politica, Giorgia Meloni è cresciuta con il sistema propagandistico del MSI, indirettamente, quindi, quello del Regime, del quale sfrutta tutti gli strumenti. Ha imparato a esaltare i suoi peggiori difetti piegandoli a suo vantaggio. Perfino le sue peggiori esternazioni pubbliche come “Sono una donna, sono una cristiana, sono una madre e non me lo toglierete” durante una manifestazione del centro-destra, o le sue dichiarazioni in Parlamento più simili a latrati rabbiosi che a interventi istituzionali, i suoi shooting fotografici oggettivamente di pessimo gusto, le hanno sempre giovato incremento di consensi. Perché Giorgia Meloni riesce a trasformarsi in un attimo da promotrice di genocidi in mare a “brutto anatroccolo” umiliata e offesa come donna, madre e cristiana, riscuotendo anche la solidarietà delle donne di sinistra che guardano alla Meloni vittima e non alla carnefice.

La Meloni, in questo, è decisamente brava e ha saputo adeguarsi ai tempi e modi della comunicazione. Mentre Salvini si affida al suo spin doctor, Luca Morisi, che tanto ricorda Waylon J. Smithers, Jr., il fido servitore del suo capo, Montgomery Burns, nella sitcom animata statunitense I Simpson, Giorgia Meloni ha scelto un social media manager molto più scaltro come Tommaso Longobardi. Per quanto questi sia convinto sostenitore della sua assistita, la sua immagine non ne dipende in toto perché era già famoso per i suoi “meme” sovranisti e di estrema destra. Le figure di Salvini e Morisi, per quanto sono vicine, a volte si confondono anche a causa delle melense dichiarazioni social di Morisi (Smithers appunto) e della discutibile regia che svolge sul suo maggior cliente, Salvini, che finisce per essere grottesco e perfino patetico se non per i suoi elettori più accaniti, quelli dalle facce verdi e gli elmi cornuti, per intenderci.

È necessario, però, comprendere da parte di chi provengano i consensi in ascesa a favore della Meloni. Annoveriamo subito quella piccola percentuale di politici ed elettori indecisi e/o opportunisti e/o di scarsa personalità e facilmente suggestionabili e/o gli scontenti cronici, per analizzare la porzione più consistente dei nuovi sostenitori. Proprio dalla cernita dei dati forniti dai sondaggi, si comprende che questi non sono sottratti a nessuno, bensì sono sempre stati elettori di destra molto più discreti che, fino pochi anni fa, rivelavano le loro intenzioni solo nella cabina elettorale, sapendo che nel passato essere di destra in una Repubblica Democratica non era esattamente un vanto. Ora si sentono legittimati a dichiararlo pubblicamente. Questo Giorgia Meloni l’ha compreso e, con il suo staff di comunicazione, ha imparato a snidarli per contarli.

E il centro-sinistra e la sinistra? Di comunicazione efficace continuano ad adoperarne poca, inefficace e, spesso, controproducente. Il massimo che si riesce a ottenere con la comunicazione “fai da te” è svelare l’immensa frammentazione all’interno dell’area di sinistra rivelando contrasti fra correnti mentre, con l’intento di galvanizzare gli elettori, continuano a vantare l’assenza d’ideologie. Circa programmi politici univoci, concreti e realizzabili nulla, solo ammiccamenti più o meno evidenti verso gli elettori pentastellati che, intanto, vivono ancora nell’illusione di divenire tanti Di Maio. Il risultato finale determina un altalenante galleggiamento della sinistra, sostenuta solo da coloro i quali, misericordiosi, erano, sono e saranno di sinistra, solo in funzione delle ideologie, così come da chi a sinistra guarda al futuro e lavora per il Paese, indipendentemente dall’essere in maggioranza o opposizione.



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